La storia del miglior olio d'Italia comincia con una calamità naturale. La grande nevicata del 1985 imbianca tutte le piante di ulivo, sempreverde resistente che a certe temperature fatica un po'. Poi il gelo, inaspettato e devastante. In Toscana si arriva a -15°, -20° con punte di -25°, i preziosi ulivi che accompagnano da sempre la convessità dolce delle colline perdono tutti i rami. Per la famiglia Frescobaldi, che all'olio d'oliva dedica discreti ettari delle sue storiche tenute, è il segnale di un reset definitivo di approccio alla produzione e resa qualitativa: cambiare. E applicare al mondo dell'olio la stessa filosofia del vino, che già da anni dettava i suoi ritmi e i suoi parametri di eccellenza. Nasce così il Laudemio, la selezione che definirà per sempre l'haute couture degli oli evo già a partire dal nome. "L'etimologia già implica l'eccellenza, viene dal latino laude, lode; in Medioevo si utilizzava in Toscana per riferirsi alla parte eccellente del raccolto che veniva donata dai contadini ai proprietari terrieri. Con il nome Laudemio si indica quindi un prodotto di eccellenza che viene da una selezione attenta, una vera specialità, e un omaggio alla regione" spiega oggi Matteo Frescobaldi, 30esima generazione della famiglia tra le più antiche della storia e cultura agricola in Italia. E a quale esperto con i cultivar nel DNA meglio di lui chiedere i codici su come riconoscere l'olio buono una volta per tutte?

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Courtesy/Frescobaldi

L'olio è una materia viva, organica, dipende da tanti fattori. Di questi, alcuni sono cruciali nella costruzione della varietà aromatica di un olio. "È una materia molto delicata. La parte di estrazione dell'olio deve essere pulita ed efficiente: diamo per scontato che il frantoio è perfetto, con tutti i crismi" anticipa Frescobaldi. Ma il passaggio base, prima di cultivar, raccolta e molitura, è proprio dove sono piantati gli ulivi. "Quello che dà le caratteristiche di un olio è il territorio da cui proviene: l'Italia è ricchissima di biodiversità e microclimi diversi, di conseguenze ciascun microclima fornisce alle olive caratteristiche diverse; più o meno erbaceo, più agrumato, più fruttato... Nel nostro caso, la Toscana centrale, ci sono zone molto fredde tra i 200 e i 600 metri di altitudine, quindi un clima abbastanza fresco rispetto al Sud Italia o la costa". Nell'olio Frescobaldi questa provenienza specifica si avverte già dai sapori: "Gli aromi e i sentori sono freschi e verdi, richiamano le olive verdi, la rucola selvatica, il carciofo o il cardo, una punta abbastanza amara e piccante equilibrata, per un gusto piacevole".

Si possono distinguere le provenienze degli olii in degustazione? Per Matteo Frescobaldi è un approccio un filino parziale: "È difficile dire Nord e Sud, dipende anche lì dove... Indicativamente nelle zone più fredde, tipo Toscana, Veneto, Trentino e Lago di Garda, si hanno degli olii abbastanza verdi ed erbacei dai sentori di verdure fresche, mentre in alcune zone del Sud le note fruttate e intense ricordano più un frutto come il pomodoro, come in Sicilia, o altri agrumi e frutti nel caso della Puglia". Differenti esposizioni, altitudini, stagioni, possono accentuare alcune caratteristiche spiccate, modificando di annata in annata l'assaggio dell'olio extravergine d'oliva italiano migliore. Va sempre ribadito: l'olio è un grasso non neutro, ha una sua spiccata identità aromatica e gustosa. Per questo è in grado di intervenire anche pesantemente nella costruzione di un piatto, cambiandone bouquet e sapori: anche una semplice fetta di pane abbrustolita, la famigerata e immancabile bruschetta delle tavole italiane, può cambiare completamente essenza in base all'olio con cui la si condisce. "È un ingrediente fondamentale" sottolinea senza mezzi termini Frescobaldi. Un leggero olio ligure, un fruttato olio pugliese, un sontuoso olio sardo daranno accenti diversi rispetto al poderoso olio toscano "che ti dà quella sensazione quasi di frizzante e spumante in bocca".

Plate of olive oil with crusty breadpinterest
Brett Stevens//Getty Images

Come capire se un olio è buono? "Partiamo da tre sensi: vista, olfatto e gusto. Alla vista, bisogna osservare la brillantezza e la limpidezza: un olio di alta qualità deve essere trasparente. A noi toscani piace verde smeraldo brillante... Più il colore è intenso, più l'olio è giovane. Ma non è che nei mesi successivi, quando il colore è meno vivo, sia meno buono. L'importante è che non sia torbido e spento. Se l'olio è torbido, non è perfetto" precisa Frescobaldi. Diffidare delle diciture di marketing che ululano non filtrato come se fosse una caratteristica migliorativa: le impurità non fanno bene alla tenuta dell'olio e al suo sapore. Per quanto riguarda l'olfatto, l'analisi deve riportare lì da dove l'olio comincia, ovvero alla pianta. "Bisogna sentire sicuramente la sensazione di freschezza, del frutto da cui proviene, ossia le olive fresche. Vuol dire che sono state colte al momento giusto, frante dopo poco tempo e gestite bene dall'inizio alla fine del processo. Non si debbono sentire sensazioni e odori "caldi", il termine tecnico che si usa è proprio riscaldo. Quando l'olio si è ossidato o erano troppo mature le olive, dà una sensazione di odore caldo, come un golf di lana". L'olfatto aiuta anche a rafforzare le note che sentiamo in bocca, una sottolineatura che le fa avvertire di più. Inoltre c'è un piccolo, delizioso paradosso che caratterizza la degustazione dell'olio extravergine buono. "Anche se è giusto che il sapore sia persistente, magari il piccante piacevole, non si deve avere questa sensazione di unto in bocca e di patina sulla lingua. Da un punto di vista tecnico si dice proprio pulito, che non è grosso" specifica il produttore con un sorriso. Rende bene l'idea di qualcosa di fine, che imprime la sua presenza e domina con assoluta nitidezza la volta del palato.

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Courtesy/Frescobaldi

Ma una domanda si insinua, fervida e insistente: quanto dura l'olio, davvero? E quali sono i trucchi che sin dall'etichetta possono chiarire meglio il suo ciclo vitale, senza inganni e sviate di marketing? La normativa sull'etichettatura parlante dell'olio è piuttosto esaustiva e rigida (i riferimenti sono all'articolo 3 del Reg. (UE) n. 29/2012): "In etichetta bisogna mettere così tante cose legali che noi abbiamo poco spazio" spiega Matteo Frescobaldi. "Quello che è importante è la data di raccolta, che il consumatore a volte confonde con il lotto di produzione, come nel vino. Direi ai consumatori di ricercare olii che riportino l'annata, perché vuol dire che il produttore vende olio che ha raccolto e franto quell'anno: noi produciamo a ottobre e novembre e possiamo imbottigliarlo anche a gennaio-febbraio, però è importante poter dire che a gennaio 2021 ho comprato il Laudemio Frescobaldi 2020. Se prendo un olio anonimo, questa informazione non la ho perché potrebbero essere dei blend di più produzioni, addirittura di tre o quattro anni precedenti" chiarisce il produttore. Possibile, così indietro? Ma l'olio non si rovina? "Beh, certo non è più un prodotto agricolo, la qualità è molto diversa. L'olio è un prodotto naturale, si evolve, cambia, e ha una durata anche abbastanza infinita: non a caso si utilizza come conservante. Ma se voglio assaggiare l'olio con tutto il suo gusto e il suo splendore, meglio quello dell'annata in corso". Al contrario di certe bottiglie di vini rossi che guadagnano col tempo, l'olio è hic et nunc. Nell'era 4.0 del consumatore consapevole, asap: il prima possibile, perché l'oro verde migliore non aspetta nessuno. Tranne una fetta di pane.

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