Qualcuno nell’universo del web ha già buttato lì la domanda. Come spiegheremo ai nostri figli la crisi? Con il consueto pragmatismo anglosassone WikiHow, enciclopedia universale del come-si-fa online, nell’elenco dei temi caldi, tra un sempiterno Come smettere di mangiarsi le unghie e l’improbabile Come guadagnare soldi senza sforzo, ha subito provveduto a stilare una nuova lista, sette pillole di saggezza per attrezzare i genitori davanti all’ultima urgenza. Preparare i baby consumer alla recessione. Per fargli capire senza traumi che nella vita, a volte, si deve cambiare. Perché la domanda successiva, quella vera, infatti è: quanto inciderà la crisi sui nostri figli?

Pantaloni cargo e sneakers, risponde un padre, come ogni pomeriggio davanti a scuola, le mani sprofondate nel cappotto in attesa di Tommaso, 6 anni. «Prima ero dirigente d’azienda», spiega. «Ora ho passato i 50 e sono disoccupato. Con quello che avevamo da parte per il momento ce la caviamo, e ai bambini non abbiamo tolto nulla. Però ogni volta che mi chiedono un’altra console mi dico che dovremmo parlare di più di ciò che ci accade intorno. E fargli capire che “basta” non è una parola shock, ma un termine da non prendere sotto gamba». Perché i bambini scelgono, sono informati e pretendono.

Scorrazzano allegramente per la rete esposti alle malie dei brand, abbagliati dalle pubblicità pop-up, sedotti dall’incredibile quantità di novità che è possibile scaricare o farsi regalare. E il “pester power”, l’assillo martellante dei piccoli consumisti su genitori sempre più stanchi di dire no, anche in tempi di vacche magre e magrissime, è ancora perno e punto d’arrivo di raffinate strategie di marketing, valide a maggior ragione quando si tratta di scongiurare il crollo dei consumi. «I rischi di manipolazione non sono diminuiti per i bambini», spiega Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, presidente della Fondazione Movimento bambino e commissario ONU per i diritti dell’infanzia. «Il potere d’acquisto è calato, ma strizzare l’occhio ai piccoli per acchiappare padri e madri è una pratica che temo continuerà a influenzarci ancora per molto». E i dati confermano.

Anche i giocattoli si comprano meno, ma il calo delle vendite non supera il 2%. A sorpresa, nella contrazione generale del mercato, il settore “tiene” e, benché di poco, la spesa mensile delle famiglie per i toys invece ha continuato a salire, dall’8,8% del 2009 al 9,7 del 2011. «La contraddizione è solo apparente», precisa Nicoletta Pannuzi, ricercatrice ISTAT. «In realtà significa che i genitori hanno ridotto le uscite: se prima spendevano 100 ora spendono 80, ma la quota che riservano al divertimento e all’immagine dei figli è rimasta invariata e sui bilanci familiari incide di più». Telefonini di ultima generazione o felpe griffate, playstation o merendine. Tutti concordano che si tratta del superfluo, eppure davanti al capriccio del ragazzino ogni resistenza crolla. E il dubbio resta, ineludibile e inquietante quanto il rosso profondo che rischia ogni fine mese il conto in banca: come raccontare a bambini e preadolescenti superaccessoriati e tecno-addicted lo spread che ci attanaglia e i sacrifici necessari per risalire la china?

«Non lasciate i vostri figli all’oscuro dei problemi di chi ha meno di loro e metteteli al corrente dei vostri piani finanziari», pontificano quelli di WikiHow. E per zittire i (da noi) viziati di casa suggeriscono un libro, Rich Dad, Poor Dad, un classico dei self-help USA, un compendio di consigli che i businessman tramandano di padre in figlio per fare fortuna. Osannato in tivù dalla potentissima Oprah Winfrey, peccato che l’autore, tal Robert Kiyosaky, sia poi naufragato in un fallimento poco onorevole.

Per assurdo però, secondo molti, il manuale può ancora servire: a insegnare ai ragazzi che il denaro non si può più buttare. «I primi a cambiare in realtà dovrebbero essere gli adulti, e questo indipendentemente dalle oscillazioni del budget», dice Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma. «Sono loro che riempiono i figli di gadget per trasformarli in piccoli cloni e non sentirsi da meno rispetto agli amici che hanno tutto». Secondo una statistica del Guardian dello scorso dicembre, anche in tempi di ristrettezze a natale il 22% dei genitori tra i 20 e i 30 anni ha speso 200 sterline (circa 230 euro) per i regali ai piccoli, cioè tre volte di più rispetto a quello che facevano le generazioni precedenti, meno schiave dei marchi e forse meno condizionate dalle smanie dei baby consumer. Anche se in Italia Assogiocattoli segnala già un’inversione di tendenza. «I genitori vogliono roba che duri», spiega il direttore Paolo Taverna. «E adesso puntano ai classici, le bambole, le costruzioni, i giochi da tavola per la famiglia. I gadget legati alle mode, al fumetto del momento stufano prima: non ce lo si può più permettere».

Altro discorso per quanto riguarda le tecnologie, che la grande distribuzione adesso offre anche a rate. «Sugli acquisti dei videogiochi, ma anche dell’abbigliamento, spesso sono ancora i ragazzini a dettare la linea ed è più difficile dire di no», commenta Rosanna Savoldelli, department manager di Eurisko. «Le mamme sono in vantaggio in fatto di merendine e bevande. Almeno lì l’influenza dei genitori è più forte. E la recessione non potrà che razionalizzare il panorama dentro al frigo». La dieta è più stretta e i segnali arrivano dai mercati di tutta Europa. Dall’Inghilterra alla Francia, dalla Grecia al Portogallo i consumi di frutta e verdura sono in declino, e per molti le scelte tendono a orientarsi meno sulla qualità e più sul prezzo. Secondo Confcommercio il 2012 è stato l’anno più difficile dal dopoguerra e il 2013 proseguirà sulla stessa linea. «Alla fine del mese per far quadrare i bilanci gli italiani si inventano nuovi piatti riciclando la pasta», si leggeva lo scorso novembre su un blog del New York Times.

Anche negli USA non mancano i problemi. Secondo un rapporto della Annie E. Casey Foundation di Baltimora, una charity che opera a favore dell’infanzia, il 42% dei bambini americani nel 2011 apparteneva a famiglie in ginocchio a causa della crisi, una percentuale anche più alta in California, dove in seguito alla recessione il 44% vive a rischio povertà. Con tutto ciò che ne consegue in termini di salute e accesso all’istruzione. «Vorrei discutere di queste cose con i miei bambini», scrive una mamma blogger. «Uno ha 7 anni e l’altro 11 e fino a ora non gli è mai mancato niente. Però vedono gli amici che non vanno più a tennis perché i genitori sono strozzati dal mutuo, chiedono se dovremo rinunciare anche noi e io ho paura di allarmarli». Il consiglio giusto, spiega lo specialista, è parlare di tutto e responsabilizzarli. «Dobbiamo fargli capire che è in corso un grande cambiamento intorno al quale potranno costruirsi un avvenire», dice Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e studioso dell’adolescenza e dell’infanzia. «Devono capire che spendere meno ed evitare gli sprechi significa anche aiutare il pianeta, che risparmiare acqua e cibo è un modo per essere solidali. e che così possono fare molto per cambiare il mondo. È l’unico modo per non spaventarli. Il messaggio non è che tutto è finito, ma che tutto ricomincia».