È in arrivo la birra alla cannabis e sì, è già iniziata la polemica prima che nessuno abbia ancora potuto posare le labbra su una freschissima pinta di assaggio. Quella della cannabis è una storia infinita a fasi alterne, ma che va inesorabilmente avanti seguendo la sua trama. Mentre in Italia si rimette in discussione la legittimità o meno di vendere ancora, nei tanti negozietti spuntati in giro, le infiorescenze di canapa light con un contenuto di THC inferiore all’0,6% (quindi legale) mentre tornano nei cassetti del Parlamento le proposte di legge per la legalizzazione anche di quella che supera i valori, il mondo si avvia sempre di più verso la ricerca dell’elisir magico per ogni male proprio all’interno di quella famiglia di piante di cui l’Italia è stata la maggiore produttrice fino agli anni 40 per uso tessile e medicinale, e la cui dismissione per legge ha procurato non poche crisi economiche locali. La cosmetica ci si è già tuffata dentro. Ora immaginiamo un futuro in cui scegliamo la birra sulla carta, al pub, al ristorante, non per il colore o il sapore ma per l’effetto che vogliamo ottenere sul nostro umore. Niente a che fare con le sedicenti birre alla marijuana già esistenti (dove ce n'è un pizzico al posto del luppolo), o con la birra con 0,2 di THC alla quale pare stia lavorando una birreria italiana, senza intenzione di sballo. Parliamo di una birra che cambi lo stato d'animo. L’idea è interessante?

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Questa è in effetti l’intenzione di Keith Villa, il birraio che forse vuole passare alla storia come l’inventore della pillola della felicità – più ricercata della pietra filosofale – ma che già è famoso per aver creato l’osannata Blue Moon Beer, premiata sei volte come birra migliore del mondo. Villa, che ha fondato il birrificio “non-tradizionale” Ceria Beverages, vuole puntare tutto sulla produzione di birra di cannabis che avrà una caratteristica un po’ destabilizzante. Sarà infatti birra analcolica, ma in grado di provocare un leggero stato di alterazione. Secondo lui, questo è il futuro – più sano? – della birra, ed è convinto che Ceria consentirà a quella artigianale di fare un passo evolutivo vero e proprio in quella direzione. Il processo di produzione della birra di cannabis, però, prevede che la marijuana venga trattata come si fa con l’orzo o i cereali della birra normale, poi privata dell'alcool (le birre alla cannabis in commercio ora sono birre normali a cui invece viene aggiunta la cannabis). Non semplicissimo, perché la cannabis non contiene carboidrati. I primi esperimenti, infatti, hanno prodotto un fermentato dal costo elevatissimo, circa 60 dollari a lattina, e dal sapore di uova andate a male. Decisamente non quello che ci si aspetta. Ma pare che a forza di tentativi i laboratori di Ceria siano arrivati a un risultato molto soddisfacente. Quando la potremo assaggiare? Keith Villa ha promesso che non ci sarà da aspettare molto e che per la metà del 2019 dovrebbe essere disponibile quasi ovunque. Curiosità, portaci via.

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