Se per il leader rivoluzionario nella ristorazione calabrese si dovesse fare un nome, il suo sarebbe il primo cui pensare. Perché tintinna di rispetto e di serenità. Caterina Ceraudo ha il dono della luminosità. Sarà il sorriso di una dolcezza ancestrale, le guance arrossate dai fornelli e dalla tenacia, le dita delle mani che si sfiorano ad altezza cuore quando spiega un piatto, ma è come se si accendesse un riflettore di luce calda a tre milioni di watt. La Caterina Ceraudo chef è una supernova di energia positiva che irraggia di calore, di concretezza e di bellezza. Gli occhi lucenti, l’aria gentile venata di una timidezza che somiglia al pudore, la voce morbida ma fermissima di chi ha le idee più chiare della luce che emana. Viene voglia di abbracciarla, di starle accanto, di farsi contagiare dalla sua positività concreta che punta altissimo per farsi ispirare. E per ispirare, anche. Donna di terra e di mare, donna di agrumi che stordiscono di fioriture e profumi le piane sterminate della Calabria, nel suo ristorante Caterina Ceraudo è chef in sottrazione, fiera della sua terra tristemente protagonista di tetre cronache giornalistiche. Caterina è sempre un passo avanti. La sua missione si concentra sul cibo, la sua volontà punta a cambiare radicalmente la percezione della cucina tipica calabrese, il suo punto di arrivo è la futura percezione della sua regione.

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A capo del lento, costante e orgoglioso rinnovamento della cucina felicemente ambiziosa della Calabria c’è proprio lei, la stella della semplicità mai banale, la laureata in enologia a Pisa che ha salutato vitigni e tannini dopo la folgorazione sulla via di Castel di Sangro, in Abruzzo, alla corte (del) Reale del tristellato chef Niko Romito dove si è formata e ha scoperto che la cucina e il cibo superavano di gran lunga la passione per il vino. Il caso, che ci mette sempre i piedi, l'ha spinta al rischio più grande: assumere la guida del ristorante Dattilo, di proprietà della sua famiglia, orfano dello chef dopo l'addio di Frank Rizzuti che aveva portato la stella Michelin già nel 2011. Un salto calibrato: nel 2013 Caterina entra nelle cucine del Dattilo e impone la sua visione ariosa, potente, territoriale di cucina. La stella viene costantemente riconfermata, arrivano nuovi riconoscimenti e un premio tutto per sé a 30 anni, quando Caterina Ceraudo viene eletta chef donna dell’anno 2017 per l’Atelier Des Grand Dames di Veuve Clicquot. E oggi, pronta a inaugurare la stagione 2019 del Dattilo, si concede qualche digressione da ambasciatrice reale della sua terra. Giocando anche con la pizza di Sbanco, a Roma, dove ha presentato una degustazione di tre pizze profondamente calabresi per ingredienti e concezione. E lì, in attesa di gustare la sua personale interpretazione del filetto di baccalà con maionese bianca al bergamotto e di immergere i denti nella sofficità della pizza con crudo di gambero rosa, mozzarella di bufala e agrumi, Caterina Ceraudo ci ha raccontato il suo vero fermento.

Come scegli di raccontare il tuo territorio? Che tipo di ricerca fai?
Innanzitutto le materie prime, quello è il lavoro principale. Attraverso queste materie prime racconto anche storie di persone, perché sta realmente nascendo un nuovo movimento, secondo me molto bello, che fa capire alle persone che se credi in un progetto questo può essere importante e può essere riconosciuto. I nuovi produttori sono alla ricerca di sempre maggior perfezione. È un processo lento che comunque si sta attivando. Sono felice di questo. Nel caso specifico della ricotta, per dire, era un produttore piccolissimo e adesso il suo prodotto si sta rafforzando, si sta conoscendo il tutto il mondo.

Sopratutto in una terra come la Calabria, che è notoriamente difficile...
È spargola, non è un grappolo fitto. Ci sono queste perle un po’ ovunque e in altri posti è vuota. È di una bellezza che mi lascia sempre affascinata ogni volta che vado in giro. È bella, è vergine, è naturale, esistono ancora le distanze tra un paese e un altro, usi e costumi diversi… E poi è lunga! Da Nord a Sud della Calabria, da est a ovest, è tutto diverso. Parlare di Calabria non vuol dire solo cipolla, bergamotto, peperoncino: è infinita.

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Courtesy Veuve Clicquot/Brambilla Serrani

Qual è secondo te il prodotto imprescindibile?
Io amo molto gli agrumi in tutti i loro generi, e in Calabria ce ne sono tantissimi. Gli agrumi sono il punto forte, assieme al pesce azzurro, i crostacei… Poi c’è questa dorsale, una spina dorsale di montagne tutte diverse. Il Pollino che è diverso dalla Sila e che è ancora più diverso dall’Aspromonte. Non ti stanchi mai.

Cosa significa portare la Calabria sulla pizza?
È bello! (ride). È diverso, certo, ma ho immaginato la pizza come se fosse un mio piatto. Deve avere dei sapori decisi, quindi mi sono divertita a mettere tutti i miei ingredienti. Un carpaccio, un gambero crudo ma… non c'è tanta lavorazione. Voglio che gli ingredienti parlino, più che il mio pensiero. Gli ingredienti devono fare da apristrada per tutto il resto.

Qualche anticipazione sulla nuova stagione di Dattilo?
Ci saranno molte novità, prometto. Stiamo sistemando le camere, stiamo avviando la cantina nuova e speriamo di farcela ad aprire nei tempi giusti. Tra questioni climatiche e altro, stiamo lavorando su tante cose nuove. Devo essere sincera, da qui a due anni, sono sicura, Dattilo cambierà ancora di più. C’è sempre una grande famiglia, la mia famiglia, che continua a investire per realizzare cose belle e soprattutto per accogliere le persone nella giusta maniera, in un bellissimo territorio che merita di essere visitato e raccontato.

La Calabria viene sempre raccontata in modo negativo e riduttivo...
Oramai abbiamo un’etichetta, ma dobbiamo scrollarcela di dosso: però se noi stessi non iniziamo a credere in qualcosa di bello, lasciamo che l’etichetta continui. Se invece racconti il bello della Calabria, perché è questo che va raccontato, le persone curiose verranno e troveranno una Calabria diversa. La curiosità muove tutto quanto, secondo me. Quando ero piccolina c’era un turismo più di migrazione, chi tornava diceva “L’ho lasciata così 10 anni fa ed è ancora così”. Per me era una pugnalata al cuore. Io voglio che le persone, tornando, vedano anche una piccola cosa diversa. Però qualcosa di diverso. E di più bello.

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Courtesy Brambilla Serrani