Mettiamoci il peccato di gola in pace, viva il gelato confezionato. Sospiro di sollievo dopo decenni di demonizzazioni a favore del gelato artigianale, considerato più puro, più "naturale", più gourmet. Nemmeno da mettere in comparazione: il gelato confezionato e il gelato artigianale sono due mondi che si sfiorano appena, due campionati di categorie diverse con giocatori simili in alcuni ruoli, tutti da omaggiare, un archivio eterno del peccato di gola. La mitizzazione dell'artigianalità ha contribuito in negativo alla fama del gelato confezionato, relegato a silenziatore di capricci infantili e guilty pleasure da non rivelare a nessuno. Ricordare quei ghiaccioli fragola&panna che sgocciolavano sulle dita nelle polaroid di estati sbiadite, solo un rimpianto. Ego te absolvo definitivo per il gelato confezionato in un dossier di 76 pagine "Nutrizione & Gelato" compilato dall'Istituto del Gelato Italiano (IGI), in attività dal 1991 e al quale si deve il primo codice di autodisciplina produttiva per garantire l'alta qualità degli standard industriali nella produzione del gelato confezionato, valido ancora oggi. Che il gelato confezionato sia così innegabilmente legato all'immaginario collettivo delle vacanze estive e delle serate di libertà adolescenziale, è un dato socioculturale attestato: le prime produzioni industriali di gelato su larga scala iniziano circa 70 anni fa e da allora la tecnologia alimentare, la ricerca, gli studi nutrizionali (con il taglio degli zuccheri, il ridimensionamento delle calorie in ogni confezione e l'utilizzo di grassi saturi buoni) hanno contribuito largamente all'evoluzione della produzione. Modificandone anche la fruizione in generale: da alimento principe della stagione calda, il gelato si è espanso ai restanti mesi dell'anno trasformandosi in golosità perenne per molti consumatori.

Un focus importante della ricerca riguarda la relazione amorosa tra gelato e bambini, da sempre i primi istigatori al consumo. La corsia dei surgelati al supermercato non sarà più un tabù: i bambini possono serenamente mangiare il gelato confezionato senza fare troppi drammi. Le linee guida le ha specificate Giuseppe Morino, Responsabile UO Dietologia Clinica presso l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù: in un regime alimentare bilanciato per la crescita, e con uno stile di vita attivo, il gelato è un piacere più che benvenuto per i bambini. E gli adulti, gli eterni fanciulli che nascondono confezioni di ricordi d'infanzia, selezionano le combo tradizione e tuffano cucchiai e pensieri nel variegato alla nocciola? L'extra del trigger emotivo - ricordi, sapori lontani, associazioni di idee - è il motivo per cui anche in età senior il consumo di gelato ha un lasciapassare perennemente valido. In virtù della sua capacità evocativa, il gelato preserva la memoria del gusto e aiuta a contrastare anche eventuali inappetenze da terza età, stimolando il senso di fame. E la consolazione dei ricordi, che sono la vera coccola.

Capitolo gelato e fake news, via al debunking. Con la prima grande notizia per le donne in attesa: non è vero che il gelato confezionato in gravidanza fa male, e già questo da solo meriterebbe una ola tra soffi di panna montata. La convinzione che non si potesse consumare gelato nei 9 mesi di gestazione veniva da un'interpretazione errata della presenza di uova quale addensante nella ricetta di certi gelati del passato, scrivono Martina Donegani e Yari Rossi, e che potevano essere veicolo di contaminazione. Come lo stesso latte, comunque. Gli ingredienti del gelato sono principalmente latte e derivati, grassi del latte (burro, panna) o grassi e oli vegetali (non più i grassi idrogenati, eliminati da pressoché tutte le aziende per motivi di impatto sulla salute), e il caratterizzante di ogni gusto, come uova, cacao, nocciole, pistacchi, fragole e via discorrendo. In sorbetti e ghiaccioli il latte non è presente, sostituito dall'acqua, e si aggiungono sciroppi, succhi, polpe di frutta. Additivi e aromi servono a mantenere la giusta consistenza e scioglievolezza del gelato in bocca, e sono principalmente addensanti come carragenina, gomma di guar, lecitine, alginati, farina di semi di carrube; in alcuni casi si aggiungono coloranti alimentari di derivazione naturale per donare una sfumatura più intensa a eventuali tinte sbiadite, come la curcumina per il giallo, il rosso di barbabietola, il caramello. In Italia, riporta il dossier, l'utilizzo degli additivi è di gran lunga inferiore rispetto al consentito dalla legge, giusto le quantità minime per un prodotto piacevole da mangiare, e tutti questi elementi sono garantiti dagli aggiornamenti degli studi sulla sicurezza d'uso rivisti periodicamente dall'EFSA, l'Agenzia Europea per la sicurezza alimentare.

La produzione industriale del gelato (e in scala minore, con qualche differenza, quella artigianale) prevede una serie di processi di preparazione rigorosa, scrupolosamente attenta e autodisciplinata. Nove fasi di produzione complessive per ottenere un prodotto corretto e i primi quattro processi rappresentano il fondamento della sicurezza alimentare: miscelazione, omogeneizzazione, pastorizzazione e raffreddamento (cui seguono maturazione, congelamento, formatura, indurimento e confezionamento). Tutti gli ingredienti sensibili al calore vengono aggiunti dopo la pastorizzazione, passaggio chiave che porta la miscela a 79° per almeno 25 secondi per distruggere eventuali patogeni presenti. Tra le altre informazioni errate sui gelati confezionati, la convinzione che siano imbottiti di conservanti di tutti i tipi e che per questo siano poco salutari. In linea di massima, il gelato è autoconservante. Finché si rispetta la catena del freddo e non si alterano per lunghi momenti le temperature sottozero, il gelato è microbiologicamente sicuro: per questo esistono i camion frigo per il trasporto dalle fabbriche alla grande distribuzione. Stesso discorso per l'acquisto dal super a casa: una piccola borsa termica o una shopper isolante possono aiutare a non far partire il processo di scongelamento e a salvaguardare gusto, texture e consistenza del tanto sospirato barattolino. In mancanza di borse specifiche anche un sacchetto di carta può servire a salvaguardare la preziosa confezione nel coprire distanze di pochi metri, da percorrere a passo svelto per poi ficcare subito il gelato in freezer.

Sicurezza, cambiamenti, evoluzione. Ma in fondo la domanda che sta più a cuore a tutti è una: quanto gelato si può mangiare? I golosi lo sanno, stabilire la porzione giusta di gelato non è mai facile. Da due cucchiaiate di nascosto ad una vaschetta supersize intera è un attimo. Michele Sculati, specialista di scienza dell'alimentazione e nutrizione clinica, ha risposto sul piano delle calorie. Un conteggio rapido: il gelato è a tutti gli effetti uno snack e si assesta all'incirca sul valore medio tra 5 e 12,5% di calorie concesse giornalmente, circa 2000 kcal, il che corrisponde ad un range tra 100 e 250 kcal per porzione di gelato. All'atto pratico sono due colpi di scoop, lo strumento che serve a realizzare le palline di gelato. Bilancia dixit: 100 ml di gelato, corrispondenti a 60 grammi. Sembra misero, ma sarà anche la sua consistenza a determinarne il peso specifico: un gelato più soffice e pieno di aria farà molta più scena all'interno della coppetta, e sazierà gli occhi ben prima dello stomaco. In una vita sana di movimento e alimentazione equilibrata, c'è spazio per una monodose di gelato confezionato, artigianale, gourmet e limited edition anche tutti i giorni. Non è un mondo bellissimo?