Un nome da formaggio transalpino, un fiuto da naso (a patata) profumiere e una classe inarrivata, determinata e infinita: Joël Robuchon è morto a 73 anni a Ginevra, in Svizzera, sconfitto da un tumore al pancreas operato già lo scorso anno. Lo ha confermato una sua portavoce a Le Figaro. Joël Robuchon chef più stellato di sempre (25 totalizzate, 32 secondo altri) secondo le statistiche, uno dei padri esplosivamente discreti della cucina francese. Solo apparentemente meno esposto dell'ugualmente scomparso collega Paul Bocuse, in realtà ugualmente impattante nell’altissima gastronomia d'oltralpe. Sottilmente influente nel determinare la figura dello chef imprenditore (Joël Robuchon maestro anche di Gordon Ramsay, tanto per fare un trait d’union), formatore e ispiratore di generazioni di cuochi che oggi ne piangono la scomparsa.

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Étoile vera e assoluta della cucina francese, Joël Robuchon è stato un maestro riconosciuto di molte epoche. Nato a Poitiers il 7 aprile 1945, inizia a interessarsi al cibo mentre studia in seminario, aiutando le monache a preparare i pasti. Il cibo è la sua strada e ha come mentori Jean Delaveyne e Alain Chapel, che liberano la cucina francese dalla pressione classicista di Escoffier. La passione per la cucina divampa e nel 1974, a 29 anni, il mancato sacerdote (ma sempre fervente cattolico) Joël Robuchon arriva a capo del Concorde Lafayette e di una brigata di 90 persone. Capitolo Joel Robuchon stelle Michelin: arrivano nel 1978 e nel 1982, all’Hotel Nikko, mentre la terza è del 1984, al ristorante Jamin di sua proprietà. Altro riconoscimento nel 1990, la guida gastronomica Gault e Millau lo elegge chef del secolo anche se il 900 è ancora in pieno corso. Ma Joel Robuchon non pensa solo alla carriera, tanto che decide di interromperla a 51 anni, nel 1996, lasciando il lavoro attivo nelle cucine sfiancato dall’idea di aver ormai dato tutto. Il suo ristorante lo cede ad Alain Ducasse (non proprio uno a caso). L’uomo che aveva determinato il successo della nouvelle cuisine accetta le nouvelles sfide e si concentra sull’imprenditoria, regalando le sue formule di successo alla serie di ristoranti Atelier Joël Robuchon nel mondo (imprinting francese + ispirazione giapponese). Modifica l’estetica dei cuochi: addio giacche bianche immacolate, sì divisa nera con il vezzo delle scarpe da ginnastica rosse. E anche i suoi dipendenti e i suoi chef adotteranno il grembiule nero. Un richiamo lontanissimo a quella tonaca che non ha mai indossato.

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Per Joël Robuchon l’eccellenza partiva dalla semplicità e dalle materie prime: un ritornello che oggi appare quasi scontato, ma che fu quasi pioneristico ai suoi inizi. E che nei piatti Joël Robuchon rifletteva di cuore: il purè di patate era il suo simbolo perfetto, la semplicità di un piatto povero elevato esponenzialmente grazie a ingredienti che superavano le aspettative cosmiche di chi lo assaggiava. Patate rattes dalla polpa vellutatissima e saporita, tanto burro (ma tanto: 200 grammi) del migliore che il mercato francese potesse offrire, latte d’eccellenza vaccina. Tutto qui. E il purée de pomme de terre ratte Robuchon è diventato una leggenda. Chi lo ha assaggiato ha giurato di non aver mai più potuto pensare ad un purè di patate diverso, tanta era la sua unicità, la sua cremosità a pomata, il profumo irresistibile che sprigionava.

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Negli ultimi anni Joël Robuchon aveva iniziato a lavorare con i nutrizionisti per una cucina stellata e sana, bilanciata, buona per il piacere del palato e per il nutrimento del corpo. Lui che nel 2017 aveva raccontato a Munchies di aver perso 25 kg con un regime alimentare calibrato dopo una vita di assaggi e ricerche, stava provando discretamente a inventare il nuovo passo dell’haute cuisine: la remise-en-forme stellata. E aveva in programma anche di aprire una nuova scuola alberghiera d’eccellenza. Stella polare verso cui Joël Robuchon si è orientato per tutta la vita.

Chef Joel Robuchon opens "The Mansion" and "L'Atelier", two new restaurants at the MGM Grand in Las Vegas, United States on October 27th, 2005.pinterest
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