In un anno segnato da eventi storici molti aspetti della nostra quotidianità sono cambiati bruscamente, primo tra tutti il nostro rapporto con il cibo. A marzo, durante i primi lockdown, un'ansia collettiva ci ha spinto verso i fornelli, ad aprire i ricettari impolverati, a telefonare a casa per chiedere i segreti del ragù di famiglia. Abbiamo quasi capito il concetto di carestia (di farina e lievito di birra), ci siamo preoccupati per i nostri ristoranti preferiti in difficoltà e tanti pasti sono stati consumati su Zoom. Rinchiusi e perennemente pigiamati (addio athleisure, benvenuto workleisure), abbiamo sperimentato con il microonde e cercato di elevare lo scatolame accumulato nella dispensa. E tra una spadellata e l'altra, portatile alla mano, abbiamo continuato a pensare al cibo pur di evitare ore e ore di cattive notizie in loop. Svuotato il frigorifero, siamo quindi passati agli ipnotici video di street food coreana, all’ASMR di pasticceria giapponese, all'ultima stagione di Bake Off, al ritorno della sempre più sexy Nigella Lawson. Italiani o no, è chiaro che tutti quanti abbiamo cercato conforto nel cibo quando non eravamo troppo presi al pensare a La regina degli scacchi.

Proprio a marzo 2020, all'inizio di tutto, una buonanima su Twitter (Rebecca Brill, già curatrice del profilo Susan Sontag's Diary) ha iniziato a pubblicare regolarmente brevi osservazioni sul cibo scritti dalla poetessa americana Sylvia Plath e tratti da diverse fonti: i suoi diari, i carteggi, il romanzo semi-autobiografico La campana di vetro e il racconto Johnny Panic and The Bible of Dreams.

Che si tratti di semplici appunti (“coffee and lovely pastry” 12/6/54), o cattiverie sulla cucina della suocera (“Ted’s mother is such an awful cook - heavy indigestible pastries, steamed vegetables, overdone meat.” 12/17/59), o veri picchi poetici (“Ladling some melting vanilla ice cream on fresh plates we pretended we were Alice and the White Rabbit at the Mad Hatter’s tea Party.” 1951), ogni voce rivela qualcosa della vita privata della scrittrice e ha lo stesso effetto barbiturico di un bel ricettario da sfogliare in inverno.

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Nelle parole di Sylvia Plath, non per niente madrina della poesia confessionale, la tranquillità della vita domestica è celebrata e descritta nel dettaglio. Amava bere caffè (“we sipped scalding coffee, felt gray and diffuse as the wet weather”), mentre per il marito Ted Hughes preparava un intruglio a base di latte, brandy e noce moscata per colazione. Amava mangiare e cucinare senza freni se aveva ospiti a cena. Si vantava della sua meringa al limone, preparata in situazioni improbabili, senza frigorifero e ovviamente senza fruste elettriche.

Meticolosa e ossessiva in cucina tanto quando nella scrittura, perennemente afflitta da depressione, per Sylvia Plath cucinare, fare dolci e leggere ricettari erano attività terapeutiche e confortanti. Come per tutti noi sotto lo stress della quarantena, erano un modo per creare ordine in un mondo caotico, per zittire le preoccupazioni nella mente e riconnettersi alla fisicità della vita domestica.

Che si leggano in una sola seduta o che si assaporino lentamente, questi tweet sono un insieme affascinante di ricordi, indulgenze, liste della spesa, ricette stringate e qualche tentativo di mettersi a dieta, ma soprattutto questa lista di cibo quotidiano ci ricorda che, quando è un genio ad avere la penna in mano, non c'è alcuna differenza tra scrivere bene di cibo e scrivere bene in generale.

original caption photo shows author sylvia plath seated in front of a bookshelfpinterest
Bettmann//Getty Images