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Il grand tour dei vini rossi italiani è l'eredità di grandi e piccoli agricoltori

Dalle Dolomiti alle Eolie, passando per la Toscana e il Piemonte, il vin rouge è naturale, familiare, secolare.

Di Ilaria Introzzi
vino rossopinterest
Getty//Getty Images

Individuare con precisone la nascita del vino, quindi la scoperta, è facilissimo. Specialmente per quanto riguarda quello rosso. Il motivo è semplice: viene alla luce con l’umanità stessa. Poeticamente, con la creazione del mondo. Dati alla mano, pare infatti che il suo sviluppo sia rintracciabile già in epoca preistorica. E in tutto il mondo. Dalla Cina all’Iran attraverso la Grecia e quindi l’Italia. In particolare in Sicilia, da cui poi raggiunge la penisola, una volta che i mezzi di trasporto dell’epoca, aka navi in legno poco stabili, vengono costruiti. Il vino rosso fluisce anche nel mito. Del resto è una bevanda mitica. Lo si trova nella letteratura latina e greca, sotto forma di divinità - Bacco e Dioniso - e di veri e propri trattati filosofici, come il Simposio platonico, o nelle tragedie dove diventa vero e proprio sottofondo di versi e vicende morali. Le Baccanti di Euripide è un capolavoro. E così il nettare degli dei entra nelle tavole di imperatori, tiranni e gente comune, giorno e sera. Provocando ilarità e dolcezze d’intenti. Il vino rosso (così come rosé, bianco e poi orange) arriva quindi ai giorni nostri, grazie all’evoluzione delle tecniche di coltivazione, dando lavoro a centinaia e poi migliaia di persone. Diventa quindi un’industria nella quale spiccano nomi simbolo. Cantine e aziende agricole rappresentative e testimoni di un mondo antico le quali guidano un settore in cui la nicchia, l’enologia indipendente, spesso orientata alla realizzazione di vini naturali, trova il suo spazio e lo domina incontrastata. Scopriamola, allora, in sette bottiglie, storie (e rossi) tanto contemporanee quanto rispettose della leggendaria epopea del vino italiano migliore.

1

La barbera del nonno

vino rosso
Asotom

Tommaso Gallina fonda Asotom da autodidatta. Pare ami definirsi "coltivatore di sogni". Che poi diventano realtà e vini realizzati con cura maniacale, eliminando, in ogni fase, l'ausilio di qualsiasi prodotto chimico. Nel Monferrato (AL), produce rossi e bianchi da vigneti a cui dà nomi propri di donne. Come Claudia e Naomi. I 4 ettari vengono lavorati con zappa, secchiello, forbicioni e dei semplici vasi vinari. Questi strumenti danno vita a, tra gli altri, un vino recuperato: Smentià. "In dialetto piemontese significa “dimenticato”." Spiega Gallina. "Questo vino esprime la mia idea di usare delle moderne tecniche di cantina per produrre il “vino del nonno”, ovvero una tipologia di vino divenuta inusuale, dimenticata appunto. Il vino del nonno è un vino che non ha bisogno di chimica né di sofisticazioni". Quando si ha la prima vinificazione? "Nel 2009", racconta, dalle uve di barbera di una vigna dimenticata che Tommaso ha recuperato.

Info su asotom.it

2

Dolce rosso

vino rosso
Cascina Albano

Rimaniamo in Piemonte, ma ci spostiamo nel cuore delle Langhe, sulle colline di Barbaresco. Lì da tre generazioni sorge Cascina Albano, guidata con cura estrema dalla famiglia Vacca e da due principi: "Il rispetto per la natura e il voler trasmettere con i nostri prodotti passione ed emozioni genuine". Il territorio, così come le uve e i vini rispondo quindi a questo gentile imperativo. In particolare il Dolcetto D'Alba, vino autoctono, il cui nome deriva dalla bassa acidità e dall’elevata dolcezza dell’uva matura. "Storicamente", spiegano dall'azienda, il Dolcetto era la merce di scambio con la Liguria: dalla regione costiera ci si approvvigionava di olio, sale e acciughe, ingredienti base di uno dei piatti più famosi del Basso Piemonte, la Bagna Caoda". Le uve, raccolte e selezionate a mano, danno vita a un nettare "versatile, adatto alla quotidianità, ai pranzi all’aperto e alle feste senza pensieri".

Info su cascina-albano.com

3

Alla scoperta del Carmènére

vino rosso
Ca' Del Bosco

Ca' del Bosco è un'azienda agricola lombarda tra le più conosciute in Italia. Lo stesso vale per i loro vini, specialmente spumanti. Cercando tra le pregiate proposte è possibile però scovare delle chicche, così come vitigni sconosciuti ai più. Come il Carmènére, a cui la realtà dedica un rosso molto importante: il Carmenero. Il vitigno è originario del bordolese e per lungo tempo viene confuso con il Cabernet franc. Pur avendo dei tratti organolettici in comune, il primo assai diverso: molto più intenso e speziato. Ca' del Bosco nel 1996 chiede alla Facoltà di Agraria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza di svelarne "l'esistenza, l'origine e l'identità". Il Carmenero si contraddistingue per il colore molto intenso e cupo, per quel suo aroma appunto potente e speziato, per il gusto pieno, ricco e originale.

Info su cadelbosco.com

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4

Il rosso delle Dolomiti

vino rosso
Foradori

Viene prodotto là dove l'Unesco ha deciso nel 2006 di attribuire loro la sigla di "Patrimonio dell'Umanità". Le Dolomiti, quelle montagne alte, fiere e misteriose, accolgono su altezze importanti vigneti noti solitamente per dare vita a vini bianchi. Ma non sempre è così. Una delle più importanti aziende agricole, Foradori, lo sa bene. Situata a Mezzolombardo (TN), produce, tra i diversi vini, anche un rosso che è la stella di rubino: il Foradori. Esattamente, il vino porta il nome del suo creatore. Si tratta di un Teroldego ottenuto dall’assemblaggio delle uve di alcune micro zone situate una piccola pianura denominata Campo Rotaliano, caratterizzate da terreni prevalentemente sabbiosi e con diversi requisiti qualitativi. Fruttato e floreale, con sentori di fiori rossi, violette, spezie e frutti di bosco. Un bouquet perfetto. P.S. L'enologo è una donna: Elisabetta Foradori.

Info su agricolaforadori.com

5

Basta solo dire Sangiovese

vino rosso
Le Verzure

Antonella Villa, assieme ai suoi fidati collaboratori e famigliari, guida l'azienda agricola Le Verzure, a Murlo (SI). Nell'assolata Toscana, produce dal 2000 su un territorio modellato dalla cultura viticola fin dall’epoca etrusca. L'area di realizzazione, la quale comprende 43 ettari di bosco, seminativo, uliveto e vigneto, è certificata biologica dal 2015. A proposito di vini, tra i più noti e importanti c'è IlBruno, Sangiovese grosso con fermentazione naturale in botti di legno di rovere da 50 hl, per 12 mesi, trasferito in botti di rovere da 25 hl per 24 mesi. Raggiunto un buon grado di affinamento viene imbottigliato senza filtrarlo. A quali pietanze abbinarlo? Da Le Verzure suggeriscono "piatti a base di selvaggina, carne alla brace e formaggi di lunga stagionatura.". 14 gradi di pura emozione.

Info su leverzure.it

6

Il quasi ventenne sardo

vino rosso
Olianas

Il 2002 è l'anno in cui Olianas impianta il vigneto che dà origine a Perdixi, uno dei vini rossi dell'azienda agricola che sorge nel cuore del Sarcidano, tra Campidano, Marmilla e Barbagia. È il cuore dell’isola più autentica, quella Sardegna con una forte vocazione viticola, agricola e pastorale, dai paesaggi sconfinati che si rincorrono in quinte colorate. I vitigni vedono protagonista il Bovale al 75%, a cui poi, per bilanciare, viene aggiunto il Carignano. Ed è grazie a questa unione che al naso il vino rosso rimanda a note di frutti neri sotto spirito combinati con una speziatura che ricorda liquirizia e bacca di vaniglia e una elegante balsamicità. Il plus? Una buona vena acida. Può essere lasciato invecchiare per 8-10 anni. Consiglio: in estate serviamolo a una temperatura di 16 gradi.

Info su olianas.it

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7

Lipari omaggia l'Etna

vino rosso
Tenuta di Casellaro

Tenuta di Castellaro è una realtà vinicola nel cuore di Lipari, una tra le isole più note delle Eolie. Sorge sulla Piana di Castellaro, dove si trova la maggior parte dei vigneti e dove sorge la tenuta stessa, il cui linguaggio esprime una viticoltura legata alla storia e alla tradizione. Ed è un omaggio al territorio e a un vino tipico siciliano che l'azienda dedica uno dei suoi rossi: l'Etna, denominato L'Ottava isola. Esattamente, perché al fine di dare vita a questo vino, la tenuta si rifà ai vigneti presenti sul grande vulcano siciliano, a un'altezza di 750 metri sul livello del mare, sul versante nord. Affinato almeno 4 mesi in bottiglia, è il risultato dei giochi perfetti della natura la quale, sull'Etna, regala estati tiepidi e inverni nevosi. Il risultato è un nettare al palato equilibrato e all'olfatto con note eccezionali di tabacco. Osiamolo con ricchi piatti di pesce, per un uso alternativo.

Info su tenutadicastellaro.it

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