Oro verde liquido. Il più prezioso delle meraviglie gastronomico-agricole dell'Italia. Termine onnicomprensivo, stabilire il migliore olio italiano è un infinito ginepraio di dettagli, analisi sensoriali e proprietà organolettiche da dirimere. I sopraffini palati/nasi degli assaggiatori di olio, mestiere che merita un capitolo a parte, prendono in esame determinati parametri scientifico-gustativi per stabilire l'olio extravergine italiano più buono che esista: è il loro lavoro, lo fanno con il giusto rigore. E lo raccolgono in manuali pratici come la Guida agli Extravergini 2020, appuntamento annuale di Slow Food Italia per comprendere come un alimento tanto scontato sulle nostre tavole sia protagonista, in realtà, di una delle situazioni più articolate della filiera alimentare italiana. A partire dai singoli cultivar passando per le varietà, l'impianto degli ulivi, la stagione di raccolta e la molitura, ottenere il grasso vegetale più nobile che c'è è un'arte complessa e stratificata.

Poi ci sono le preferenze e le simpatie del singolo consumatore, e lì si apre un altro capitolo. Tra 580 realtà (aziende agricole, oleifici, frantoi dove è anche possibile fermarsi a mangiare/dormire, tutti scrupolosamente segnalati) e 943 recensioni su oltre mille assaggi riportati dagli esperti, scovare il migliore olio extravergine italiano garantito è un'impresa impossibile. L'anno appena passato è stato difficile come il precedente, ma ha colpito aree diverse. Nel 2018 le eccellenze del Sud avevano pagato carissimo il clima tremendo che aveva flagellato l'annata. Per quanto riguarda il 2019, a subire le conseguenze di stagioni poco felici sono state invece le regioni del Nord: un calo della produzione del 50% in Liguria e fino al 95% sul Garda ha determinato necessariamente una minore selezione di realtà.

Tiriamo le somme. Quale è il migliore olio evo italiano di quest'anno? Il premio potrebbe vincerlo il Sud, se non altro per la quantità della produzione che dopo la crisi precedente si è risollevata con estrema tenacia. Il Nord è fuori campionato: in molte zone non si sono nemmeno raccolte le olive, erano di qualità troppo scarsa per garantire un olio evo degno di questo nome. A trainare il buon nome dell'olio italiano ci pensano le realtà del Centro Italia, parecchio variegate: la lunghissima tradizione di frantoi&co. di Toscana e l'Umbria è stata quasi surclassata dalla ottima resa degli olivi di Lazio e Marche, che hanno resistito maggiormente a clima e temibile mosca, e alla varietà incoraggiante della produzione del Molise.

Tra i migliori oli extravergine d'oliva, le regioni meridionali emergenti (oleicamente parlando) si stanno orgogliosamente ritagliando il proprio posto al sole, come la Calabria che brilla per annata favorevole, a seguire le notissime Puglia e Sicilia: la prima, specialmente, ha prodotto molto bene nelle zone dell'entroterra, e lo stesso hanno fatto Campania e Basilicata, favorite dalle da piogge. La cura maniacale ha permesso di contenere gli attacchi di mosca in Sardegna, regalando così una produzione disomogenea nel territorio ma nel complesso molto interessante; diverso il discorso della Sicilia, martoriata dall'alternanza di scirocco caldo e piogge fredde che hanno influito sulla resa degli oliveti nelle zone interne, mentre si sono salvate alcune province più vicine al mare che hanno tenuto alta la bandiera qualitativa e aromatica. Di fronte ad un panorama così complesso, risposta univoca al miglior olio italiano 2019 non c'è. Sono tutti buoni gli olii evo d'Italia? Ci si sbilancia solo in una segnalazione eccezionale per un olio monovarietale minuta di Chiusi, della provincia di Siena, cui è stato intitolato il riconoscimento affettuoso che prende il nome dal primo curatore della guida agli extravergini d'Italia, Diego Soracco. Una segnalazione di cuore. Che per l'olio, come sempre, parla assieme al palato.