Il plateau con la carta paglia appena punteggiata di olio, il profumo incredibile del fritto di pesce, e una corona di tradizionali spicchi di limone. Impasse gourmand: cosa fare con l'agrume principe della cucina di mare? Numero uno, spremere una generosa quantità di succo di limone sulle trigliette croccanti e gli anellini di calamaro, cui non si riesce a dire di mai di no nelle età comprese tra i 3 e i 99 anni, e riempirsi la bocca di aromi caldo/freschi da goduria. Numero due, rinunciare all'acidità fresca, aspettare quei pochi secondi che l'olio in superficie smetta di sfrigolare, e consumare quella cartata golosa in purezza sontuosa, che il limone sulla frittura si usa solo per sgrassare le dita post rifocillata. Due strade, due fazioni opposte che hanno prevalso a fasi alterne. L'onnipresente spicchio a bordo piatto a fare da spartiacque tra due filosofie di pensiero che non hanno mai incontrato i favori della diplomazia gastronomica: guarnizione démodé come la sgocciolata di limone, necessario complemento di un piatto in realtà incompleto. Il dibattito va avanti dall'eternità dei tempi.

Chiariamolo una volta per tutte, il limone sulla frittura di pesce ci va o no? Colpo di scena: c'è una spiegazione da fine dining che rimette definitivamente le cose in prospettiva. Gusto personale a parte, che è una forte discriminante, il limone riesce nel difficile compito di smorzare l'odore e alleggerire il sapore della frittura. "Sul fritto un po' di limone a me piace, sono sincero" confessa Daniele Lippi, chef del ristorante Acquolina a Roma. "Lo vedo meno sul pesce crudo, in quel caso per me è come mettere la panna sulla carbonara. Ma sul pesce fritto, che ha una base grassa, la nota acida aiuta a rinfrescare" specifica lo chef. Non si allarmino gli amanti del crunchy strepitoso di tempura e fritturine express: il rispetto di quel suono irresistibile che solo pastella, panatura e infarinature meticolose riescono a dare, si può mantenere con un minimo di parsimonia agrumata. Tradotto: piano con il limone. "Qualche goccia di succo è sufficiente, non intacca la croccantezza e fa il suo dovere. Il fritto non deve macerare nel limone, in questo caso ovviamente si rovinerebbe" ci tiene a chiarire Lippi. Le papille gustative degli amanti del limone sulla frittura, che non aspettavano altro che un via libera, sono pronte a ringraziare. I puristi assoluti del fritto misto un po' meno.

Ma c'è un extra trick cui ricorrere per non perdere la fragranza agrumata ed evitare l'inondazione da succo, che bagna la panatura e irrimediabilmente ammorbidisce l'effetto finale. Non solo maionese aromatizzata in accompagnamento, ma un'alternativa iper fresh: "Si può giocare con sorbetti agrodolci, con una forte nota acida, ad esempio di pomodoro condito. Anche sorbetti di frutta, portati molto sull'agrodolce, da consumare alternando un boccone di frittura ad un cucchiaino di sorbetto" racconta lo chef. Sensuale upgrade 4.0 per nobilitare una già gloriosa frittura, chiaro. Altrimenti, c'è la strada meno battuta ma più facile e creativa di tutte: aromatizzare l'olio di cottura prima di immergere il pesce in friggitrice. "Si friggono la paranza o i calamari con zest di limone e arancio, ed erbe come basilico, prezzemolo e simili. L'olio si infonde di note agrumate e aromatiche, e il fritto di conseguenza" conclude Lippi. Il modo migliore per mettere d'accordo tutti, forse: c'è l'acidulo del limone smorzato dalla cottura, il pesce non viene bagnato dal succo, la felicità è a portata di morso. Recap finale a beneficio dei gourmand pronti a battagliare fronte mare: il limone sulla frittura di pesce non è un'eresia, ha un fondamento gustativo-scientifico di tutto rispetto. Se piace, via libera; se non piace, amen. Poche storie, l'ennesima partita de la diplomazia e l'arte della frittura di pesce si conclude in un sostanziale pareggio. Che scontenta tutti e nessuno?