Ruggero passeggia a piedi nudi tra i ginepri che crescono sereni, sulla collina “corona” di Portofino. Cresciuto a Ginevra, Londra e Milano ha un accento delicato che rivela il suo mash up di mondi. Il suo mash up vincente è stato quello emotivo e culinario che lo ha portato a fondare con amici di infanzia e nuovi Portofino Gin, un business per nulla semplice, che si è guadagnato approvazioni sincere oltre Manica dove il gin tonic è un’ora specifica della giornata, un dizionario che non ammette errori. Ruggero, Chris, Alessandro ed Emanuele hanno voluto ricordare lunghi pomeriggi d’estate e future notti a venire creando un prodotto buono, di nicchia (per ora: i prossimi mercati a cui puntare sono gli USA e i loro numeri) senza orpelli eccessivi se non la certificazione che quel gin si chiama Portofino perché intreccia tradizioni di famiglia e progressioni a-territoriali. La collina dove sorgono i gin tonic di domani è impreziosita dai ginepri e il giardino è ricco di piante ed erbe necessarie per un gin eccellente che vanta 21 aromi tra cui limone, lavanda, rosmarino, maggiorana, iris e rose.

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Questo luogo è la finestra sul mondo della famiglia Pudel, di cui Klaus Pudel, il nonno di Ruggero, è stato un cavaliere dell’intuito nel mettere le basi e difendere quella che sarebbe diventata una delle location al mondo con il più alto tasso di lifestyle made in Italy. E il lifestyle italiano interessa ai ragazzi di Portofino Gin che, in meno di un anno dal lancio, si sono portati a casa premi dai rigidissimi inglesi ai The Gin Guide Awards 2020 e Gin Master Competition 2020. Eccellenza ulteriore per gin addicted: Portofino Gin viene prodotto all'Antica Distilleria Quaglia dove gode di un trattamento speciale quale il Rotavapor che porta all’eccellenza il preservare gli aromi più delicati.

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Courtesy Portofino Gin
Portofino Gin

Il vivere bene all’italiana sta mutando, ci ha insegnato che nulla è scontato quando siamo costretti a rinunciare al viaggio, ai weekend-fuga, al lusso di vivere nel "paese più bello del mondo", cliché così vero che si tuffa in un bicchiere di gin tonic ghiacciato. Nuovi marchi, nuove forme di imprenditorialità per portare questo paese bellissimo altrove: puntiamo al nuovo per ricordare il nostro passato? Non solo perché l’obiettivo è ambizioso ma non per questo timoroso: creare future esperienze di degustazioni in loco (quando si potrà davvero dire di essere oltre la Pandemia), raccontare un’Italia che non eredita solo tradizioni ma ne inventa di nuove, dialogare con un pubblico più consapevole del “compro meno compro meglio” che vale tanto per la moda e il lusso quanto per il bere bene con rispetto per il territorio. Poche bottiglie e molto amore per chi, in questa macchia mediterranea, è cresciuto: sono i dettagli a rivelarlo. Dalla bottiglia che ricorda un’elegante colonia d’altri tempi alla ricerca di un azzurro che ricordi il primo tuffo d’estate a Portofino, al disegno che riprende le case colorate dei pescatori, quel quadro a cielo aperto che accoglie chi arriva a Portofino. Ma anche: il piccolo barboncino disegnato sul tappo (Pudel tradotto significa barboncino) e la scelta di selezionare i bar e ristoranti che ospitano questa sfida (in primis: ordinate un gin tonic da Winterose Wine Bar, la proprietaria è di una gentilezza rara e accompagna il drink con un tagliere da romanzo italiano).

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Courtesy Portofino Gin
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Il futuro: essere la piacevole sorpresa alcolica bei boutique hotel, entrare nelle case del mondo attraverso e-commerce con un target di iscritti che non supera di molto le età anagrafiche dei fondatori, conoscere sempre meglio un piacevole pubblico femminile che è ben stanco dei cocktail-rosa-zuccherini (aka tutti quei drink pensati per le donne dai nomi non pronunciabili), rispettare la necessità di non produrre oltre i tempi che la natura concede senza per questo perdere l'opportunità di nuovi mercati (balance complessa ma necessaria se si vuole essere davvero made in Italy). Portofino Gin vuole vedere il bicchiere mezzo pieno (un tumbler alto, grazie) e non spingere oltre ma fondare, mettere radici dove già i propri avi hanno vinto sfide da romanzo. Si dice che i nuovi yuppies millennials non conoscano forme di umiltà, è falso: non asfaltare il passato né vergognarsi del peso dei propri cognomi ma ringraziarli raccontandone le avventure ne è l'esempio.