Non trovi le parole? Usa un argomento che lascerà tutti senza. Perché è l’unico su cui nessuno oserà mai dire nulla; l’unico (ritenuto) tanto soggettivo da far vacillare le accuse (e te ne faranno, oh se te ne faranno); ma soprattutto l’unico a farti più bella dentro e fuori. L’arte nobilita l’uomo e se diventa addirittura un lavoro, l’upgrade è esplosivo. Siccome a impararla ci riescono tutti, meglio limitarsi a metterla da parte: capitalizzarla e mercificarla come professionisti. È la nouvelle vague del settore “Mi annoio”, un’armata Brancaleone di gafferiste più che galleriste, cri(p)tiche, neo-figlie di un’arte molto minore che cresce come un’onda anomala a scopo di lucro intellettuale e straripa dalla cassetta della posta sotto forma di R.S.V.P., “Eventi” e “Incontri con l’artista”. Un morbo di Stendhal contagioso, di più: una droga che più di altre sostanze ti riempie la vita - di colorate ambizioni; la casa - di invitati blasé; l’agenda - di cocktail superinteressanti; la conversazione - di argomenti altrui; la colf - di superfici più complesse da spolverare. Cosa aspetti? Bastano 12 passi, come in ogni addiction che si rispetti: non per liberartene ma per diventare G. A.: Galleriste Anonime (se non sono di augurio le iniziali…).

Primo step: dai spessore al tuo biglietto da visita

Povera Maria Rossi, nel campo dell’arte non ti farai mai un nome. Anche perché sul passaporto di una G. A. ce ne vogliono almeno tre, meglio ancora quattro: doppio nome più doppio cognome, che rievochino antichi castelli, pinacoteche avite e corpose eredità. Esempi vincenti. Gaia Giada Scorza Trombetta, Lavinia Sole Serbelloni Mazzanti, Lupa Giulia Vien Dal Mare Zoppa e così via. Ne hai appena due, miserrimi e incolori? Lavora di fantasia e inventati nuove identità da snocciolare sul tuo bigliettino da visita: se vuoi diventare un’addetta ai mestieri l’etichetta deve rivelare le arti che sono in te e il gruzzolo nella tua banca.

Secondo step: diventa tu stessa un’opera d’arte

Perché darsi subito al mecenatismo quando puoi trastullarti per un po’ con tele e pennelli? Del resto: a) con tutte le inaugurazioni che ti sei sparata negli ultimi mesi ormai hai capito come funziona l’estro; b) ora che i bimbi sono al master di Economia a Losanna hai un sacco di tempo libero; c) non ti serve nulla, hai già tutto il necessaire in casa: il Das che il piccolo Lapo usava negli anni 80 all’asilo, i pennelli avanzati dal corso di découpage e i ritagli dei numeri di AD, qualora ti lanciassi addirittura nella tecnica mista. Peraltro il collage fa tanto Rotella… Era Rotella, no?

Terzo step: scegli con cura

Artisti mica ci si può improvvisare, certo che no. La buona notizia è che la preparazione perduta si colma tagliando i tempi e ottimizzandoli nella produzione di nicchia. Specializzati sul monotema e seleziona accuratamente il tuo soggetto (meglio se insospettabile e/o enigmatico) perché oltre a essere la tua fonte di ispirazione avrà il compito di portare in giro per il mondo il tuo talento. La cattiva è che due tra le muse più suggestive sono già state opzionate e immortalate ad aeternum: la vagina e il sale grosso. Alla prima sono dedicate le raffinate sculture della figlia di un importante pr di un’importantissima casa automobilistica italiana, al secondo (ma forse anche al fino) è intitolata una fondazione ad opera della Salt Queen dei due mondi, interprete della salsedine oggi divisa tra esposizioni a Milano e New York. Non tutto è perduto: nessun artista finora si è mai dedicato a rappresentare le doppie punte, i reggiseni col ferretto, i calcoli renali e le pinze da tavola per lumache. Sbizzarrisciti.

Quarto step: già stanca? Riposati in galleria

Ok, di impiastricciarti le unghie ne hai già le tasche piene, ti sei stancata di indossare sempre quel basco sulle ventitré e poi, diciamolo, non è che là fuori ci sia proprio la fila per accaparrarsi la tua prima personale. Vendetta. Non resta che passare alla fase due, saltando dall’altra parte della barricata: il patrocinio d’arte altrui (e poi con la tua esperienza accumulata sul campo…). Scegli innanzitutto il quartier generale per la tua valorosa missione, osando tra le location più suggestive: ex canili, ex chiese sconsacrate, ex guardiole di portinaie, loft in ex fabbriche abusive. Le gallerie aprono come funghi e la concorrenza è spietata, ma il Tuo Spazio - ne sei certa - avrà quella marcia in più.

Quinto step: sì, ma come?

C’è un accessorio inderogabilmente necessario alle G. A., ed è il marito nella finanza. Un po’ per questioni di liquidità, un po’ perché il citrullo, abituato com’è ad aprire il portafogli, non batterà ciglio a spalancarlo pur di togliersi dalle palle, a beneficio della nuova deflagrante passione del suo passerotto. Essere gallerista grazie al capitalista fa anche rima. Al proposito riportiamo uno stralcio di conversazione realmente avvenuta tra la moglie di un noto banchiere italiano e un altrettanto noto scultore: «Ma maestro, l’opera che mi ha venduto… È rotta!». Imbarazzo: «No signora, è fatta proprio così». «Umf… Sì, però... Se gliela restituisco me ne dà un’altra che sembri meno usata?».

Sesto step: oppure

Oppure, ma solo se la tua professione te lo permette, opta per il prepensionamento. Lasciare tutto per votarsi all’arte è una delle più nobili e illustri prerogative, specie se il tuo lavoro era inversamente proporzionale all’allure culturale di cui ti circonderà la tua nuova occupazione. Tra i case history di successo quello di Jonathan Zebina, dalle panchine della Juventus al cuore di Brera per promuovere esposizioni nel suo spazio nuovo di zecca. Embè, che c’è di strano? «L’arte è come un gol».

Settimo step: non perdere tempo

C’erano una volta le radical chic, fiere di una sciatteria trompe l’oeil, dimesse e un po’ attempate ambasciatrici dell’understatement. A guardarle oggi sembrano dei polverosi e vellutati cloni di Bertinotti. Le nuove G. A. dell’arte sono bellissime e soprattutto giovanissime perché cominciano presto. Specie da quando alla Bocconi si diventa dottori in Economia della Cultura. Suona da dio, non ti si riempie già la bocca? Senza contare che il corso dura solo tre anni. Così hai tutto il tempo per farti bella.

Ottavo step: mimetizzati in famiglia

L’unione familiare fa la forza e il campo artistico non fa eccezione. Muovendoti a grappoli riuscirai infatti più facilmente a confondere gli annacquati saperi. Copia la transumanza a scopi artistici di famiglie più famose (per adesso) di te: come gli Agnelli a una recente fiera d’arte contemporanea bolognese, guidati dall’ombrello tenuto alto da Lapo, o le sorelle Fendi (ma quante sono?), anima dei salotti creativi della Capitale.

Nono step: elèvati

Mischiati anche a chi credi ne sappia più di te: curatori di punta, habitué di salotti mediatici, pezzi grossi o presunti tali. Seducili, conquistali ed esibiscili a mo’ di borsetta (tanto una vera G. A. ne è priva, fa parte del look immaterialista) in più occasioni possibili: a teatro, al cinema, alla proiezione di Truffaut o Ejzenštejn, benissimo anche i luoghi non necessariamente permeati di mondanità. «Questi pomi, Duccio, non ti sembrano un Cézanne?». «Boh. Io intanto vado avanti, t’aspetto al reparto surgelati».

Decimo step: sacrifica le feste

Intendersene d’arte non è una passeggiata: mentre tutti sono fuori a godersela, ecco: tu sei lì nel tuo spaziuccio a scartabellare riviste, aggiornarti sugli artisti (per lo più, li googlizzi), rispondere alle telefonate (tre, compresa la mamma e uno che aveva sbagliato numero) e pianificare i fatidici eventi. Anzi, gli Eventi. Ma per abbellire il mondo bisogna soffrire, essere pronti a tutto, anche ad accogliere orde di artivendoli mentre tutti sono fuori a spassarsela e sbronzarsi di ombre e prosecchi. Esemplari i rave d’arte non-stop a casa del collezionista Golinelli, nel corso di una biennale veneziana: per quattro giorni le porte di casa sono rimaste sempre aperte ai clientes. Famelici.

Undicesimo step: studia la concorrenza

La gente è invidiosa e ci sarà sempre qualcuno pronto a tirarti pietre, a cercare il pelo nell’uovo perfetto del tuo curriculum. Prevenire è meglio che curare, quindi documentati per riconoscere le critiche dei nemici. Impara dagli errori altrui, la letteratura offre un sacco di spunti da cui dissociarsi: il saldatore che diventa superstar della scena artistica internazionale in Coscine di pollo di Tom Robbins o la galleria materna e disabitata dove lavora James, peter- cameroniano protagonista di Un giorno questo dolore ti sarà utile. Ritratti indecenti? Se non altro sei già un personaggio.

Dodicesimo step: dimostra quanto vali

Ce l’hai quasi fatta, ma per completare l’ambiziosa metamorfosi manca un ultimo gradino: assurgere alle mailing list dei supereventi. Il termometro della popolarità sta in una busta, stampato su un invito, preziosissimo lasciapassare avoriato per pochi eletti. Turner Prize, Quadri e Tri e Biennali, per gli Eventi Che Contano non c’è bagarino che tenga. O sei dentro o sei fuori. Ma ci sono vari gradini per “esserci”: l’invito all’opening (per dilettanti), l’invito all’opening e all’aperitivo (per mediocri), l’invito all’opening, all’aperitivo e alla cena (si comincia a ragionare) e infine il top: l’invito alla preview per la stampa, all’opening, all’aperitivo, alla cena e al dopocena. Ti rimboccano pure le coperte. Le G. A., ça va sans dire, devono puntare in alto. O sparire dalla circolazione per un po’, giusto il tempo di fare un salto alla Quinquennale d’Arte Contemporanea di Courmayeur. Come sarebbe «mai sentita»? Te la sei persa? Eh, peccato: dovrai aspettare altri cinque anni…