Il pecorino dei centenari di Ogliastra, in Sardegna. I crostacei di quelli di Okinawa, in Giappone. Gli avocado-toast con uova strapazzate dei californiani di Loma Linda. Lo yogurt denso e cremoso degli isolani di Ikaria, in Grecia. Sulla tavola delle popolazioni più longeve del pianeta, un trionfo di verdure, pesce, cereali integrali, piatti ricchi di colesterolo non sono certo banditi. Il dubbio era nell’aria da tempo: come mai gli abitanti delle cosiddette “zone blu” - le aree del mondo con il più alto tasso di centenari - vivono a lungo pur mangiando anche formaggi, frittate, persino un po’ di burro? Per non parlare di quel famoso 88enne ghiotto di uova (pare ne mangiasse 25 al giorno) citato dalle riviste mediche sin dagli anni Novanta per gli esami del sangue perfetti.

La risposta è arrivata dalle ricerche più recenti: il vero responsabile di infarti e ictus non sarebbe il colesterolo. Sono invece i grassi saturi di una dieta troppo ricca di alimenti di origine animale. E l’infiammazione dei vasi che portano il sangue a cuore e cervello. Ecco perché per molti medici le uova non sono più un tabù. E il colesterolo, da sempre osservato speciale di internisti e cardiologi, oggi viene guardato con altri occhi. Un cambio epocale, con un nuovo responsabile sul banco degli imputati: l’infiammazione. Causata anche da un eccesso di alimenti come carne, insaccati, latticini, margarine e cibi trasformati dall’industria, ma soprattutto zuccheri. Ovvero dolci, pane e pasta fatti con farine bianche, bibite in lattina e la classica bustina aggiunta nel caffè.

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«Non sono le uova a far innalzare il colesterolo. Piuttosto una prima colazione scarsa, l’eccesso di carboidrati, la mancanza di movimento», assicura l’immunologo e allergologo Attilio Speciani. «Accusate a torto di ogni nefandezza, sono da rivalutare: non solo non interferisco- no con l’aumento del colesterolo (ne genera molto di più un pacchetto di cracker) ma apportano proteine nobili. E grazie al tuorlo, una buona quantità di vitamina D3». Come conferma Vanni Zacchi, endocrinologo e psiconeuroimmunologo milanese. «Inutile affamarsi con diete drastiche: solo il 10% del colesterolo circolante deriva da quello che mangiamo. Tutto il resto è prodotto dal fegato».

Spegnere il fuoco «Il colesterolo alto è solo il sintomo di qualcosa che sta succedendo nell’organismo, non la causa», continua lo specialista. «L’altro errore è quello di utilizzare subito le statine, i farmaci per abbassarne i livelli. Prima bisogna capire il perché di quell’innalzamento. Dopo si può passare alle contromisure». Essenziale per il buon funzionamento delle cellule del sistema nervoso per la produzione di ormoni, il colesterolo gode di pessima fama perché è da sempre legato al rischio cardiovascolare. «Per anni è stata fatta un’associazione causa/effetto», concorda il dottor Zacchi. «In realtà i colpevoli sono altri: gli stress continuati, sia emotivi sia ambientali, le malattie croniche da virus o batteri, la sedentarietà, ma anche un’alimentazione troppo ricca o al contrario carente: tutte minacce dalle quali il corpo si difende attivando “l’asse dello stress”, e producendo cortisolo in gran quantità. Ma anche questo ormone induce infiammazione. E il fegato, per spegnere l’incendio, produce più colesterolo. Un “pompiere” che depositandosi sulle arterie infiammate alimenta il fuoco. Questo loop va interrotto. Se il colesterolo è altissimo è ovvio che bisogna ricorrere alle statine. Ma se la situazione di squilibrio viene intercettata prima, c’è tutto il tempo per invertire la rotta ed evitare i farmaci. La mia ricetta è una medicina che guardi all’insieme della persona, non al singolo sintomo. E la aiuti a cambiare abitudini: con una dieta meno abbondante e più ricca di cibi antinfiammatori come verdure, pesce, cereali integrali, legumi, ma anche uova, e un ricciolo di burro crudo al mattino. Con il movimento. E con tecniche respiratorie capaci di abbassare i livelli di stress. Compiti a casa che spesso propongo ai miei pazienti».

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Ceviche di cernia della chef stellata Viviana Varese - Ristorante Alice, Milano.

Respiro e training contro il grasso bianco. Gli esercizi non mancano, anche per i principianti: «Digitando “breath” sui motori di ricerca se ne trovano molti. Io propongo la “4-7-8”, respirazione controllata messa a punto da un medico americano: ci si mette comodi, e si comincia con un gran respiro di pancia. Quindi si inspira a bocca chiusa contando mentalmente fino a 4; si trattiene il respiro per 7 secondi; si espira contando fino a 8. Basta ripetere tre volte per recuperare un po’ di calma. Anche lo sport non va scelto a caso: muoversi fa sempre bene, ma un eccesso di sforzi con i pesi o la fatica di una maratona possono essere uno stress, più che un beneficio. Un allenamento utile per eliminare il grasso bianco che si ferma sul girovita e tra le fasce muscolari è l’interval-training: due minuti di esercizio aerobico intenso - salto alla corda, nuoto, corsa o bici - alternati a un minuto di attività più tranquilla. Un ciclo di 15 minuti al giorno è più efficace che qualche ora sporadica di palestra nella settimana. Poi, è chiaro, ciascuno deve trovare la forza di dire basta alle situazioni tossiche, agli stress senza senso. Ma questo non è compito del medico».

Il test antincendio. I cibi che favoriscono l’infiammazione sono noti: zuccheri, grassi saturi e in generale le calorie eccessive. Ciascuno però ha una sua black list: «Un tempo le chiamavano intolleranze, poi si è compreso che anche dietro a tutto questo si nascondono processi infiammatori di bassa intensità, una specie di saturazione a un particolare ingrediente: a me capita con i formaggi», spiega l’immunologo milanese Attilio Speciani. «Per questo abbiamo messo a punto il Recaller Food Inflammation Test: identifica attraverso molecole infiammatorie i gruppi di alimenti responsabili di reazioni. E dà consigli dietetici personalizzati. Obiettivo finale: il recupero della tolleranza. Eliminando prima i cibi banditi e reinserendoli poi per gradi, un po’ come nello svezzamento, con una dieta a rotazione. Io per esempio mi concedo il formaggio ogni tre giorni. E non ho più avuto problemi».