Tra una decina di anni, quando si festeggerà il secolo di invenzione delle tegole dolci della Valle d'Aosta, qualcuno si stupirà ancora della loro esistenza. Sembrerà strano per dei semplici biscotti in grado di rendere friabile l'ultimo dei desideri con un piccolo morso rubato, snack proibito e goloso che rimette in asse ogni prospettiva. Tegole valdostane, union valdôtaine di capricciose e volubili nocciole (che reagiscono al meteo, all'umidità e al caldo rovinandosi irrimediabilmente) tagliate con poderose mandorle dolci e amare in egual mix atossico, con una colata di burro e albumi d'uovo che le rendono friabili, gentili carezze al palato. Dato di fatto: la specialità dolciaria più sottovalutata d'Italia. All'infuori della zona di influenza che dalla Vallée scivola a macchia di leopardo verso la Lombardia, le tegole valdostane restano biscotti semisconosciuti sotto la linea del Po, non hanno sfondato il muro degli Appennini e la linea su mappa del fiume Ticino che dal Lago Maggiore cala dritto fino a Pavia. Nonostante l'upgrade della copertura di cioccolato che ha riscosso discreto successo - ovvio, c'è il cioccolato con le nocciole, esiste una combo più buona?

La storia delle tegole valdostane, però, non contempla il prezioso ingrediente dei maestri pasticciero-cioccolatieri del vicino Piemonte. Piuttosto, guarda più a certe ricette di biscotti tipici dell'area francese, di maggiore influenza su tutta l'area geografica della Valle d'Aosta. Nei primi anni Trenta, non si sa con certezza se nell'anno zero o subito dopo, una coppia di oriundi pasticcieri di nome Boch andò in viaggio in Normandia, restando particolarmente colpita dalla varietà dolciaria della zona. Rientrati in Valle, che era stata annessa al Regno d'Italia dopo l'unità non senza diversi battibecchi con la Francia, decisero di provare a creare dei biscottini fragranti, leggeri d'aspetto ma intensamente saporiti, mixando la frutta secca con una generosa dose di ottimo burro e soltanto le chiare dell'uovo, come nelle meringhe o nei macaron francesi. Ma a differenza di questi, che non devono cedere in cottura, le tegole della Valle d'Aosta devono essere sottilissime e più di adagiano, più buone diventano. Anzi, si sbatte pure con veemenza la teglia prima di infornarla perché l'impasto si sdrai comodo in cottura. È la parte grassa a dare l'incredibile consistenza alle tuiles, battezzate così perché prendevano la forma dei coppi di argilla sui tetti delle case valdostane durante il raffreddamento. E invece di rovinarsi, erano ancora più buoni. Oggi l'operazione curvatura si fa appositamente quando sono appena cotti, ancora fragilmente caldi, mettendoli a raffreddare su un mattarello di legno perché si pieghino da soli in tutta dolcezza; per i curiosi da mani in pasta (e gli impediti che vogliono tentare la prova), preparare le tegole valdostane in casa è abbastanza facile e non è richiesta chissà quale manualità. L'attenzione va riservata solo alla cottura, che deve essere rapida (massimo 7-8 minuti) altrimenti si bruciano. Ma le tegole della Valle d'Aosta in vendita online si trovano anche facilmente. L'importante è dare loro degno accompagnamento in una tazza di crema pasticciera o Chantilly, in un bel caffè corposo che contrasta la dolcezza, o persino con un vino dolce da fine pasto. E ok, dai, anche con la cioccolata calda.