A Parigi dalla sua Campania natale, il borgo di San Valentino Torio ai piedi del Vesuvio, Samanta Vergati dice esserci arrivata un po’ per caso, “par hasard” dice in francese, e soprattutto di non avere previsto di fermarsi. A farla restare nella Ville Lumière, la voglia di dare vita ad un suo “progetto professionale”. Un progetto che matura “poco a poco”, con la sola certezza di volere riunire le sue competenze da “economista e la coscienza dell’impatto dell’alimentazione sull’ambiente e sulla società” ma anche la sua passione per la cucina, “con mia nonna ho sempre cucinato” – ci tiene subito a precisare. È così che nel 2016 nasce Altrimenti, un’associazione che agisce contro lo spreco alimentare proponendo degli atelier no waste, lavorando specificamente con gli “invenduti, i declassati”, principalmente “frutta e verdura”. Perché lo spreco, Samanta se ne accorge presto, si posizione alla base della catena di produzione alimentare, “un terzo della produzione si butta”, sottolinea. E i prodotti freschi sono quelli più cestinati. “Si comincia a livello dei produttori, il gradino più basso, dove si fa una cernita rispetto alla calibratura [della frutta e verdura, ndr]. Se la pesca, o la carota, non è calibrata non viene allora acquistata dal supermercato [e viene buttata, ndr]”. Uno spreco, questo, che scaturisce anche da cattive abitudini di consumo, “siamo stati abituati a vedere sugli scaffali dei prodotti belli, lucidi: come la mela tutta rotonda, perfetta. Ma la realtà è un’altra. Una mela così lucida ha subito in precedenza una grossa selezione” conclude.

Un terzo della produzione si butta

Ed è qui che interviene Altrimenti: “recuperiamo gli invenduti, frutta e verdura e gli diamo una seconda vita”, educando anche a valorizzare la totalità del prodotto. Immaginando, ad esempio, delle ricette con i bianchi del porro o i ciuffi delle carote. A questo progetto associativo, che attraverso numerosi atelier si fa portavoce dello zero-waste alimentare, si è aggiunta una nuovissima parte socio-imprenditoriale. Siamo nel 2019 e Samanta decide di spingere Altrimenti più lontano per “agire sul sistema di produzione stesso”: dà vita allora ad Altripasti, una conserveria che commercializza pesti e giardiniere a base esclusivamente di verdure invendute. In un circolo solidale, a fabbricare le conserve, ci sono delle donne in reinserimento professionale, a cui s’insegna un mestiere per permetterle di accedere ad una preziosa indipendenza economica. “Tutti i benefici di Altripasti - specifica subito - sono rinvestiti per creare più lavoro: io vi sono una semplice dipendente”.

Recuperiamo gli invenduti, frutta e verdura e gli diamo una seconda vita

Una seconda vita per i prodotti, quindi, ma anche, si spera, una seconda vita per le impiegate. In effetti, Altripasti lavora congiuntamente con la Maison des femmes à Saint Denis, un centro che accoglie donne in difficoltà o vittime di violenza, impiegando alcune di loro su percorsi di 2 anni, formandole a delle competenze e permettendole di guadagnare un salario per vivere. “Per me è stata una scelta naturale lavorare con le donne – ci spiega - ho sempre notato lo scarto di genere e sono convinta che vi siano ancora diversi diritti da acquisire. Per le donne in situazione di difficoltà questo scarto è oltremodo visibile e tangibile. E per loro, ma in generale di qualsiasi essere umano, acquisire un’indipendenza economica è la conditio sine qua non per l’autonomia e la libertà”. Ma Altripasti evoca anche la possibilità “che si può fare in un 'altro' modo: delle conserve con gli invenduti, con un label bio per la qualità, e creando delle opportunità lavorative”. Un modello virtuoso, che avrebbe vocazione a duplicarsi. “Ci sono un po’ di cose in pentola – ammette Samanta - non so se concretizzeranno, ma vedremo!”. E per il momento non ci è dato saperne di più.

La maison de l’Alimentation et de l’anti-gaspi: 56, boulevard Serurier, 75019 Parigi.