Ci sono Scilla e Cariddi, colei che dilania colei che risucchia che dominano lo Stretto. C’è fata Morgana che inganna i viaggiatori per proteggere suo fratello Artù. C’è un ragazzo metà uomo e metà pesce, Colapesce, che adesso regge una delle colonne che sostengono la Sicilia. Ci sono tutte le storie da conoscere, quelle che fanno parte del passato e raccontano di noi in Omero è stato qui (Bompiani), il nuovo libro di Nadia Terranova. E soprattutto c'è e traspare da ogni riga - dalla prefazione in cui si parla di gelati al pistacchio, luoghi da chiamare casa e nonne che raccontano storie che incantano come riti antichi - l'infinito amore dell'autrice per la sua terra e per le parole, la narrazioni, che fanno di noi quelli che siamo.

Partiamo dall'inizio, com’è nato questo libro? Avevo finito di scrivere Addio fantasmi, il mio ultimo romanzo (uno dei 12 libri candidati al Premio Strega, ndr) nel quale lo Stretto ha un ruolo importantissimo, è lui stesso personaggio, come personaggio è la città di Messina. In quelle pagine erano affiorati i miti e le leggende di questo angolo di mondo in cui sono nata, e mi erano rimasti impigliati tra le dita. Quindi mi sono rimessa a scrivere quasi subito, e tutto è venuto molto naturale.

A cosa servono le storie? E perché raccontare queste? Miti, leggende, storie ancestrali: tutto nasce da lì. I sogni sono la cosa più simile a loro che abbiamo, e infatti da bambina lessi L'interpretazione dei sogni di Freud come fosse un libro di fiabe. Con i loro orrori, amori, con le loro avventure e le loro iperboli servono a capire la realtà quando ci sembra contraddittoria e intollerabile.

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Vanna Vinci, © Bompiani 2019

Quella che ti ricordi di più di quando eri piccola? O che hai amato di più? La voce di mia nonna che racconta Cola Pesce mi commuove, è intatta dentro di me. Inoltre la prima volta che ho preso coscienza della mia finitezza, della mia piccola statura di bambina è stata quando mio zio mi ha fatto toccare il piede della statua della gigantessa Mata, prendendomi sulle sue spalle. E Dina e Clarenza che difendono la città sono state le mie prime eroine femministe. È difficile scegliere, quelle storie le amo tutte.

Quella che tutti dovrebbero conoscere? Scilla e Cariddi, la loro vita da ninfe prima ancora che da mostri.

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Vanna Vinci, © Bompiani 2019

Di Omero non sappiamo quasi niente, ma secondo te, è stato qui. Da dove viene questa certezza? Il dodicesimo canto dell'Odissea è preciso come un quadro. La descrizione del mare dello Stretto è perfetta, perfetta.

E chi altro c’è stato? Annibale e il nocchiero Peloro, gli Argonauti, Ulisse, Ndria Cambria protagonista di Horcynus Orca... È un mare molto frequentato dalla letteratura.


Ma davvero come scrivi le storie non si leggono mai solo una volta? E tu quale hai riletto di più? Ci sono libri che ho letto cento volte. L'Odissea, o I Promessi sposi, o Argo il cieco di Bufalino, o Le bustine di Minerva di Eco... Proprio Umberto Eco scrisse che si può essere colti leggendo molti libri o leggendo mille volte lo stesso libro. Io sono una lettrice ossessiva. Il mio professore di italiano del liceo, che era un poeta e un intellettuale, Giuseppe Cavarra, curò un libro sulle varie versioni di Cola Pesce. Lo so praticamente a memoria.

In quale vorresti vivere? Vorrei essere la ninfa Pelorias, lacustre e regale.

Mi dici tre posti da vedere in Sicilia legati a tre storie da approfindire? La fonte Aretusa, a Ortigia (Siracusa), con la sua leggenda che parla di amanti e fughe. Modica e la storia del suo cioccolato azteco, un cioccolato migrante. Comiso, per tutte le storie di persone che Bufalino racconta in Museo d'ombre.

Cosa sono per te le storie? E cosa ci perdiamo se non le raccontiamo o non ce le facciamo raccontare più? La capacità di passare da una lingua all'altra, da uno sguardo all'altro, e quindi di trovare i nostri sguardi, la nostra lingua. Per osmosi o per differenza. Senza storie siamo tutti un po' più stupidi e chiusi.