L'ultimo (figlio) rimane sempre il più piccolo, l'eterno "cucciolo". I genitori però non sembrerebbero essere grandi teneroni, anzi. Secondo uno studio iniziato nel 1989 dalla sociologa Katherine Conger dell’Università della California, pubblicato nel 2005 sul Journal of Family Psychology e rimaneggiato nel corso per dieci anni per verificarne la validità il 70% dei padri e il 74% delle madri hanno confessato di riservare un trattamento diverso a uno dei figli, senza specificare (ovviamente) quale.

A fare luce sulla questione sono stati i figli stessi. I figli minoripresi in esame, infatti, hanno confessato di ritenere il fratello o la sorella più grandi i favoriti di casa. I primogeniti stessi hanno confermato i risultati, dichiarando di sentirsi effettivamente i figli preferiti. «La nostra ipotesi di lavoro iniziale era proprio quella opposta, cioè che i ragazzi più grandi potessero sentirsi più colpiti da un trattamento preferenziale riservato ai piccoli di casa, proprio a causa della maggiore età», ha affermato incredula la Conger.

«È impossibile che un genitore non abbia preferenze. Questa percezione è uno dei motivi principali della rivalità tra fratelli», ha rivelato la dottoressa Barbara Howard della John Hopkins University School of Medicine al New York Times. Ma se non essere il preferito può avere ripercussioni sull'autostima, come spiegano Catherine Sellenet e Claudine Paque in L'enfant préféré chance ou fardeau, essere il figlio prediletto non è sempre un vantaggio. Secondo una ricerca della Purdue University (Indiana), gli adulti che credono di essere prediletti sono più a rischio depressione perché si sentono sempre in dovere di essere "perfetti"