I titoloni lo hanno urlato come un allarme antiaereo: “Foie gras vietato a New York”. Adieu fettine dall’inconfondibile profumo ancestrale e sapore segretamente indecifrabile, adieu strepitose terrine da spalmare su baguette ancora tiepida della boulangerie di ispirazione francese. La domanda ha sconcertato chi ha letto solo il flash arrivato da New York. No, chiariamo tutto: il foie gras sarà illegale a New York a partire dal 2022. Non si potrà più produrre o vendere in tutto lo stato uno dei simboli della gastronomia francese, pena dai 1000 ai 2000 dollari di multa o un anno di carcere. Questo è a grandi linee quello che l'amministrazione dello stato di NY ha discusso e approvato nel giro di poco meno di un anno, su mozione presentata dalla consigliera democratica Carlina Rivera, paragonabile a una Alexandria Ocasio-Cortez di Gramercy Park e già dietro il decreto per la regolarizzazione degli affitti a breve termine in città. Ma il foie gras vietato è davvero una presa di posizione così netta?

In parte sì, ma va chiarito un punto preciso: a essere al centro del divieto del foie gras c’è in realtà il gavage, la pratica di alimentazione forzata di oche e anatre che permette la produzione del succulento simbolo della gastronomia francese. Foie gras infatti significa fegato grasso: con questo tipo di alimentazione (per quanto controllata e a base di grassi e mais) l'organo dell’animale ingrassa a dismisura, fino a 10 volte la normale grandezza anatomica. L'animale viene ucciso, il fegato estratto e lavorato. Ed è in effetti questo processo a essere vietato: "Questo disegno di legge proibirebbe agli esercizi di vendita al dettaglio o agli esercizi di ristorazione di conservare, mantenere, vendere o offrire di vendere prodotti alimentati a forza o alimenti contenenti un prodotto alimentato a forza. Il disegno di legge crea una presunzione confutabile secondo cui qualsiasi elemento con un'etichetta o elencato nel menu come "foie gras" è il prodotto dell'alimentazione forzata" si legge sul documento ufficiale presentato in consiglio a New York. E già questo potrebbe far individuare alcune peculiarità più deboli nelle maglie del foie gras ban, che è parte di pacchetto di provvedimenti a favore degli animali comprendente il divieto di cattura di uccelli selvatici, il divieto di deungulare i gatti e i cani (che in Europa non si fa) e il controllo stretto delle condizioni lavorative dei cavalli che trainano carrozze.

Per quel che riguarda il divieto del foie gras a New York si sono già aperte le supposizioni, tra cui quella del New York Times: siccome per punire un produttore bisognerà comunque dimostrare fino a prova contraria che le oche e le anatre sono state effettivamente sottoposte a gavage, si può comunque individuare un sistema diverso per alimentarle e continuare a produrre il foie gras. Per quanto riguarda la vendita al dettaglio, i produttori di New York potranno copiare quanto fatto dai colleghi californiani e di Chicago pochi anni fa: basterà non chiamare foie gras il foie gras. Legalmente non ci sono ostacoli per farlo. E il problema si aggira facilmente.

Per via del gavage, il foie gras illegale è stato reso tale anche in altri paesi. Nell’economia generale delle questioni etiche e di salute sul (mal)trattamento degli animali a fini consumistico-alimentari, gli Stati Uniti hanno segnato alcuni punti chiave proprio nel secondo millennio. Eater ne fa un elenco esaustivo: nel 2006 Chicago è stata la prima città a proibire la vendita del foie gras (anche se due anni dopo ha ritirato la legge). La combattiva California ha una storia complessa col foie gras: prima l’ha vietato nel 2012, poi ha tolto la legge nel 2015 e infine l’ha rimessa 2 anni dopo. Attualmente in California la vendita e il commercio di foie gras sono vietati, così come molti altri alimenti di origine animale la cui lavorazione/produzione è considerata crudele nei confronti degli animali. Di recente il golden state ha vietato anche le pellicce, proseguendo con il fur free sulla linea animal respect già tracciata da altre leggi. Al di fuori del perimetro statunitense, i paesi dove il foie gras è illegale comprendono Gran Bretagna, Israele, India e Argentina tra gli altri che hanno progressivamente vietato la produzione e vendita dell'alimento. Nell’Unione Europea il comportamento nei confronti del foie gras è disciplinato dal trattato n. 87 della Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti, che genericamente impedisce la produzione via alimentazione forzata in quasi tutti i paesi europei. Il foie gras è illegale in Italia per quanto riguarda la produzione, stando al decreto legislativo 146 del 26 marzo 2001 che recepisce la direttiva europea relativa alla protezione degli animali negli allevamenti, ma il commercio è libero.

Il dibattito attorno al foie gras a New York si è infuocato quando sono stati fatti i calcoli su chi verrà colpito maggiormente dal divieto, ossia i lavoratori della produzione: 400 posti di lavoro a rischio nelle diverse aziende produttrici, riporta il NYT. I lavoratori si sono ampiamente lamentati di essere considerati degli assassini per colpa di una visione parziale del loro lavoro. Sostengono che le spiegazioni sul gavage sono state affidate solo ai gruppi animalisti che hanno sostenuto la mozione, mentre le tecniche di produzione del foie gras oggi sono molto più accurate e attente a non far soffrire gli animali. “Dicono che maltrattiamo le anatre e ci giudicano senza sapere niente, è un insulto” ha raccontato a Eater Sergio Saravia, 38enne lavoratore dell’industria occupato in una delle principali aziende di produzione di foie gras, la Hudson Valley, che rischia di perdere un terzo del volume di affari. Il sistema di alimentazione delle oche per la produzione dei foie gras non è quello che si può credere: fisiologicamente le anatre e le oche non hanno denti, sono abituate a ingollare tutto in un colpo solo. La loro natura di facili prede le spinge a imbottirsi di cibi più che possono quando lo trovano, e la particolare struttura dei loro organi aiuta questo particolare modo di immagazzinare risorse. “Simuliamo quello che gli uccelli fanno in natura, sono le anatre a stabilire come farci seguire il programma. Non li imbottiamo di cibo, mangiano tre volte al giorno, qualunque cosa gli uccelli siano in grado di digerire”. Il gavage, insomma, sarebbe una pratica desueta e per nulla efficace nella produzione industriale di foie gras, che pone al centro la salute stessa dell’animale: capitalisticamente parlando, un animale malato sarebbe una perdita produttiva per quanto possa essere calcolato nell’economia generale. Una prospettiva che nel mondo di ricavi e guadagni viene debitamente evitata.

Nelle convinzioni che il foie gras sia crudele verso gli animali molto ha potuto l’antropomorfismo, vale a dire la convinzione che ad ogni essere vivente siano attribuibili caratteristiche umane. Lo sostiene la sociologa della North Carolina State University Michaela DeSoucey, sempre su Eater: “Anatre e oche non hanno il riflesso faringeo, né hanno nervi in gola come gli umani. Quando sono allo stato selvatico possono ingerire persino sassi e bastoni. Pensiamo “oddio ma farà male, sarà dolorosissimo” perché ci identifichiamo, come se soffocassimo. Ma anatre e oche sono biologicamente diversi, e non fa male a loro come pensiamo possa far male a noi”. Gli animalisti hanno contestato le dichiarazioni della sociologa, autrice del libro Contested Tastes: Foie Gras and the Politics of Food, per il quale si è documentata visitando diverse produzioni del prezioso alimento: immedesimazione o meno, un tubo in gola che spara cibo nel profondo dello stomaco ad intervalli regolari non è comunque l’alimentazione tipo degli animali.

Tra le critiche al foie gras ban c’è anche il fatto di prendersela con un prodotto considerato solitamente di lusso, non proprio un cibo da tutti i giorni. Inoltre, dettaglio non da poco, non è che la preparazione dei foie gras sia così facile e immediata come pelare le patate: per molti macellai è un'arte sottile da tramandare, che coinvolge molti aspetti culturali sull'artigianalità della preparazione del foie gras migliore al di fuori della questione industriale. A dirla tutta, il consumo di foie gras non è così intensivo come si potrebbe credere, perché lo si mangia solitamente in grandi occasioni speciali, come avviene con molti luxury food come il caviale o lo champagne (ma non provate a mangiare il foie gras con le bollicine, il perfect pairing è con i vini leggermente dolci tipo il Sauternes). Non è un alimento che viene mangiato così spesso, come ad esempio il pollo: è simbolicamente legato ad un certo tipo di festeggiamento, ad un lusso semiproibito e accessibile solo in piccole quantità, da gustare con tutta la lentezza possibile per prolungare il piacere del boccone di pane tiepido con la preziosa pomata di foie gras drappeggiata sopra. Dove sta la contraddizione? Negli Stati Uniti il consumo di foie gras è equiparabile alla singolarità del tacchino per il Giorno del Ringraziamento: semel in anno. A voler aprire il capitolo sugli allevamenti intensivi dei tacchini e il loro trattamento in vista delle tradizionali celebrazioni del Thanksgiving, c’è poco da puntare il dito contro lo straniero foie gras. I lavoratori dell’industria promettono battaglie di impiego, gli chef newyorkesi si preparano a dribblare le maglie della legge per non eliminare del tutto il lussurioso foie gras dai loro elaboratissimi menu, dove è spesso uno degli piatti più venduti. Con una grande domanda ancora irrisposta: oggi il foie gras è vietato a New York. Domani quali altre carni, o pesci, o alimenti considerati poco etiche passeranno sotto le forche caudine della legislazione?