Cosa accomuna un vegano, un musulmano e un cattolico? No, non è una nuova barzelletta. È lo scenario univoco che una sentenza del tribunale del lavoro di Norwich scritta dal giudice Robin Postle ha ufficializzato nei primi giorni del 2020: il veganesimo etico è pari a una religione, pertanto rientra nell’area di competenza del British Equality Act del 2010, che protegge i lavoratori e le minoranze dalle discriminazioni sul luogo di lavoro. La sentenza sul veganesimo o veganismo come confessione religiosa, anche se non fa giurisprudenza perché emessa da un tribunale del lavoro, ha però contribuito ad alzare nuovamente i toni attorno alla filosofia che muove i vegani etici. Ma la situazione riassunta dal tribunale di Norwich è però una questione decisamente più complessa, e non riguarda banalmente la polarizzazione delle discussioni sulla dieta vegana.

L’antefatto: Jordi Casamitjana, zoologo dipendente della League Against Cruel Sports (una charity che si occupa di salvaguardare gli animali ed è contro la caccia e i combattimenti) per la quale aveva realizzato delle indagini su violazioni di leggi inglesi in merito alla caccia, ha accusato il suo datore di lavoro di averlo licenziato per le sue convinzioni etiche. Ciò era avvenuto dopo che Casamitjana, vegano convinto, aveva sollevato delle obiezioni in merito al suo fondo pensione presso l’azienda, investito in compagnie legate alla sperimentazione sugli animali. Un clash paradossale non da poco per il lavoratore, che ha quindi deciso di trascinare la charity in tribunale quando le cose sono precipitate. Come ricostruito dal New York Times, i documenti del tribunale dimostrano come lo zoologo abbia cercato in ogni modo di interrompere i versamenti, mentre l’azienda gli rispondeva di star revisionando il depositario del fondo pensione. Casamitjana ha sostenuto di essere stato mandato via dopo aver espresso ad altri colleghi le sue osservazioni in merito all’etica generale dell’azienda. “Il veganismo etico determina tutte le mie scelte, dai prodotti ai servizi che consumo, il mio rapporto col mondo, il modo in cui impiego il mio tempo e il mio lavoro. Spero che dopo questo licenziamento emerga qualcosa di positivo, e si assicuri agli altri vegani etici una migliore protezione in futuro” ha dichiarato lo zoologo in una nota resa pubblica dopo la sentenza. La League Against Cruel Sports, da parte sua, fa commentare il suo avvocato Rhys Wyborn: la sentenza è molto interessante dal punto di vista legale, ma il punto è che secondo l’azienda l’ex impiegato è stato licenziato per cattiva condotta e non perché è vegano, e continueranno a sostenere questa linea.

Prudentemente, il giudice Postle non ha scritto in questa sentenza che lo zoologo è stato licenziato perché vegano ed è stato effettivamente discriminato per questo. Ma l’equiparazione della filosofia etica vegana al credo religioso apre uno scorcio decisamente profondo. Per i vegani, la radice etica della filosofia di vita è l’antispecismo, che semplificando molto può essere descritto come “non far soffrire i soggetti etici”, siano essi esseri umani o animali dotati di sistemi nervosi molto sviluppati. Il fatto di poter controllare e scegliere come impiegare i propri guadagni in un investimento a lungo termine come un fondo pensione è molto importante, e viene mosso comunque dal proprio credo personale. La sentenza sul veganesimo etico come religione segna un punto fondamentale per il Regno Unito, uno dei paesi più multiculturali del mondo e tra quelli maggiormente attenti alla discriminazione di genere, di minoranze e credi religiosi, ma ha avuto diversa eco anche fuori dai confini del regno di Elisabetta II. La volontà di non discriminare ha spinto verso l’istituzione di quote per garantire copertura lavorativa (e non solo) a diversi credi o filosofie, dando spazio alle singole esigenze. Per i paesi dell’area mediterranea possono sembrare anglostramberie, ma in realtà sono frutto di riflessioni longeve ed estremamente preziose e durature sul rispetto delle diversità.

Il rischio, però, è che la semplificazione eccessiva e l’applicazione automatica ad ogni campo offra il fianco a polarizzazioni rischiose. Dopo il giudizio del tribunale di Norwich, potenzialmente i vegani etici potrebbero fare causa alla Bank Of England per l’utilizzo di derivati animali tra i componenti delle plastiche nelle banconote da 5 e 10 sterline accusandola di discriminazione, riporta il Telegraph. La BBC fa notare come l’estensione della sentenza potrebbe valere anche per altre filosofie e convinzioni etiche, come quella ambientalista: se un lavoratore rifiutasse di viaggiare in aereo (il no-fly movement ha la sua illustre rappresentante in Greta Thunberg) preferendo il treno perché meno inquinante, e l’azienda gli imponesse comunque un mezzo di trasporto che va contro le sue convinzioni, potrebbe citare in giudizio la compagnia. Va ricordato che una sentenza del tribunale del lavoro non fa automaticamente legge: se realmente Jordi Casamitjana sia stato discriminato perché vegano, e non per cattiva condotta sul lavoro (quale, poi, è ancora da chiarire), lo sapremo soltanto nel giro di poche settimane.