Duemila suoni da 73 paesi. Un mappa globale con ricordi sonori e souvenir uditivi, rumori dal sottosuolo, chiacchiericci da luoghi simbolo dei trasporti pubblici come la metropolitana di Londra, sussurri da chiese e templi, campane, canzoni di feste e slogan di proteste, persino tracce dalle prigioni. Il progetto Cities and Memory, nato nel 2014 su idea del musicista inglese Stuart Fowkes di Oxford, è un’immersione musicale - e virtualmente live - nella vita quotidiana delle città.
Com’è nata l’idea e perché questo nome? Da sound artist avevo collezionato suoni per anni. Nel 2014 ho deciso di condividerli sulla rete e di chiedere a tutti
di collaborare: fino a oggi hanno mandato registrazioni oltre 400 persone. Il nome l’ho preso dal romanzo di Italo Calvino Le città invisibili, da quei dialoghi tra Marco Polo e l’imperatore dei tartari, Kublai Khan, sulle città del suo impero. La parte “Cities” riguarda i suoni originali mentre “Memory” sono quelli remixati: si possono perdere ore ad ascoltarli, è quasi un giro del mondo.
Una parte del progetto riguarda “Proteste e politica”? Sì, ed è una parte consistente: i suoni delle proteste giocano un ruolo fondamentale nelle nostre società. Sul sito ci sono quelli statunitensi, oggi soprattutto contro Trump, quelli di piazza Taksim a Istanbul e le proteste durante le elezioni a Phnom Penh. E ce ne sono tanti registrati anche nelle piazze di Milano e in quella di Montecitorio a Roma.
La città dei “record sonori”? Ogni città ha un suo suono di riferimento, ma il record spetta a Venezia, che considero in assoluto la città più musicale al mondo.