Se proviamo a pensare ai cocktail, quante probabilità ci sono che ce ne venga in mente uno completamente privo di ghiaccio? Poco o niente, forse giusto i cocktail caldi invernali. Per cui l’argomento cocktail con ghiaccio ha una certa importanza nella vita di chi beve responsabilmente e va approfondito se c’è qualche retroscena a riguardo che dobbiamo sapere. No, non stiamo per parlare dei rischi che si corrono chiedendo qualche cubetto nei paesi in via di sviluppo e tutte le leggende più o meno vere sul come si prendono così dei bei mal di pancia. Nemmeno dei cocktail con ghiaccio secco, che i puristi non prendono in considerazione perché cedono anidride e possono far diventare il drink leggermente frizzante, e poi anche se forse non sono nocivi come ci rassicurano, se per sbaglio metti in bocca il pezzo di ghiaccio la lingua brucia. Di recente si è cominciato invece a parlare di vino puro, un tipo di vino con il minimo possibile di residui, zero additivi e solo lo stretto indispensabile di lavorazione. E da sempre sappiamo tutti, se non altro dopo averlo appreso da spot pubblicitari che portano l’informazione come un vanto, che i migliori whisky, e molti altri alcolici hanno bisogno di acqua purissima come ingrediente. Più pura è, meglio verrà il liquore o il drink. Che senso ha tutto questo, si è chiesto Food Republic, se poi a quel whisky così accuratamente, amorevolmente distillato cercando di mantenerlo più cristallino possibile nel gusto e nell'aspetto, ci aggiungiamo del ghiaccio fatto con l’acqua del rubinetto, magari in un momento in cui era piena di cloro che non fa male, certo, ma altera sapore e aroma del drink?

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Ma non è tutto. Rinunciare al ghiaccio in un cocktail è quasi impossibile, soprattutto nelle sere d’estate, non solo perché mantiene fresco il drink, ma perché è in realtà uno degli ingredienti che ne determina il gusto esatto. Curiosità: si è sempre pensato che il ghiaccio raffreddi le bibite perché gli cede il proprio freddo, mentre invece si è scoperto di recente che sottrae il caldo, attirandolo come una spugna come se “volesse” sciogliersi e cercasse aiuto per farlo. Quale che sia il motivo per cui funziona, i cubetti di ghiaccio hanno cominciato a cadere nelle bevande nel 1800, quando rappresentavano un lusso per ovvii motivi di progresso tecnologico, e poi non sono più stati abbandonati. A diffonderli è stato un tizio di nome Frederic Tudor che aveva inventato una costosa consegna di ghiaccio in cubetti prodotti nel Massachusetts per le famiglie facoltose di tutto il mondo (infatti un drink con i cubetti lo chiamavamo Tudor Drink ed era uno status symbol). Food Republic spiega come i barman di locali famosi come Little Branch di New York e Milk & Honey di Londra (spesso indicati fra i migliori del mondo) hanno adottato la cultura del ghiaccio come ingrediente e non come accessorio, e hanno iniziato a studiare quali tipi di ghiaccio per cocktail siano i migliori. Ad esempio, Richie Boccato, uno di loro, usa quella che secondo lui è una delle migliori macchine per ghiaccio da bar (per chi fosse interessato: la produce una ditta chiamata Clinebell) ma interviene nel processo di lavorazione fermandolo quando l’acqua comincia a gelare, per mescolarla e far venire a galla le impurità. E le rimuove tutte, santa pazienza.

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Celina Rohrbach su Unsplash

Se pensate che un po’ di impurità nell'acqua non abbiano mai ucciso nessuno, c’è però un altro fattore che un’acqua "approssimativa" comporta: le impurità favoriscono la formazione di bolle d’aria nel cubetto. Chi se ne importa? Non proprio: le bolle d’aria nel ghiaccio lo fanno squagliare più rapidamente, annacquando il drink. Invece il ghiaccio che si scioglie lentamente è cruciale. Pochi e bravi barman, e anche consumatori, sanno che anche la forma del ghiaccio dovrebbe essere diversa per le varie categorie di cocktail. Nei long drink, quelli col bicchiere alto, bisognerebbe usare l’ice spear, il ghiacciolo a forma di stalattite. Nei cocktail tranquilli come l’Old Fashioned (tornato di moda nel 2017 dopo un gran successo ai tempi di Mad Men e successivi anni di oblio) ci va il grosso cubetto gigante e in tutti i cocktail da bicchiere cobbler ci va il ghiaccio tritato. Altro trucco: mai accettare un drink quando vedete il barman prendere il ghiaccio da un cestello con la pinza o la paletta: a parte l’igiene, un cubetto che è stato già qualche minuto a temperatura ambiente è già entrato nella fase di scioglimento che spiegavamo sopra, e la continuerà nel drink con effetto immediato, senza fase intermedia. Siam buoni tutti a starcene a casa nostra a bere acqua fresca, allora.