Più dell’aragosta, più del tartufo, più dello zafferano (che resta la spezia più cara al mondo). Tutti concordi nell’affermare una sacrosanta verità: il caviale più pregiato è il vero simbolo del lusso gastronomico, ha fascino, carisma e sintomatico mistero. Una minuscola aggregazione di microsfere nero-verdi o grigio scure sfumate d'oro, tanto profumate di mare e segreti da scatenare la curiosità. Basta un’elegante scatoletta in vetro da pochi grammi a scatenare il riflesso pavloviano del sapore del caviale: puro cloruro di sodio per i non iniziati, delizia di acque profonde, burrosità marina e mistero per chi ha sperimentato l’esplosione stellare delle uova in bocca.

Ma non è solo una questione empirica di gusti. La potenza evocativa del caviale sta in un immaginario di ricchezza sfrontata e gioiosa, consumata in purezza incontaminata sul bordo delle dita per non intaccare il sapore. Come servire il caviale: guai ad usare un cucchiaio di un metallo che non sia oro, al massimo madreperla, avorio o altri materiali inerti (sì, anche la plastica, ma l'effetto wow si perde per forza). L'unico accompagnamento concesso è un goccio di vodka ghiacciata, antica eredità di quando per conservare le uova di storione si usava un bel po' di sale. Oggi non è più così, da nessuna parte: in linea generale non si deve mai superare il 5% di sale sulla totalità delle uova di storione, addirittura i migliori assaggiatori lo preparano con appena il 3%. Il caviale malossol, parola russa che significa "con poco sale", è il pregio assoluto. Perché dici caviale e dici Russia, che dell’estrazione delle uova degli storioni ne ha fatto un vanto culturale.

Come si ottiene il caviale è stato chiarito e raffinato da tempo: si estraggono le uova dalla femmina dello storione, giganteschi pesci mitici che qualche biologo sostiene derivino direttamente dai dinosauri. Curiosità a parte, gli storioni più famosi del mondo sono quelli che vivevano (e vivono) nelle acque del lago/mare più grande del mondo, il Mar Caspio, dove si affacciano ben cinque stati: Azerbaijan, Kazakistan, Turkmenistan, Iran e Russia (ancora oggi è qui che si produce migliore caviale del mondo, estratto dalle femmine del beluga albino, per cui serve un patrimonio di 40mila euro ogni minuscolo cucchiaino). Gli ultimi due paesi in lista sono stati a lungo i principali pescatori di storioni dell'area, contendendosi le acque salate della depressione caspica e portando lentamente ma inesorabilmente gli storioni selvaggi a rischio estinzione. Hanno influito anche l’inquinamento, la delicatezza dell’habitat distrutto da estrazioni di petrolio e di gas, ma più di ogni altra cosa ha pesato la pesca selvaggia, incontrollata, senza regole e rispetto dei ritmi lenti di riproduzione e crescita degli storioni.

Le femmine impiegano 12 anni per iniziare a produrre le uova, quelle della specie beluga persino 20: i maschi vengono utilizzati per la fecondazione, poi diventano carne da consumare. Ancora oggi nella red list, la lista rossa delle specie minacciate compilata diligentemente dagli esperti della ONG International Union for Conservation of Nature (IUCN) che è anche osservatrice all’assemblea generale dell’ONU, lo storione beluga dal quale si estrae l'omonimo caviale più pregiato al mondo, viene classificato come “critically endangered”. È il penultimo passo prima della scomparsa degli esemplari in natura e della dichiarazione ufficiale di estinzione. Eppure l’intervento sulla salvaguardia del caviale è iniziato agli sgoccioli del 900, con la fine della sbornia epicurea del secolo breve e l’effettiva presa di coscienza del rischio di perdere un lusso tanto amato e tanto prezioso. Gli anni cruciali per gli storioni sono quelli a cavallo del millennio: nel 1998 il Comitato permanente della CITES (la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) dirama una direttiva netta per evitare la pesca incontrollata nei mari e nei corsi di acqua dolce dove le specie di storioni amano vivere e nuotare, fino a diventare una regolamentazione che oggi proibisce severamente il commercio di caviale selvatico nel mondo e fissa dei tetti di pesca severi, per quanto non sempre rispettati. Nel 2000, in piena discussione dell’emergenza, sul New York Times si sottolineava come gli attivisti per l’ambiente stessero invitando anche il proprio governo a limitare le importazioni di caviale dalla Russia e dall’Iran verso gli Stati Uniti, che era allora il paese maggior consumatore di caviale al mondo (un terzo della produzione globale finiva sulle tavole statunitensi).

Ci è voluto un po’ di tempo, ma da allora le cose sono effettivamente migliorate. Il caviale non può più essere selvaggio, anche se a volte per distorsioni da marketing viene definito tale: gli allevamenti sparsi di storioni sono riusciti a limitare la pesca di frodo e il caviale si è liberato delle bandiere, ottenendo uno status sovranazionale. Non dovendo più essere pescato soltanto in determinate zone, lo storione ha ricominciato a diffondersi e la produzione di caviale nel mondo è cresciuta senza frontiere. A dare lustro alle prime danze ci ha pensato la Francia, che verso il luxury food ha sempre avuto un aristocratico e decadente occhio di riguardo. Ma molti altri hanno seguito (o a volte persino anticipato) l’iniziativa dell’allevamento di storioni: il fregio d'onore è che l’Italia è il più grande produttore di caviale da storioni allevati. Non solo per quantità (almeno in Europa), soprattutto per qualità: tanto pregiato e delizioso da essere entrato nelle grazie assolute degli chef stellati e di fine dining, che lo scelgono per le loro preparazioni, e a quanto pare anche particolarmente legato alla storia gastronomica del paese, con buona pace del caviale iraniano o russo. 51 tonnellate di delizie prodotte nel 2018, come riporta il Sole24Ore, tutte interamente lavorate dallo stabilimento di Agroittica Lombarda, a Calvisano in provincia di Brescia, dove la capacità imprenditoriale è iniziata nel 1988 e si è sviluppata con un je ne sais quoi di nostalgico.

In parallelo con l’allevamento di storioni provenienti dal Caspio, infatti, si è avviato anche il recupero dello storione dell’Adriatico, originariamente nuotatore nel Po: dal 2012 il caviale dello storione dell’Adriatico viene commercializzato sempre dall’azienda con il poetico nome di Da Vinci, come riporta Il Post: “Si racconta che nel 1491, mentre passeggiava lungo la riva del Ticino a Pavia, Leonardo da Vinci vide un grosso storione e decise di regalarne le uova a Beatrice d’Este il giorno del suo matrimonio con Ludovico il Moro, signore di Milano. Gliele presentò in uno scrigno incastonato di gemme, per sottolinearne il valore”. Oggi il caviale italiano viene esportato anche in Russia: non riuscendo a sostenere la domanda interna per i consumatori, il paese non ha imposto dazi o limiti all'ingresso di un prodotto straniero così tanto legato alla cultura nazionale.

La World Sturgeon Conservation Society, che si occupa di salvaguardare gli storioni, aveva diramato nel rapporto 2017 le cifre degli allevamenti di storioni nel mondo: quelli registrati erano 2.329, il 7 per cento in più rispetto all’anno precedente, per una produzione complessiva di 364 tonnellate di caviale. L’esempio virtuoso dell’Italia paese di storioni da allevamento è stato seguito anche da colleghi come la Bulgaria, Israele, Uruguay: ovunque ci sia un lago che va al mare, si può impiantare un allevamento di storioni e farli riprodurre secondo i loro tempi. In questa geografia del caviale stupisce piacevolmente l’impegno del Madagascar, paese tradizionalmente conosciuto per la vaniglia e per le piantagioni di cacao. Come segnala il magazine EWN in un articolo del 2019, il Madagascar è l'unico paese del continente africano ad aver scelto di impiantare allevamenti di storioni per la produzione di caviale. Una sorta di polo del luxury food totalmente made in Africa, che potrebbe diventare appetibile per i compratori: il prezzo del caviale del Madagascar (100 euro all’etto) è molto più conveniente rispetto a quello prodotto in Italia (una scatola di caviale italiano ha un prezzo di circa 256 euro all’etto).

Ma il vero colpo di mercato nell’abbassamento dei prezzi del caviale viene dal gigante cinese, rivela il Wall Street Journal. Dal 2012 al 2017, anni in cui la Cina è entrata di prepotenza nel mercato, la quantità di caviale prodotto è arrivata a 136 tonnellate complessive. L’azienda principale produttrice, la Kaluga Queen, si è attestata nel 2017 su 60 tonnellate di caviale prodotte, due terzi della produzione nazionale che è arrivata a 100 (nella classifica la Russia era seconda con 49 tonnellate, l’Italia era terza con 43). L’azienda si trova a Qindao, nella regione Zhejiang della Cina orientale, e ha a disposizione 30mila storioni da monitorare e tenere sotto stretto controllo per evitare che vengano rubati nel corso della loro crescita. L’attenzione per la produzione cinese, capillare e su larga scala, ha fatto scendere molto i prezzi delle preziose scatolette di uova di storione. La sfida più grande, poi, è convincere gli occidentali della bontà del caviale cinese: chi lo ha provato, come l’esperto iraniano Abbas Azari, con 40 anni di esperienza da assaggiatore sulla lingua, ne riconosce l’appetibilità: “Il caviale cinese è molto buono, ha le sue qualità” afferma al Time. I tentativi di realizzare un caviale meraviglioso da pesci allevati sono andati a buon fine, la gara ora si sposta sulla sostenibilità. L’unico lusso che, alla fine, vale la pena di permettersi.