Nell'anno particolare del(le) signore del 2020, il parterre delle grandes dames della ristorazione italiana accoglie un altro nome tra le sue divine: è Marianna Vitale la migliore chef donna dell'anno 2020 secondo Michelin e Veuve Clicquot, dopo Caterina Ceraudo, Fabrizia Meroi e Martina Caruso. Atteso e al tempo stesso sorprendente, Vitale non ha l'istinto della prezzemolina presente sempre e comunque. Quello della comunicazione, però, le abbonda: non c'è sorriso che non concluda le sue risposte, il segno d'interpunzione che rilassa mentre fa scorrere nuove domande. La biografia di Marianna Vitale è acquatica, mossa di correnti da seguire e di istinto vivificante. La cucina della vulcanica tradizione partenopea l'ha glorificata nel nuovo locale sul mare di Bacoli, Angelina, dedicato alla nonna, ma la sua creatura principale è il ristorante SUD. Nomen omen, poco da fare. Un riassunto efficace della filosofia di cucina di Marianna Vitale: "Essere donna e del Sud credo mi abbia dato più forza. Chi è del Sud cresce con il coraggio in tasca e te lo spendi nel tempo. Non credo che siano due fattori penalizzanti, l'ho trovato come vantaggio, dei punti in più" ha rivelato durante la premiazione in streaming.

Il ristorante SUD di Marianna Vitale è stato desiderato, cocciutamente messo in piedi, modellato dal tempo e dal vento delle passioni dopo appena un anno di apprendimento (altro che apprendistato) alla corte di Palazzo Petrucci con Lino Scarallo. Ma prima ancora, c'erano altre vite. Tutte vissute con l'occhio brillante e attento da infanzia a Porta Capuana, centro storico di una Napoli interdetta agli stessi napoletani, dove si imparavano le lezioni più toste con gli sguardi sbagliati. La famiglia l'ha indirizzata verso l'unica salvezza possibile: la parrocchia e la scuola dalle suore, poi il liceo linguistico e infine la laurea in letteratura spagnola. Un passaggio rapido nell'esperienza di guida turistica che racconta le bellezze del centro di Napoli a chi si immerge a visitarla. Ma la fissazione per la cucina di tradizione, di prossimità reale, e il cibo come punto focale, l'hanno sempre infiammata dal dentro. "Ero felice solo quando cucinavo e invitavo gli amici. Farli stare bene è sempre stato il mio desiderio, un principio di vita. È il senso dell’accoglienza che si trova a Sud, è parte dell’identità del Sud".

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Courtesy / Andrea Moretti

Complice un padre cuoco che non le ha mai negato la conoscenza, e l'insegnamento e approccio di una nonna costretta a cucinare per le esigenze di tutti, la caparbia ragazza molla tutto e cambia di nuovo. Apre SUD con appena un anno di esperienza, senza rischio: la certezza è sapere di riuscire. La fiducia è riposta in una filosofia regionale e mediterranea, materie prime altissime maneggiate con la perizia di una fiorettista di classe. E da un sodale, Pino Esposito, sommelier e uomo di sala che diventa suo marito poco prima dell'inizio dell'avventura. Dal 2010 SUD è diventato uno dei templi del nuovo miracolo napoletano, l'anno successivo Marianna Vitale diventa miglior chef dell'anno per il Sole24Ore, e nel 2012 plana sui Campi Flegrei la prima stella Michelin. Lo spirito della Rossa è proprio incarnato nel viaggio da affrontare per arrivarci, da SUD, visto che è arrampicato a diciotto chilometri nord-ovest dalla città metropolitana di Napoli, tra Cuma e il parco archeologico regionale. Nello specifico a Quarto, città-quartiere dormitorio dove le energie di un vulcano spento nella piana e la Montagna Spaccata fanno vibrare l'aria, ma si è lontani dalle rotte e forse anche dalle intenzioni turistiche. Ci si approda come piccoli Ulisse spompati dal traffico isterico e dall'urbanistica locale, in treno si è destinati ad accamparsi per la notte. A chi continua a rimettere in circolo le voci (o le speranze) che SUD si trasferisca in posti più facilmente raggiungibili, chef Vitale risponde con uno scatto di lingua: "A Quarto non arrivano tanti turisti, se non intraprendenti: non so cosa Napoli avrebbe potuto darmi in più, non ci sono stata e non so se ci sarò in futuro. Se un giorno dovessi cambiare sarebbe solo per migliorare la nostra vita lavorativa". Come a dire, voi parlate parlate, ma non concretizzate. Per ora SUD resta dov'è.

Nel 2015, inanellati altri due premi, nasce anche il figlio di Marianna Vitale. Dettaglio biografico che incide positivamente sulla già alta qualità del ristorante, assieme alle due stagioni da Michel Bras e da Quique Dacosta per la formazione, e la motivazione trainante della riscoperta del passato della ristorazione e della cucina italiana. Quelle vere, reali, stratificate nella memoria collettiva, in una geologia da sfogliare con piglio pratico. Pochi fronzoli, tanta concretezza. Il menu dedicato alla pasta e ai suoi vari formati, le varie consistenze di ragù napoletano, la cheesecake di baccalà signature dish per tutti coloro che vogliano provare i piatti di Marianna Vitale. E che non riesce a togliere dal menù, ma nemmeno vuole, perché non si può fare un torto così ad un cliente. È una presentazione che racchiude insieme la persistenza della memoria "Il futuro dell'alta cucina? Sdoganata da tanti cliché che ci accompagnano. Che ci servono per essere riconoscibili, soprattutto per vari target. La vedo molto più immediata e legata alle origini, e che guarda molto di più al passato, al cosa facevamo, anche per la paura di perderlo: è inutile imparare a fare i ravioli giapponesi se non sappiamo fare quelli nostri italiani". Inutile dire che le idee non le mancano: per questo inaugura il locale dedicato alla nonna, cerca di avvicinarsi al mare, ma senza fretta. Marianna Vitale è una capitana di vascello sempre pronta a certificare con la sua cucina luoghi, viaggi, lingue, esperienze, pronta a ripartire dalla sua Itaca di sicurezze. Eppure il pensiero di mollare tutto l'ha attraversata: "Avrei potuto fare più cose, perché mi piace fare. Potrei essere cento Marianne. Se dovessi scegliere, quella che mi accompagna tutti i giorni è proprio quella chef. È un percorso che non riuscirei mai a rinnegare".