All is fair in love and (food) war. Sì, esatto. Aggiornare la saggezza: in guerra e in amore tutto è permesso, ma quando entra in gioco la componente più golosa, dibattuta e divisiva ever, le cose peggiorano. Il cibo è una discriminante enorme nei rapporti umani e ancor di più nella tenuta di una relazione. Gusti diversi possono separare una coppia affiatatissima sotto ogni aspetto, complicare la convivenza solo con la preparazione dei pasti quotidiani al punto da interromperla senza appello. Dall'altro lato esistono le relazioni tra persone totalmente differenti, dove il collante più potente si rivela il simile approccio foodie. Mistero? Non troppo. Capita spesso di smettere di frequentare amici, flirt e potenziali compagni di letto perché gastronomicamente incompatibili, e nessuno ne fa delle tragedie. Ma quando si parla di durata e di vita insieme, la scelta del partner con cui condividere desco&lenzuola è un gioco di incastri non da poco. È difficile far durare una relazione quando si litiga su ogni menu/ristorante/delivery, al contrario gli amori migliori convergono alla stessa tavola con il primo, e più prezioso, punto d'incontro: il cibo. Love changes your palate, titola su The Atlantic Vaughn Stafford Gray, chef e scrittore di origini giamaicane, dipanando una schiacciante casistica di esperienza personale sul rapporto tra relazioni fallite&divergenze alimentari.

Tutto comincia con l'infanzia. Non è dietrologia spicciola. La costruzione della memoria del gusto inizia proprio dai primi anni di vita. I bambini sono veri onnivori finché non gli viene insegnato, anche inconsapevolmente, il paradigma dell'alimento disgustoso. L'educazione del palato comincia con lo svezzamento, e più la famiglia d'origine offre un bouquet ampio di sapori e aromi, più i bambini si abituano sin da subito ad allenare le papille e a curiosare tra cibi inavvicinabili. La teoria per cui fino ad una certa i bambini non dovrebbero mangiare come gli adulti può vacillare di fronte a spezie aggressive come gli habanero, perché in realtà significa dar loro un passepartout culturale enorme. I sapori più o ostici e lo spicy food sono un corso di formazione accelerata. Ciò che si mangia fino ai 5 anni, riporta uno studio del 2007 pubblicato in The Journal of Law, Medicine & Ethics, crea le basi per tutti gli schemi mentali che condizionano il comportamento alimentare a venire. I bambini assorbono i valori che gli adulti che li circondano trasmettono riguardo la cultura del cibo: convinzioni, passioni, gusti, approcci e ossessioni. Il pregiudizio del palato sboccia nell'imprinting. E si rifletterà inevitabilmente nei rapporti umani che prevederanno piedi sotto il tavolo e piatti da assaggiare.

L'incontro d'amorosi sensi tra due palati è in realtà uno scontro tra singole culture alimentari. Frequentare qualcuno porta a sviluppare una subcultura sul cibo che riguarda la bolla romantica in cui si vive: in coppia mangiamo diversamente rispetto a quando siamo soli o single. E mano mano che la relazione va avanti, le differenze diventano più pregnanti, arricchendo alcune sfumature e impoverendone (se non cancellandone) altre. Chi è goloso di formaggio sacrifica il suo sentimento per amore di una persona che non può sentirne nemmeno l'odore: in fondo è diplomazia gourmet. Ma sotto sotto ribolle il conforto della trasgressione a tempo indeterminato, la possibilità che in un momento di solitudine si potrà godere il più puzzolente dei roquefort (sì, sto parlando di me). Vale lo stesso con qualunque alimento, dai peperoni alle frattaglie alle ostriche, ma pure carote e broccoli lessi non scherzano: ognuno ha i propri estremi di piacere alimentare, il guilty pleasure che è costretto a smussare per amore di convivenza. Salvo pianificare fughe tattiche verso quelle cucine che possono accontentarlo rigorosamente in beata solitudine, o con altri che ne condividono il gusto. Le migliori storie di tradimenti non sono nate per noia ma per gola, la lussuria è arrivata dopo. Una scusa perfetta per inventarsi gli afrodisiaci.

Non solo gli alimenti in sé, ma la stessa ritualità spirituale che i secoli hanno strutturato attorno all'atto di mangiare in condivisione può essere una forte discriminante nella tenuta di una storia. La preparazione, l'attesa, il servizio, il consumo, persino il dopopasto sono pilastri del vivere quotidiano per qualcuno, perdite di tempo per altri. "Mangiare insieme è un mezzo potente per fortificare legami familiari, amicizie e alleanze. In modo così forte che la parola compagno deriva dal latino cum panis, condivisore di pane" racconta Eleanor Barnett, storica del cibo alla Cambridge University. Deriva da qui l'ennesimo legame tra cibo amore e sesso: compagno/compagna è anche colui che ci scegliamo nella vita e per la vita (o almeno un bel pezzo, dai). Ma la cultura del cibo irrompe sulla scena mostrando come le nostre speranze si sbriciolino di fronte alle divergenze: chi ama nutrirsi in fretta difficilmente potrà trovare e mantenere affinità con chi, al contrario, dedica ai preparativi del pasto, all'apparecchiatura, alla socialità e alla convivialità una larga parte del suo tempo. "Il cibo e la cultura della tavola sono collegati a sentimenti di intimità, molte coppie dicono che mangiare insieme è un rituale importante per rafforzare il loro rapporto sociale" spiega Jess O'Reilly, counselor di salute sessuale e educazione alle relazioni. "Le differenze possono portare a conflitti legati a ciò che sono i rituali del cibo secondo noi. Se per una persona un pasto in famiglia è un momento di amore e legami, l'indifferenza di un partner verso quel pasto può essere letta come indifferenza nei confronti della relazione". C'è un rimedio al contrasto di vedute sul cibo? Sì, piccolo, ma c'è. Ma va vissuto come un secondo svezzamento, solo con le sovrastrutture degli adulti: il compromesso può aiutare nel lavoro culturale di smussare le differenze più clamorose, la gradualità dell'inserimento di certi sapori, spezie, preparazioni deve essere costante. La raccomandazione di Gray si basa sulla saggezza popolare "Tun hand and mek fashion, traduzione: usa quello che hai per fare l'impossibile". La solita pazienza, s'il vous plaît.