Lo abbiamo fatto tutti: abbiamo messo un pacchetto di patatine light nel carrello della spesa, una di quelle belle confezioni nei colori chiari, azzurrine o bianchissime per ispirare il senso di leggerezza, che poi il termine “light” in inglese non viene usato per indicare i cibi meno calorici, caso mai si usa low fat o fat free, ma è un’altra storia. Quel che conta è che mangiandole non abbiamo provato alcun senso di colpa. È stato bellissimo, magari era da tanto che ci negavamo un piacere del genere e soddisfarlo è stato appagante. Sotto questo punto di vista non c’è niente da dire, abbiamo fatto bene. È ormai dimostrato che mangiare con senso di colpa fa ingrassare, non fosse altro perché il pentimento genera altro desiderio di consolarsi, magari mangiando ancora. In fondo, siamo nell’epoca in cui fa più effetto dire che in un alimento c’è qualcosa in meno che in più. Ma cosa è successo al nostro corpo gustando un bel pacchetto di patatine light? Soprattutto, cosa è accaduto di diverso rispetto a quando mangiamo quelle normali? La risposta non ci renderà tanto contenti: nulla.

“Le patatine light? A me sembrano un po’ un controsenso, non le ho mai prese in considerazione in una dieta”, spiega la biologa nutrizionista Giulia Vincenzo. “in questo caso, ovviamente per light non si intende minore contenuto di zuccheri come per alcuni tipi di prodotti da forno, ma di grassi, perché le patate, l’ingrediente principale, sono sempre quelle. Cosa intendono le aziende usando questo termine? Che un pacchetto di patatine della stessa marca e uno con su scritto light ha, da quello che vantano in molti, fino al 30% di grassi in meno. In realtà, da molte prove, è risultato che si tratta solo di un 10% in meno, ma vengono presentate con quelle percentuali”. Il motivo sembra collegarsi al Regolamento del Parlamento Europeo sulle informazioni nutrizionali: il valore del 30% in meno è il minimo da dichiarare per poter attribuire a un prodotto la denominazione di “light”. La domanda che può venire in mente a questo punto è: se c’è davvero un modo per friggere le patatine con un po’ di calorie in meno, perché non viene usato per tutte? Forse la risposta è in una ricerca condotta dalla Oxford University, secondo la quale è risultato che se vengono somministrate patatine light e patatine normali a due campioni di volontari, senza che sappiano la differenza, ne mangiano la quantità a cui sono abituati, e in quel caso il 10% di grassi in meno è percepibile nella dieta. Ma se i volontari vengono informati della differenza, quelli del campione che ha disposizione le light ne mangia molte di più, superando a volte l’’apporto calorico dell’altro campione.

Ma non è tutto: dalla stessa ricerca risulta che in genere queste patatine sono fritte con un prodotto chimico, creato nel 1968, chiamato olestra o olean. Questa sostanza ha le stesse caratteristiche dei grassi vegetali e animali presenti in natura ma con la particolarità di essere meno assimilabile dall’intestino, che si comporta come se non lo "riconoscesse". L’olestra doveva rappresentare la soluzione a tutti i problemi di dieta dimagrante, il condimento che non fa ingrassare. Purtroppo, ci si è accorti ben presto anche dei suoi effetti collaterali tra cui quello di impedire l’assunzione delle vitamine e di alcuni farmaci e di provocare eccessiva motilità intestinale. È stato chiaro che l’olestra non poteva diventare un ingrediente abituale della nostra alimentazione, ma solo occasionale. Per cui, quando le patatine light non sono fritte con olestra, e può capitare di incapparci, sono cotte in una selezione di oli vegetali di vario tipo, e l'apporto calorico per 100 gr sarà sempre intorno alle 500 calorie per 100 gr. “Il risparmio calorico è quindi minimo”, conclude la dottoressa Vincenzo. “Anche se l’etichetta dice light si parla sempre di patatine, quindi patate fritte e salate: il messaggio che si vuole comunicare col termine light, a livello psicologico, è solo una giustificazione a mangiarne con più tranquillità. Restano invece uno snack ipercalorico e se proprio ci si vuole togliere lo sfizio, tanto vale mangiare quelle vere, raramente, o ricorrere alle chips fatte in casa”.