Anteprima delle intenzioni stagionali, modalità on. In cima alla lista delle ricerche che su Google non franano c'è bere senza stare male. Poi, la ricerca dei metodi per ottenere il risultato e porsi la domanda nuova di zecca: cos’è il bere intuitivo? Risposta d’anteprima: è un nuovo approccio al consumo di alcolici che sta facendo discutere molto negli Stati Uniti ed è destinato a far parlare anche nel resto del mondo. Bere consapevolmente è già una frase che, ripetuta da tempo, lascia spazio a molte libere interpretazioni, a dire il vero. Vero pure che l’alcol è considerato la sostanza psicoattiva più pericolosa fra quelle legali, e che i nutrizionisti comprendono gli alcolici fra gli “xenobiotici”, ossia sostanze estranee all’organismo. Bere è un piacere, e non necessariamente un piacere deve essere anche utile a qualcosa. Ma sarebbe un bene se non fosse almeno dannoso. Non stiamo parlando ovviamente di bevitori occasionali, ma di coloro che vorrebbero farlo regolarmente, magari chiedendosi come bere senza ubriacarsi, senza che ciò si trasformi in una dipendenza dannosa. Ormai sappiamo che le campagne contro il consumo di alcolici non funzionano: negli anni 20, negli Stati Uniti hanno provato a proibirli del tutto ed è stato un tentativo patetico, se non addirittura un incentivo, per l’aumentato brivido di trasgredire. Per cui, meglio venirci a patti.

La possibile risposta al problema la racconta anche Melissa Pandika di Mic.com, in un articolo che sta facendo riflettere. Pandika racconta di non essere stata una bevitrice da college, una di quelli che nei dormitori, uno shottino dopo l’altro, si riducono come stracci da cucina con le gare di binge drinking. Ha iniziato a bere invece, eccedendo e con una certa regolarità, quando ha iniziato a lavorare seriamente, e per molto tempo ha pensato che fosse il suo modo di riprendersi dallo stress. Pandika, per capirci, racconta di rientri a casa con difficoltà di intendere e di volere. La giornalista racconta poi di aver adottato, appunto, il metodo dell'intuitive drinking, il bere intuitivo. Non si tratta di una definizione ufficiale, ma si ispira al già esistente principio dell’alimentazione intuitiva, che cerca di accordare la fame allo stimolo di sazietà. È, al sodo, un modo per "instaurare una relazione sana con l'alcol e trovare modi per includerlo nella tua vita in modo che faccia bene al tuo corpo", riferisce Mic dalle parole della dietista Carolina Guizar, consulente alimentare intuitiva certificata di New York. Come il “mangiare intuitivo”, il principio si basa sulla libertà di fare le scelte giuste per te e il tuo corpo, senza vergogna e senza giudicarsi, rendendoti meno propenso a eccedere. Ad esempio: dopo una sbronza di venerdì, si giura di non bere più un goccio fino al weekend successivo. Ma se a metà settimana già si indulge in un bicchiere di vino, si innesca il circolo vizioso del senso di colpa. Eliminando i buoni propositi, che non verranno rispettati, potrebbe sparire anche l’impulso a eccedere. È davvero così semplice?


“Ok, esiste la Dieta Paradossale, che ti consente di mangiare tre pasti al giorno con tutto quello che vuoi perché alla fine ti autoregoli perché non ce la fai a mangiare troppo”, spiega la biologa nutrizionista Giulia Vincenzo, “potrebbe funzionare anche per l’alcol, ma il problema è: chi stabilisce il limite?”. Già, quanto alcool bere al giorno? Secondo la definizione della Dietary Guidelines for Americans, la dose giusta di alcol sarebbe un drink al giorno per le donne, due per gli uomini: ottimistico? “Premesso che anche un farmaco è una sostanza xenobiotica perché non esiste in natura, l’alcol non è cibo”, precisa la dottoressa Vincenzo, “è una sostanza estranea che il fegato deve smaltire, il rischio è di arrivare a bere più del dovuto in maniera quotidiana e questo per il fegato non va bene mai. Una bella bevuta occasionale è molto meglio perché nella pausa fra l’una e l’altra perché lascia al fegato il tempo di rigenerarsi”. Una relazione “sana” con l'alcol, dice Mic.com, ti fa sentire mentalmente e fisicamente sano. Il consumo di alcol diventa malsano quando non migliora la tua vita, cosa che fa, teoricamente, quando è puro piacere e non dipendenza. “Esistono degli esercizi che si fanno eseguire a chi ha delle dipendenze, ad esempio chi è esageratamente patito di cioccolato”, spiega la biologa nutrizionista Veronica Corsetti. “Si fanno in Pnl e in intutive eating: il paziente mangia o beve a sazietà ciò che ama di più. Poco a poco, si accorge che la sensazione piacevole è limitata al primo boccone o al primo sorso, e che tutto il resto è ingordigia”.

Anche la biologa nutrizionista Chiara Usai vuole aggiungere qualcosa: “prendiamo una mia paziente che beve regolarmente un bicchiere di vino a pasto, ma che beve molto di più in compagnia perché le piace per cui la sua assunzione di alcol, nel complesso, è comunque più del consigliato: in questo caso il ‘bere intuitivo’ dovrebbe consistere nel fermarsi quando si cominciano a sentire gli effetti dell’alcol, soprattutto prima di stare male. L’alcol non è qualcosa di nutritivo, in linea di massima dire ‘ma fa bene perché contiene gli antiossidanti’ è un po’ tirato per i capelli, perché di fatto assumi alcol. Dire che ci sia un modo per assumerlo ‘facendo bene’ mi lascia un po’ perplessa. Di sicuro l’intuitive drinking può essere utile per dare a chi beve, ma che ha una dipendenza, uno strumento in più per regolarsi nella gestione dell’alcol”. La conclusione può essere che un tipo di approccio di questo tipo è probabilmente più efficace nei paesi anglosassoni, dove il problema di assunzione di alcol come dipendenza, e non piacere, è più alto. “Il punto”, conclude la dottoressa Corsetti, “è che questo metodo, che comunque va seguito con l’aiuto di un professionista di nutrizione, può spingere a fare un uso dell’alcol più equilibrato attraverso le percezioni; non si tratta di una ‘dieta’, ma dell’aumentare la percezione in base alla mindfulness per arrivare a uno stile di vita più sano, magari solo perché il proprio lavoro prevede molti aperitivi”.