Il manifesto dei Pastorets de Girona dietro le spalle, una nuvola di ricci sul colletto della camicia, il sorriso rilassato che predispone alla più sincera delle interviste e fa venire voglia di invitarla per una birra fresca, e rompere le distanze fisiche da videocall. L'umanità e l'importanza del suo ruolo vanno di pari passo: in qualità di direttrice scientifica dell'EFSA Marta Hugas è la seconda più alta carica nell'autorità europea per la sicurezza alimentare. Passano da lei le valutazioni sulla sicurezza del cibo in tutti i suoi aspetti, dagli studi su quanti caffè bere al giorno fino alle analisi microbiologiche su prodotti finora mai contemplati come alimenti in Europa, come la recente pronuncia sulle tarme della farina, è la massima responsabile di ciò viene analizzato/spiegato nella sede di Parma. Ma l'istituzionalizzazione del potere la vive con una semplicità disarmante. "Sai che non mi ricordo se ho festeggiato quando sono stata nominata? L'ho pure chiesto a mio marito, ma non me lo ricordo proprio" ride divertita nel suo italiano venato di esuberanti ispanismi. La conversazione scivola tra le pieghe del cibo del futuro, passa per il ruolo delle donne nella scienza di oggi e domani, tocca temi personali tra figli e distanze, approda sui porti del relax e dello svago.

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Il racconto di chi è Marta Hugas comincia (e torna più volte) dal contatto con la natura. "Vengo da una famiglia di allevatori, mio padre aveva una fabbrica che produceva cibi per animali. Ero abituata agli animali a casa e a vedere i veterinari, ma mi piaceva andare a fondo alle cose, al livello molecolare e genetico". La spinta decisiva arriva nel momento di massimo apprendimento, l'adolescenza: "Al liceo ho avuto un'insegnante che è stata per me molto rivelante. Mi ha fatto appassionare a quello che spiegava: la genetica, la biologia molecolare, le cellule e gli organismi cellulari, come funzionava il DNA. Mi ha colpito molto il mondo dei microrganismi come virus, batteri e funghi, quelli buoni che trasformano gli alimenti come il latte in formaggio o la carne in salume. Volevo andare in fondo a questo. Non sapevo cosa avrei fatto di lavoro, però di sicuro non l'insegnante. Intanto studio questo, poi vedremo, mi dicevo. Ho 5 fratelli maggiori, tutti maschi: studiavano da ingegnere, matematica, fisica. Ma mi piaceva più la biologia, capire l'origine della vita. E non mi sono mai pentita". Dalla laurea in scienze biologiche alla massima carica scientifica dell'European Food Safety Authority, il percorso è stato ricco e specializzato: un master in genetica e biotecnologie microbiche, un dottorato in microbiologia alimentare, periodi di studio negli USA, in Germania e in Italia dove ha perfezionato le lingue, una parentesi all'Istituto di ricerca e tecnologia agroalimentare (IRTA) di Barcellona, l'insegnamento (nonostante tutto) presso l'Università di Barcellona.

Ma il percorso per arrivare all'EFSA contempla anche un pizzico di umanesimo: "Le lingue sono sempre state un modo per comunicare fuori dal mio cerchio. Lavorare con persone dell'Europa, in altre lingue, è stato sempre molto attrattivo per me. Facevo già progetti di ricerca con la direzione generale di ricerca della Commissione Europea: mi ha aperto un mondo, vedevo persone che lavoravano per l'Europa. Il fatto di poter costruire l'Unione Europea era un'idea interessante" ricorda, facendosi subito seria. "A fine anni 90 ci sono stati tanti scandali alimentari, come la mucca pazza. Poter andare all'EFSA, che era innovativa e provava ad andare avanti con la sicurezza dei consumatori, era molto piacevole come idea" prosegue Marta Hugas. "Ne ho parlato in famiglia, con mio marito e i miei figli che erano adolescenti, avevano 14 e 17 anni, e ho deciso di andare. Era il 2003, a Bruxelles (EFSA si è trasferita nel 2005 a Parma, nda). Sono stata una privilegiata, lo riconosco: non ho dovuto lasciare il lavoro nel centro di ricerca dove stavo, ero distaccata ma potevo tornare se necessario, e questo mi dava sicurezza. Sono partita pensando "qualche anno", e invece è stato un percorso lungo" sorride. Diciotto anni quest'anno, per la precisione.

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Il pendolarismo degli affetti, il supporto lieve di un gruppo Whatsapp di viaggiatori del finesettimana come lei, italiani con la famiglia in Spagna per scambiarsi info sui voli e tenersi compagnia, e una gestione familiare da prendere a modello di management. "Mio marito ha sempre vissuto la mia carriera in modo positivo. A casa io e lui siamo uguali: lui poteva stirare, cucinare, curare i figli come facevo io, gli piaceva tantissimo anche giocare con loro. Questo è stato un fattore importante per partire, perché i figli non li lasciavo. Abbiamo deciso che sarei tornata ogni fine settimana: il venerdì andavo a Bergamo, prendevo l'aereo per Girona, stavo il weekend con la mia famiglia e rientravo il lunedì mattina a Parma" racconta la dottoressa Hugas. Quella d'origine ci ha messo un po' ad accettare le scelte di carriera: "Mia madre mi diceva di trovarmi un lavoro per stare con la famiglia, tipo l'insegnante al liceo per avere tante vacanze. Ma io avevo visto i miei fratelli che studiavano fuori, a Madrid o altri posti. Ho lottato per essere come loro, per fare carriera e tutto. Alla fine mi sono sentita sostenuta, certo. Sono stati i miei fratelli i più perplessi quando sono andata a lavorare fuori. Ma la mia relazione con mio marito era solida e ha resistito, anzi: siamo tornati pure un po' indietro, come fidanzati che si vedono il weekend" ride divertita. Nonostante la macchina perfetta di incastri e incontri a calendario, qualche osservazione sul ménage familiare c'è stata: "Una volta sono andata al liceo, a una riunione con l'insegnante di mio figlio piccolo, e mi ha detto "Che strano, hai abbandonato i tuoi figli ma loro parlano bene di te". Io le ho risposto che non li avevo abbandonati, la prova era che ero lì a parlare con lei".

I miei figli non hanno mai sentito nessuna mancanza. Per loro è stato un orgoglio avere una mamma che faceva carriera.

Da donna e scienziata in Spagna, il pregiudizio c'è stato eccome: "Come altre colleghe, ho dovuto dimostrare molto di più rispetto ai colleghi maschi per avere un posto e fare un lavoro che fosse riconosciuto. Dopo la dittatura di Franco, a volte capitavano battute, dai professori universitari o nei convegni scientifici, e bisognava tacere. Discriminazione diretta forse no, per fortuna" specifica, riconoscendo che la situazione oggi sta migliorando ovunque. "È importante essere sicure di ciò che si offre: devi essere convinta di te stessa, di ciò che fai, e di ciò che porti avanti. Devi dare esempio ai colleghi e fare da riferimento alle persone nuove, dare una mano. In Unione Europea si lavora molto per non discriminare per genere, per orientamento sessuale, lo sforzo è l'uguaglianza". Non lesina i consigli alle future scienziate, non nasconde l'orgoglio per le ragazze che sempre più scelgono percorsi in materie STEM: "Siate forti e provate a seguire i vostri sogni. Non lasciate la vita privata, non vi annullate. Si può avere un ruolo professionale quando tutti danno una mano. Trovate persone vicine, che vi ascoltino: stamani ascoltavo un podcast di Michelle Obama e diceva proprio questo, che era stata aiutata tantissimo da una persona come mentore per consigli e aiuti".

Il lavoro non è tutto. La parte personale è quello che ti resta dopo il lavoro, ed è la priorità.

Famiglia, affetti, se stessa. Evasioni felici: "Mi piace tantissimo il mare, nuotare, non mi stanco mai di andarci. Poi camminare, lo sport e le passeggiate all'aria aperta". Relax? I libri, gialli italiani in particolare, comprati nelle librerie di Parma. "In Italia ho scoperto un mondo nuovo con tanti autori che non conoscevo, e anche per imparare l'italiano era utilissimo. Ho fatto qualche errore, però: ho iniziato a leggere Camilleri appena arrivata in Italia, e non capivo niente... Leggere è stata sempre la mia passione, anche in doccia col sapone addosso devo sapere che succede". Tra i consigli di lettura: Manzini, Malvaldi, Simoni e naturalmente l'eterno Camilleri. L'approccio gourmand alla sua materia primaria di studio che sembra evocare proprio il celebre commissario siciliano: "Mi piace tantissimo il pesce, ma anche le verdure. I piselli, le fave, le verdure di stagione come i carciofi... In Italia siete molto bravi, avete molta varietà di verdure anche antiche, le erbe amare come la catalogna, le puntarelle, tutte queste mi piacciono molto. E mi mancano tanto, non vedo l'ora di tornare in Italia per mangiarle..." Assist perfetto per approfondire il tema del cibo di domani al di là delle tendenze food: cosa mangeremo in futuro? "Dovremo alimentare molte più persone e le risorse sono limitate: dobbiamo crescere con processi innovativi, non con più acqua o terreno" spiega Hugas. "Nei paesi mediterranei c'è già una dieta ottima per la salute, e non cambierà tanto, i cibi saranno prodotti in modo più sostenibile. Cambieranno forse le fonti di proteine: gli allevamenti animali hanno un impatto ambientale forte che dovrà cambiare. Mangeremo più frutta e legumi, che erano già parte della dieta dei nostri nonni, e proteine di fonti nuove, come gli insetti o le alghe marine, prodotti di vera innovazione tecnologica che verranno dal mare. Dovremo stare attenti con la pesca, investire in acquacoltura. Credo non sia tanto cosa mangeremo, quanto cosa non mangeremo in futuro: smetteremo con le bevande zuccherate e gli alimenti ultraprocessati che non si sa cosa siano, pieni di grassi e zuccheri. Dobbiamo soprattutto cambiare l'approccio verso i prodotti, più vicini a casa, sostenibili e consapevoli".