È il 1919 quando il conte Camillo Negroni entra nel suo bar di fiducia, il Caffè Casoni di Firenze, e chiede al barista di aggiungere al suo solito Americano qualcosa di più forte, il gin, che aveva assaggiato durante il suo ultimo viaggio a Londra. Così nasce il cocktail Negroni, che nel 2019 compirà 100 anni. In occasione del compleanno tantissimi eventi, tra cui quello che Martini ha organizzato nella sua città nativa, Firenze, presso la Menagerie. All’incontro Giorgio Bargiani, senior mixoligist presso il Connaught Bar di Londra, ci ha raccontato cosa significa essere bartender oggi, nell’epoca post-apocalittica dell'apericena. Una vera abbuffata di grassi saturi e zuccheri, in cui il vero protagonista, il cocktail, è rilegato in un ruolo secondario, quando non è addirittura ridotto a un prodotto annacquato e scadente. Giorgio al The Connaught Bar, accompagna i suoi prelibati drink esclusivamente con olive e pane guttiau. Voi direte: solo? Basta e avanza.

L’aperitivo, per definizione e storia, intende un pre dinner, ossia una bevanda alcolica, generalmente a base di vini invecchiati, vermut, amari vegetali oppure un soft drink, che si beve prima dei pasti per stimolare l'appetito o addirittura per favorire la digestione. Ma i format dell’aperitivo ormai sono diversi in Italia: dalla light dinner, al buffet assortito, al finger food fino ad un vero e proprio all you can eat, che può facilmente sostituire la cena, il dopocena e anche la colazione del giorno dopo.

Cocktail aperitivopinterest
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Evento Martini

Ecco perché chi sta attento alla linea ha messo una grande X sugli aperitivi, soprattutto sotto le feste di Natale, dove le occasioni per mangiare qualcosa insieme sono infinite. Allora vale la pena riscoprire la tradizione dell’aperitivo come una volta, gustandosi “solo” un cocktail, senza esagerare con il contorno. Il Negroni calorie circa 180 che, contro le centinaia che butteremmo giù durante un aperitivo a buffet, ci possiamo decisamente concedere.

Anche perché i locali che danno tutta l’attenzione che merita alla mixology, non mancano. Negli ultimi dieci anni abbiamo vissuto nuove tendenze e nuovi modi di fare e bere i cocktail: c’è una forte ricerca di prodotti originali e di ingredienti provenienti dal mondo vegetale, ci sono nuove tecniche culinarie basate su conoscenze fisico-chimiche e il bartender ormai è una figura geniale e appassionata. Eppure è come se l’ondata che ha visto lo spopolare della moda hipster e l’apertura di celebri cocktail bar e speakeasy si sia ora un po’ placata, cedendo il passo all’enologia. Sarà anche perché la mixology è tutt’ora erroneamente associata ad un tipo di lavoro precario, e non troppo fruttuoso, del barman nei locali notturni. Va anche detto che, in sfavore della mixology, dedichiamo meno situazioni alla scelta dei drink e dei superalcolici; durante i pasti, per esempio, noi italiani difficilmente ordineremmo uno spritz o un gin tonic, eppure è una piacevole scoperta accompagnare le portate con un Martini Negroni. Semplicemente, si tratta di saper abbinare sapori, odori e aromi. Orson Welles nel 1947 scriveva in proposito: “The bitters are excellent for your liver, the gin is bad for you. They balance each other”.