Il terzo appuntamento della rassegna Hearst Content With Purpose, Incontri di Qualità è dedicato all’arte. L’incontro dal titolo “La rivoluzione dell’arte: approda sul digitale e diventa più inclusiva”, è un dialogo con Alexia Boro, Director of Communications and External Affairs alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, intervistata da Barbara Digiglio, Managing Editor Global Luxury & Fashion Brands digital che in questa occasione particolare porterà la sua esperienza su Harper’s Bazaar, un brand che, per storia e contenuti, è molto vicino al mondo dell’arte.

Il progetto Content with Purpose, Incontri di Qualità è realizzato in collaborazione con 24ORE Business School, l’alta scuola di formazione italiana che supporta neolaureati, manager professionisti nel definire e realizzare il loro percorso professionale grazie ad un’offerta innovativa e differenziata per industry e aree tematiche.

“Bisogna far percepire l’arte come un bisogno primario. L’arte parla all’anima, al respiro”.

L’arte necessaria come l’aria

“È stata una grande gioia per noi riaprire. Noi Collezione Peggy Guggenheim abbiamo riaperto il 26 aprile e subito sei giorni a settimana. Durante la settimana i visitatori sono ancora pochi, mentre durante il weekend c’è più affluenza. È una riapertura molto cauta, ma quello che non manca è sicuramente l’entusiasmo”.

Qual era e qual è il ruolo dell’arte

“Il museo è un luogo dove stai bene, dove sentirti a casa, perché devi vivere e percepire l’arte in una condizione di benessere. Ha un ruolo di discussione e confronto, quasi come se fosse una piazza, ma ha anche una valenza creatrice e ispiratrice fortissima. Queste due cose vanno messe insieme, perché l’arte nei momenti di crisi ha sempre avuto un ruolo catartico. Il valore dell’arte oggi è aiutare a trovare un modo nuovo di guardare il mondo”.

Il museo a distanza sì, ma anche dal vivo

“È importante vivere l’arte da vicino, recarsi in un museo, respirare l’atmosfera, l’arte va fruita dal vivo. Qualsiasi forma artistica nella sua componente dal vivo ti trasmette un’emozione che è difficile rendere con gli altri strumenti. Detto questo la pandemia ci ha messo di fronte alla necessità di continuare la missione del museo e mantenere un rapporto con il pubblico. In questo anno pandemico è stato necessario trovare una soluzione alternativa. In tempi molto rapidi abbiamo dovuto ripensare al museo, alla fruizione del pubblico in un momento in cui non si poteva uscire di casa. E quindi il museo è arrivato a casa. I social li abbiamo sempre utilizzati molto, ma per promuovere le attività del museo, non per trasferire in contenuti. C’è stato uno spartiacque. E proprio per non perdere quel senso di sollievo e di bellezza che può dare l’arte abbiamo cercato di tradurre questa esperienza in contenuti digitali. Da parte del pubblico c’è stata una risposta entusiasta e per noi ha significato ridisegnare la geografia del nostro pubblico”.

L’arte si è avvicinata ai giovani ed è diventata più inclusiva

“I Futuristi dicevano che l’arte è per tutti. L’arte non è un bell’oggetto che sta su una mensola, l’arte deve essere un processo che ti accompagna tutti i giorni e per quello in qualche modo ti fa crescere, ti fa vivere meglio con te stesso e con gli altri. Quindi se io voglio parlare alla Generazione Z o ai Boomers o agli anziani, soprattutto a quelli che non seguono l’arte, io devo utilizzare un codice, quindi un linguaggio, ma anche fare leva su determinati interessi che quelle persone hanno, altrimenti non c’è comunicazione. Allora penso che l’utilizzo di influencer o attività come quella degli Uffizi su Tiktok vadano nella direzione di riuscire a creare un aggancio per incuriosire le persone e creare un dialogo. Avendo la possibilità dal tuo smartphone o dal tuo tablet di guardare stasera una visita guidata del Moma o del Peggy Guggenheim, o da Palazzo Grassi o dagli Uffizi, è quasi come poter scegliere tra una serie e un’altra. Se io posso scegliere tra la mia serie preferita su Crime o una visita guidata al museo è un arricchimento per tutti. Nel senso che diventa un modo per rendere veramente accessibile l’arte”.

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