1.

Si celebra l'assenza di tormentoni dell'estate 2015. E invece non è vero. C'è un tormentone molto particolare, non musicale, tutto interno al mar Mediterraneo e si chiama pesce palla. Per la precisione Lagocephalus sceleratus: ha un cognome che è un programma, sto scellerato, e starebbe divorando tutta la fauna ittica del mare nostrum. Sul porto di Pigadia a Karpathos, in Grecia incontriamo Minas, un rent-a-car/coltivatore/pescatore provetto che fino all'anno scorso era in grado di portare a casa 30 kg di calamari ogni volta che buttava le lenze intorno all'isola. Quest'anno, dall'inzio dell'estate ne ha presi 4. «4 kg?», chiedo, mandandolo su tutte le furie. «Noooo, 4, 4 calamari in tutto». La faccenda lo butta giù quanto, se non di più, la crisi greca. Mentre mi offre un Nescafé Frappé, la bevanda più amata dagli ellenici dopo l'ouzo, decido, con sprezzo del pericolo di entrare in questo dramma fino in fondo.

2.

E scopro che lo scellerato pesce velenoso si è riprodotto in maniera esponenziale. La cosa che ha gettato subito nello sconforto è stata la sentenza definitiva pronunciata dai gatti greci, che sono notoriamente i più blasonati assaggiatori del mondo. «Ho provato a dare un pezzo a gatto», dice Minas, «ma lui niente! Lui non mangiato! Ti rendi conto?». Bene, ciò è rassicurante, e il giovane felino, che di nome fa Alexis in onore di Tsipras, ha fatto il suo dovere rispondendo OXI (NO) al richiamo del pesce palla. Il che se non altro, toglierà almeno un po' di lavoro alle autorità marittime, che hanno già i loro problemi di budget e non possono certo andare in giro per tutte le 227 isole greche abitate a fare riconoscimenti ittici. Ma le mie considerazioni gattofile risultano ben poco consolatorie alle orecchie di Minas.

3.

Mi addentro così in un'indagine sulle cause di questo fenomeno: mi tiro un po' su il colletto della polo e mi accarezzo la barba tanto per sentirmi un Alberto Angela sferzato dal vento meltemi. E chiedo: «Ma come mai accade ciò? Quale strano meccanismo regola la riproduzione di questi esemplari durante questo periodo dell'anno»? Minas alza le spalle e un braccio in una specie di vaffanculo muto ma inequivocabile. Sono stato troppo criptico. «Tutta colpa dei cargo che passano per Panama. Lì si concentrano tutti i pesci palla. Quelli di equipaggio poi pulisce cisterne nell'Atlantico e i piccoli di pesce palla arrivano qui al loro seguito». No, sono sicuro di aver capito male. La teoria di Minas sul pesce palla è oscura, vagamente apocalittica e sembra un disaster movie. Ma io ho certamente capito male. Lo abbandono al suo caffè da meditazione e mi porto in centro al paese, dove il pesce palla è al centro del dibattito politico.

4.

E qui sono ragguagliato su una nuova teoria, dal signor Manolis, artista dall'aria intellettual freak che vanta diversi soggiorni londinesi. «Arrivano dal Giappone», spiega Manolis «e hanno invaso tutto il Mediterraneo, così impariamo a vendere tutti i nostri tonni ai giapponesi». L'ipotesi no-globalista di Manolis, decrittata, lascerebbe intendere che il pesce palla viaggia appresso alle navi che prendono i nostri pregiati tonni rossi per soddisfare la voracità del Sol Levante. L'imprecisione della filiera mi lascia perplesso. Ma pazienza, non ho biologi marini a disposizione e dunque ok, prendo atto che per colpa di questo deleterio commercio noi riceviamo indietro quella iattura del pesce palla. Azzardo l'ipotesi di addestrare i cuochi locali alla preparazione del sushi di fugu (pesce palla) così come è preparato dai maestri giapponesi, che, tolti gli organi pericolosi, come fegato e pelle, lo servono nei ristoranti (e anche all'Expo) con notevole enfasi gastroculturale. Ma gli sguardi bellicosi al Cafenion mi spingono a desistere. Sono sguardi che dicono: «Ma te lo immagini un cuoco greco che lavora con il bisturi intorno a un pesce»?

5.

Nel frattempo tornato in Italia, mi scontro con una specie di pescepallamania. Le tipologie apparse sono ormai varie, e dalla Sicilia all'Alto Adige, il faccione del pesce palla incazzato e quindi gonfio invade le pagine del web: aiuto si salvi chi può! Per la verità Google mi avverte di titoli che parlano di allarme invasione pesce palla almeno dal 2005. Ma, come prevedibile, data la tipica ignoranza zoologica degli italiani, gli altri anni era relegato al territorio delle classiche minchiate estive da cronache locali insieme a lupi che circondano case nell'Appennino, pesci siluro che mangiano maiali al pascolo sugli argini, api assassine modificate geneticamente e coleotteri verdi ingollati al posto del Viagra. Stavolta invece la cosa sembra più seria. Sarà perché Matteo Renzi si è scagliato contro l'Europa che si occupa del pesce palla e non dei migranti, sarà perché è diventato viralissimo un documentario della BBC che mostra delfini che si passano il pesce palla come uno spinello, avendo imparato a gestire il dosaggio del veleno quel tanto che basta per ottenerne uno sballo. Oppure sarà perché l'animale fatale attrae sempre? Questa ipotesi ci piace. Abbiamo tanto bisogno di animali più cattivi degli umani. E il vero dramma è che non se ne trovano più. E anche se il Fugu mal pulito secca 3 persone all'anno in Giappone (contro i 20 morti/anno per punture di vespa in Italia) sembra proprio un candidato meraviglioso al podio della cattiveria (incalzato, chiaramente, dal cinghiale che non è più una minaccia solo per la nostra digestione). Anche perché, diciamolo, come si permette, sto pallone gonfiato, di mangiare tutti i calamari di Minas?