L’anello del GRA è una piccola frontiera, l’ultimo cerchio (infernale?) che delimita la gastronomia romana da quella della provincia. Qui, lì, poche sfumature e declinazioni di piatti tipici cucina romana che attraversano le cornici concentriche del raccordo. L’unica che resta inscritta all’interno delle pieghe della città eterna è la grattachecca di Roma. Nello specifico, più aderente alle sponde del biondo (scuro) Tevere dove ci si affolla per respirare un po’ di fresco in queste estati sempre più afose. Grattachecca romana = tappa imprescindibile per farsi incollare le dita sotto i platani del Lungotevere, per sentire l’effetto cervello ghiacciato mentre si cercano cose da fare a Roma nei momenti di maggior deflusso turistico (spoiler: tante). La grattachecca a Roma è lo street food dolce più vintage che ci sia, il premio tenerezza sul filo dei ricordi: genitori, nonni, zii, tutti hanno vissuto il romanticismo della migliore grattachecca di Roma sul Lungotevere d’estate con le rare macchine parcheggiate sotto gli alberi, la Vespa senza casco, le passeggiate che potevano suggellare l’ufficialità di un amore per sempre. Con la grattachecca in mano, offerta e sofferta, deliziosa e rinfrescante mentre il cuore pulsava gigante.

Grattachecca romana, le origini. Due scuole di pensiero, due leggende sulle origini della grattachecca. La prima, la più accertata e storicamente verificata, è dal blocco di ghiaccio chiamato comunemente “checca”, che arrivava direttamente dalle montagne (specialmente quelle abruzzesi) e veniva (viene tuttora) grattato con un apposito strumento che raschia il blocco cristallizzandolo in pezzi irregolari e deliziosamente scrocchiarelli. Niente di più semplice e automatico per la creazione di un neologismo ormai comune nel vocabolario capitolino. La seconda leggenda è folkloristica, passionale, tutta trasteverina ed è stata tramandata di passaparola in passaparola: sembra che un ciabattino multiservizi ante litteram di nome Vincenzo incitasse la moglie Francesca, detta Checca, a preparare altro ghiaccio ad ogni cliente che arrivava davanti al suo chioschetto. Dall’esortazione “Gratta, Checca” sarebbe nato il nome. Poesia a cui è bello credere, nel nome di una Roma che sembra ancora quella del torpore estivo inquadrato da Dino Risi.

Grattachecca e granita = differenze (non inconciliabili). Dualismo spinto: grattachecca e granita sono diverse ma non opposte, impiegano gli stessi ingredienti ma le preparazioni sono nettamente diverse. Nella grattachecca ricetta originale, il ghiaccio è grattato in purezza e solo dopo vengono aggiunti i succhi, gli sciroppi e la frutta fresca a seconda del piacimento. Grattachecca gusti memorabili: lemoncocco, tamarindo, menta, tutte quelle con la frutta con in primis la fragola e l’anguria. Poi il resto, creatività del grattacheccaro annessa. Invece nella granita siciliana doc si parte dall’acqua + zucchero + altri ingredienti tutto insieme, poi si congela e infine, solo dopo, si lavora per ottenere il composto semimorbido e cristallizzato col quale fare colazione in una mattina assolata. La grattachecca, al contrario, dà il meglio di sé a partire dal dopopranzo fino a serata inoltrata. Come spartirsi le ore del giorno pre-aperitivo (all'aperto) e della sera senza litigare e tenere alto il livello di frescura corporea.

Dove mangiare la grattachecca a Roma Trastevere: Sora Mirella, Lungotevere degli Anguillara. Un nome su tutti: la grattachecca Sora Mirella che affaccia sull’Isola Tiberina, nel cuore della Roma più bella e anche turistica. Narra la storia che persino Barack e Michelle Obama siano arrivati fin qui per una grattachecca durante la visita di Stato in Italia (ma nessuno nomina mai il gusto scelto dagli ex POTUS e FLOTUS). Gusto imprescindibile: tutte le grattachecche alla frutta fresca, menzione speciale per la pesca e per i frutti di bosco.

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Dove mangiare la grattachecca a Roma Lungotevere: La Fonte D’Oro, Lungotevere Raffaello Sanzio. È uno dei chioschi più antichi della capitale, nato addirittura più di un secolo fa. Qui si possono assaggiare anche le grattachecche alcoliche (a prezzo leggermente maggiorato), che somigliano un po' a dei cocktail robusti di ghiaccio. Gusto imprescindibile: grattachecca con pezzi di fragola, pesca e limone, oppure la liquiriziella (che per risollevarsi dal caldo è l’ideale).

Dove mangiare la grattachecca a Roma Testaccio. Chiosco Testaccio, via Giovanni Branca. Se Testaccio è uno dei quartieri più caldi di Roma complice la sua posizione e la sua struttura squadrata, è anche vero che qui c’è uno dei chioschi più storici e genuini di grattachecche. Semplicemente Chiosco Testaccio, custode del miglior lemoncocco della città (sì, ci sbilanciamo). Gusto imprescindibile: che domande, il lemoncocco. Ma anche l’amarena, nobilitata nella sua essenza vintage dopo anni e anni di sciroppi industriali.

Dove mangiare la grattachecca a Roma San Giovanni. Er Chioschetto, Via Magna Grecia. Chioschetto verde con scritte gialle, da 50 anni presente, è il vero grattacheccaro di quartiere dove persino l’ex capitano della Roma Francesco Totti (che abitava nelle vicinanze, a Porta Metronia) è passato spesso. Da Felice, questo il nome dell’attuale proprietario, si scivola fuori dal turismo spiccio per ascoltare le voci dei vecchietti di quartiere che ancora oggi vengono a rinfrescarsi. Gusto imprescindibile: amarena, tamarindo, limone, pezzi di cocco e amarene. Bomba.

Dove mangiare la grattachecca a Roma Prati. Coro da curva dello stadio per chi naviga sul quadrante nord della città: c’è solo la Sora Maria, solo la grattacchecca Sora Maria. Su via Trionfale angolo via Telesio, nel chioschetto solitario, c’è sempre una fila strabordante per mangiarla. Gusto imprescindibile: menta e orzata, super rinfrescante, o al tamarindo (curativo, dicevano).