Eterno dubbio, quanto si consuma realmente andando a fare la spesa? E diatriba sempre aperta: meglio semplificarsi la vita ordinando il food delivery a casa, o recarsi personalmente al supermercato? In ottica di risparmio tempo, la risposta è schiacciante: asporto batte supermercato N a zero. E dall’università del Michigan arriva uno studio che potrebbe cambiare anche la prospettiva di sostenibilità ambientale: a quanto pare il delivery, inteso come groceries delivery, spesa online (o spesa a casa) inquina meno delle continue gite al super per procacciarsi cibo e generi di prima necessità. Il che potrebbe cambiare decisamente l’approccio e la prospettiva green di molti di noi. Lo studio, pubblicato su Science Direct, ha preso in esame una specifica compagnia americana di spesa a domicilio e ha analizzato il famoso carbon footprint, ovvero le emissioni di CO2 e susseguente impatto ambientale, di questa parte di catena dell’industria del cibo.

Se per ottenere un pentolone di ragù l’impatto maggiore è da attribuirsi alla produzione della carne (ed è uno dei motivi per cui si invita a consumarne meno), è altrettanto impattante la conservazione dei cibi, la consegna, l’esposizione negli scaffali in un certo modo perché sia comprata: tutto quello che ruota attorno alle corsie dei magici regni del commercio ha un costo, economico e ambientale. Il triste finale purtroppo è lo spreco alimentare, perché se supera una certa data un alimento deve essere gettato via. È il paradosso dell'intera catena, il vuoto a perdere più costoso. Per il produttore, per il consumatore, per i supermercati, più di tutti per l'ambiente stesso. La sovrapproduzione eccessiva dovuta alla struttura dell’industria alimenta tutto questo, e servirebbe un grande sforzo culturale (oltre che legislativo) per produrre quel che serve, o poco più, riducendo lo spreco. Nella lunga catena produttiva, i ricercatori del Michigan hanno però individuato nella spesa a domicilio uno dei modi più efficaci per impattare meno sull’ambiente. Confermando quanto già rivelato nel 2013 da un gruppo di studiosi dell’università di Washington, che avevano calcolato e rilevato una minore emissione di CO2 (e riduzione degli sprechi) grazie ai servizi di spesa a casa rispetto ai continui avanti/indietro (in macchina) verso i grandi supermercati.

La nostra grande passione per lo svicolare tra le corsie del supermercato riempiendo i carrelli, facendosi sedurre dalle offerte, scegliendo personalmente mele e banane (o tagli di carne, tsk) non è sostenibile, punto. Ci illudiamo, ma per il cambiamento climatico non lo è affatto (e no, non basta andare a fare la spesa a piedi per risolvere il problema). Che sia decisamente meglio ordinare la spesa online e farsela recapitare ad orari specifici in casa? Obiettivamente, un servizio delivery specifico gira per la città con un furgone solo, sostituendo di fatto una media (ipotetica) di 20 macchine al giorno. Il calcolo verrebbe facile, ma la questione è decisamente più complessa e i fattori in gioco davvero numerosi: domanda e offerta, cosa viene prodotto, cosa chiede il mercato, perché certi cibi di moda possono rovinare paesaggi e colture, quanta consapevolezza da consumatori/produttori mettiamo in atto, quanta biodiversità non conosciamo e potremmo essere in grado di rispettare. Però riflettere sulle potenzialità green del digitare le necessità della dispensa e risparmiarsi pure lo stress da supermercato, è un buon punto di partenza. Avallato dagli studiosi.