C'è chi dice che il Cucciolone Algida, nato Eldorado, sia un alimento così quintessenzialmente estivo che, se avvicini l'orecchio a uno dei suoi biscotti, puoi sentire il rumore del mare. All'apparenza, infatti, un Cucciolone somiglia a qualunque altra declinazione del biscotto gelato o della conchiglia bivalve (l'archetipo naturale da cui il primo deriva). Che l'oggetto dell'azione di contenimento siano tre abbondanti palline di crema gelata o una singola vongola verace, il format non cambia. Due superfici rigide e identiche, combaciando, provano a fermare nel tempo e nello spazio qualcosa di profondamente diverso da esse: cedevole, bisognoso di protezione e, se non inafferrabile, perlomeno deciso a non farsi catturare.

C'è qualcosa al mondo di preferibile a un biscotto o a un panino?

L'invenzione del biscotto o panino gelato rispondeva a una semplice domanda, fortemente retorica: C'è qualcosa al mondo di preferibile a un biscotto o a un panino? Ma, a guardare meglio, tra le lastre al malto che costituiscono il guscio di un Cucciolone è racchiuso molto più che del semplice latte pastorizzato. Qualcosa di più imprendibile del gelato e più vischioso di qualunque mollusco; fatto della stessa sostanza dell'alternanza tra fanciullezza e maturità.

Si ha un bello snocciolare le informazioni nutrizionali riportate sull'incarto di un Cucciolone, o confrontarle con quelle di competitor di altri segmenti della gelateria confezionata, di maggior peso specifico, quali il Magnum o il Maxibon. Prodotti come il Cucciolone costituiscono un gruppo di alimenti a sé: Ricordi e Derivati. Nella piramide alimentare della memoria gli apporti calorici sono notoriamente tutti sballati.

In principio fu il Camillino, pallido ice cream sandwich con crema alla sola vaniglia e biscotto timidamente trapuntato, non dissimile dal piumino Husky di uno zio un po' bislacco, uno di quelli che non ci prova nemmeno a seguire le mode. Per diversi anni Camillino e Cucciolone, diminutivo e accrescitivo dello stesso gelato, vivono l'uno accanto all'altro nei tabelloni Eldorado. Finché, qualche anno dopo il passaggio all'Algida, non resta che il Cucciolone, il cui successo evoluzionistico è misurato quantitativamente. Nessuno avrebbe mai pensato di tenere traccia del numero di morsi necessari a consumare un Camillino. L’invenzione del Cucciolone è un momento spartiacque. Le dimensioni, da allora in avanti, avrebbero iniziato a contare. Anzi, sarebbero state perseguite a tutti i costi e in tutti i campi, con conseguenze devastanti sul lungo termine, come ad esempio i SUV o l'età adulta. Il Cucciolone è un simbolo eccezionale della crescita biologica ed esistenziale dei suoi consumatori più affezionati perché sancisce, fin dal suo nome, il momento in cui cessano di accontentarsi di quello che sono e cominciano a perseguire un ideale di grandezza, più o meno vanagloriosa. Non a caso gli slogan dedicati al Cucciolone erano tutti incentrati sulla corsa al sovradimensionamento e all’esagerazione. Alcuni lanciavano sulla sfida – del tutto pretestuosa – a consumarlo per intero, come se i loro pubblicitari non avessero mai fatto i conti con l’appetito medio di un tipo da spiaggia in età da calcetto e in epoca pre-GameBoy.

Nel 1993 era il maschio alfa dei biscotti gelato

Nel 1993 il Cucciolone è ormai universalmente conosciuto come il maschio alfa dei biscotti gelato. Lo spot televisivo più memorabile a esso dedicato è quello che tutti ricorderanno per il grido di battaglia Dieci morsi, dieci! Ne era protagonista un ragazzino il cui fratello maggiore, prendendosi gioco di lui, gli instillava dubbi sulla sua effettiva apertura boccale, giudicandola incapace di completare il rito di passaggio della consumazione di un Cucciolone intero (stimata in almeno 10 bocconi). In verità, molti fratelli minori dovevano fare molta attenzione per non finire un Cucciolone già in 6 o 7 morsi, e misurarsi sulla numerologia decimale finiva per essere più una garanzia di far durare il gelato il più a lungo possibile, che un'effettiva prova di coraggio. Ma non importava, perché se la pubblicità o un fratello maggiore sosteneva che il Cucciolone fosse enorme, questo diventava automaticamente più grande di un'intera Viennetta. La grandeur viveva, naturalmente, anche nell'irraggiungibile ampiezza delle fauci di Eldo Leo, la mascotte leonina disegnata da Giorgio Cavazzano da un'idea di Silver, le cui storiche vignette umoristiche, impresse sui biscotti, erano concepite, com'è noto, per non fare ridere. Ma tu non lo sapevi e le leggevi lo stesso. Appena cominciavi a capire che non facevano ridere, voleva dire che eri già in età da Cornetto. Era un sistema perfetto.

La mitica criniera di Eldo Leo si confonde, nei ricordi, con quella dell'energumeno che deteneva il record della spiaggia a Street Fighter II. La struttura del Cucciolone, del resto, era progettata per una vita movimentata. La robustezza della sua impugnatura in malto lo configurava come la versione action di un gelato, in grado di essere trasportata facilmente mentre si camminava o si fuggiva, senza orari, senza limiti, valicando in corsa i limiti logistici imposti, ad esempio, dai gelati su stecco. I quali dovevano pur essere gettati in un cestino, quando non erano utilizzati, prima, per scopi come manomettere la gettoniera di un biliardino o fungere da pali della porta di un Subbuteo per biglie. Una vita intensa e pericolosa, vissuta lontano dagli sguardi dei genitori e dei bambini di altra Weltanschauung, seduti alla sdraio con Coppa Rica e cucchiaino, pronti ad accettare, in cambio di una maggiore scelta di gusti (e, spesso, una migliore qualità organolettica), il loro relativo immobilismo.

Descrivere la forma di un Cucciolone è anche fare l'esegesi della sua sostanza. I suoi colori – bianco, marrone e giallo – costituiscono di fatto la bandiera dell'estate, se l’estate fosse uno Stato indipendente dal tempo, fondata sullo zabaione (il sole), la vaniglia (la schiuma delle onde) e il cioccolato (la sabbia?). Oggi viene prodotto anche un Cucciolone tricolore, più strettamente nazionalistico (pistacchio, vaniglia e fragola), ma viene sbandierato con meno orgoglio di quello che si usava trent'anni fa per il Cucciolone classico, la cui palette era spesso riportata sulle magliette o tatuata sulla pelle dei suoi partigiani, una volta che, puntualmente, ci si sbrodolavano; forse un po' nervosi per l'imminente confronto con la mamma, eppure fieri di quel sacrificio per la Patria. In quella trifecta cromatica il bianco della vaniglia incarna la tenerezza della condizione infantile di partenza. D'altro canto, il giallo dello zabaione simboleggia le prime necessità della vita emancipata. Il cioccolato, sempre nel mezzo, è la parte più stretta e decisiva di una clessidra semifredda che scandisce il tempo, in un senso o nell'altro, secondo dell'età anagrafica o morale in cui mordiamo il biscotto.

Il Cucciolone altro non è che un ricordo conservato a -18 gradi.



Una madeleine ugualmente evocatrice di reminiscenze, ma con l'evidente vantaggio competitivo di essere congelata. Appena comincia a squagliarsi, affiorano le prime immagini e i primi suoni. Si intravedono le strisce pendant dei lettini e degli ombrelloni. Ricominciano a tintinnare i resti in valute obsolete, ma dal potere d'acquisto di fatto illimitato, allora, per un decenne o giù di lì. Riappaiono le locandine a forma di grande ghiacciolo che erano le pale d’altare degli stabilimenti balneari, barista che faceva da sacerdote e i bagnìni da tanti chierichetti nerboruti, mentre seguivamo con lo sguardo le loro mani fin dentro il tabernacolo refrigerato da dove estraevano, con aria di immensa importanza, i Cuccioloni. Sembrerà impossibile che la vastità del mare possa essere tutta compresa tra un chiosco e una fila di cabine. Ma è così che funzionano i ricordi, quando si sistemano nella mente. Proprio come si inscatolava – e si inscatola ancora – un Cucciolone.

Come per tutte le cose davvero belle della vita, col passare degli anni, sono arrivate numerose varianti non richieste del Cucciolone. C'è il Cucciolone alcolico e di lusso: sei dollari l'uno, da Pearl & Ash, a NOLITA, dove la leggenda vuole che nacque il primo ice cream sandwich della storia, a cavallo tra Ottocento e Novecento. È un gelato al Campari, vermouth e ginepro, tripartito come il Cucciolone ma è praticamente un Negroni sbagliatissimo. C'è il Cucciolone fuor di metafora, prodotto per dei cuccioli reali da Pedigree Pal. E c'è il paradosso del Cucciolone Mini, che si consuma per motivi dietetici e che nessun ragazzino augurerebbe al suo peggior rivale a racchettoni. Rappresenta perfettamente la vanità di ogni tentativo, una volta diventati davvero grandi, di tornare indietro.

Il target originale del Cucciolone erano dei bambini che volevano crescere prima del dovuto.

Molti di quelli che comprano un Cucciolone oggi, ormai nel formato famiglia da sei gelati, sono adulti che desiderano tornare piccoli, fuori tempo massimo. Così, per quanto il mercato si possa sforzare di innovare e variarne le formule, il quarto gusto del Cucciolone siamo sempre o noi che vogliamo crescere o noi che vogliamo smettere di farlo. L'elemento più straziante della Pietà di Michelangelo è che Cristo – grande e grosso eppure deposto come un neonato sul grembo di Maria – è una materializzazione in marmo del suo destino. Lo stesso Cucciolone che per molti, oggi, è semplicemente un flashback, un tempo, tra le mani di un bimbo, era molto di più: era la prefigurazione della sua crescita. Ogni Cucciolone è un quadro dipinto a memoria della nostra infanzia spiaggiata. Lo ritrovi dopo anni e ti sembra rimpicciolito (in effetti ci sono i maligni che sostengono che il gelato si sia davvero assottigliato). Ma sono le tue mani a essersi ingigantite: sono diventate quelle, mastodontiche, di un adulto. Lungi dall'essere, per questo, impietoso, il Cucciolone va accettato e assaporato non solo per quello che è, ma anche per quello che rappresenta: la proiezione della nostra esistenza in un'altra dimensione.