Per molte il distacco madre figlio più doloroso è (stato) lasciarlo per la prima volta al nido o all'asilo. Uscire dalla classe e sapere che sta iniziando il suo primo percorso da individuo. Per alcune è stato uno strazio sentendolo piangere e urlare "mamma" dimenandosi tra le braccia della maestra, per altre un'inaspettata scoperta vedendolo giocare sereno in mezzo ad altri bimbi noncurante della sua dipartita. Questi sono 10 mini racconti, di 10 mamme, che hanno voluto condividere con noi, spesso con le lacrime agli occhi, quei momenti cruciali ma fondamentali per la crescita personale ed emotiva sia dei loro figli, ma sia anche di loro stesse.

Ci ho messo mezzora buona e tre pacchi di fazzoletti di carta per riprendermi.

Sara (42 anni), mamma di Viola (7) e Leo (5). "Quando porti il primo figlio la prima volta all’asilo nido ti dicono che devi insegnargli a vivere il distacco serenamente. Ti dicono di rassicurarlo, di dirgli che la mamma tornerà presto e che lui starà al sicuro nelle braccia della maestra. Ti dicono poi di sorridere di fronte alle sue lacrime, di dirgli "dai su" e di scappare via subito, senza tergiversare. Quello che nessuno ti dice è che il distacco, prima di tutto, è il tuo. Tue le lacrime, tua la malinconia appena esci, tuo il senso di smarrimento a lasciarlo tra quelle braccia che non conosci. Non per tutte le mamme ovviamente è così, per me, invece, lo è stato. Quando ho accompagnato Viola al suo primo giorno di asilo mi ero talmente preparata a dirle cosa fare e cosa non fare che non mi sono resa conto di quanto io non fossi pronta a quel distacco. Il risultato? Mia figlia è entrata abbastanza serenamente, ha fatto due lacrimoni giganteschi (per me) e dopo due minuti giocava con il didò seduta accanto a Gaia e Cecilia che manco conosceva. Io, invece, ero nascosta dietro la porta di ingresso abbracciata a Carla (la sua maestra) in un diluvio emotivo che lascia stare. Ci ho messo mezzora buona e tre pacchi di fazzoletti di carta per riprendermi. Con il secondo figlio mi ero detta “sarà una passeggiata” e, infatti, … Leonardo manco una lacrima, anzi manco un "ciao". Dopo due minuti si era fidanzato con due amichette (decisamente gatte morte, eh), mentre Carla, ben preparata, aveva già in mano un rotolo di scottex e mi aspettava fuori dalla porta ridendo. Stesso discorso il primo giorno di materna e di elementari. Confido nelle medie. Magari nel frattempo imparerò".

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Anna (43 anni), mamma di Filippo (10), Myriam (7) e Samuel (4). "Filippo e Myriam hanno sempre vissuto con serenità il nido, la primaria, il centro estivo, le trasferte per lavoro del papà e le vacanze al mare con i nonni. Certo, sempre spiegando loro perché ci saremmo separati, con la certezza che il loro tempo senza di noi sarebbe stato sano e divertente e aiutandoci con fiabe che li aiutavano ad affrontare questi passaggi. Sensi di colpa? Pochi. Io e mio marito ci destreggiamo con tanta fatica in modo da aumentare il tempo da trascorrere con loro, riempirlo di vita, di amore, di coccole. Il senso di smarrimento più grande lo provo a ogni momento di passaggio come la festa di fine materna, il primo giorno alla primaria e la prima notte fuori casa al camp con gli amichetti. Poi è arrivato Samuel, il terzo figlio, adottato, quattro anni. In questo caso ogni distacco è più tosto, perché per lui rappresenta inevitabilmente un salto nel buio, la paura di svegliarsi e di non ritrovarci più lì. Per ora non possiamo fare altro... con quella manina che al momento di addormentarsi ti cerca freneticamente, affidandosi ancora più totalmente a te. E allora per un po' basta alle poche cene fuori o al weekend a due che ogni anno ci regalavamo. La tenerezza più grande l'ho provata vedendo quanto si preoccupa quando vede i fratelli andare a scuola e piange perché li vorrebbe sempre con sé... anche questo è distacco!".

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Eleonora (28 anni), mamma di Miriam (7). "Per i suoi primi anni di vita ho tenuto Miriam a casa con me, quindi abbiamo sperimentato il tema del distacco quando l'ho mandata all'ultimo anno di asilo nido. Devo ammettere che io ero più nervosa di lei; avevo paura che si sentisse impaurita e abbandonata nel non vedermi e nell'entrare in un posto nuovo, con adulti sconosciuti, con nuove regole da seguire, lontana dalla sicurezza delle mura di casa. Mi sentivo già in colpa ancora prima di iscriverla. Beh, con mio grande stupore l'inserimento è andato esattamente al contrario di quello che mi ero immaginata. Nessun pianto disperato, nessuna scenata isterica. Niente di niente! Anzi, appena siamo entrate in classe lei ha iniziato a giocare con gli altri compagni e a interagire con le maestre. Si è girata dicendomi: "Ciao mamma!". Io la guardavo stupita! Sinceramente in quelle ore ho provato emozioni contrastanti; da un lato mi sentivo sollevata, dall'altro mi dispiaceva un po' perché pensavo che stesse meglio lì con loro piuttosto che con me. Pensieri che se ne sono andati via presto quando ho capito che era felice e tranquilla anche lontana da me".

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Valeria (42 anni), mamma di Giulio (7). "Ho sempre trovato giusto che una mamma avesse i suoi spazi e non rinunciasse alla propria carriera o ai propri interessi. Prima che nascesse Giulio, non ero pronta a rinunciare alla mia libertà. All'ottavo mese di gravidanza ho avuto vere crisi di panico perché non ero certa di essere in grado di dedicarmi interamente e in modo così assoluto a un esserino così piccolo ed esigente. All'ospedale dove ho partorito sponsorizzavano il fatto che i bimbi stessero da subito in camera anche di notte con la mamma e io chiesi di lasciarmi dormire e di tenerlo in neonatologia. Con mio stupore, nell'istante preciso in cui vidi il suo sguardo perso e disorientato, capii che lui era la tesserina mancante del mio puzzle e sentivo di non potermi staccarmi da lui, dal suo odore e dalla sua magia. Avendo passato ben due notti insonni al momento del parto, in ospedale ebbero pietà di me e lo tennero in neonatologia, ma io mi svegliai nella notte e lo andai a cercare perché avevo un bisogno fisico di lui. Decisi, però, di tornare a lavorare quando Giulio aveva otto mesi e di metterlo al nido al suo quinto mese e mezzo per potergli permettere un distacco graduale. Stupendo stare con lui, ma molto stancante e stavo iniziando a perdere lucidità. Lo portai al nido, lo scelsi con grande cura e il fatto che sapevo che sarebbe stato in un bel posto insieme ad altri bimbi non mi faceva sentire in colpa. Il regalo più grande che si può fare in amore è fornire le ali per volare e la forza per farlo da soli. Ho sempre creduto che fosse un grande gesto d'amore permettergli di trovare altri punti di riferimento e altri posti dove stare bene anche senza di me. Certo, con calma e per gradi, rispettando i suoi tempi e non mollandolo senza ascoltare le sue emozioni. Lui era troppo piccolo e non fece una piega, nemmeno una lacrima. Io ne ero fiera. Uscendo, notai che era l'unico bimbo che non sapeva ancora stare seduto da solo e mi chiesi se non avessi accelerato troppo i tempi. Con il senno di poi sono felice della scelta che ho fatto. Giulio è un bambino aperto e solare verso gli altri, fa amicizia facilmente e il nido è stata un'esperienza stupenda. Ha avuto crisi di distacco in varie fasi: intorno ai due anni al nido, il primo anno di materna o le volte che in estate rimaneva con le nonne, se partivo via per lavoro. Vederlo piangere mi spezzava il cuore e non appena lo lasciavo, piangevo come una fontana. Non erano dei veri sensi di colpa, era solo il dispiacere di vedere piangere il mio cucciolo. Sapevo che dopo poco sarebbe tornato a ridere felice anche senza la sua mamma e saperlo felice ovunque e con chiunque è fondamentale per me. Credo di essere una brava mamma, ma fortemente bisognosa dei propri spazi e della propria autonomia ed è, quindi, per me importante sapere che anche lui ne ha una propria".

Il momento difficile sono state le loro prime vacanze al mare con i nonni. Piangeranno?

Vanessa (41 anni), mamma di Emma (7) e Giacomo (5). "A parte il magone scrosciante il primo e l'ultimo giorno di nido e asilo i momenti di maggiore "spaesamento genitoriale"sono stati (finora) due. Il primo non è stato un distacco mamma-figlio, ma un distacco famiglia-ospedale. Dopo i due giorni canonici dopo il parto medici e infermieri salutarono e accompagnarono me, il mio compagno e nostra figlia alla porta di uscita del puerperio augurandoci un buon rientro a casa. Distaccarmi dal mio essere solo figlia, sorella, compagna ed entrare nel mondo della maternità mi creò una sorta di vertigine. Ero su un trampolino alto dieci metri, ma non riuscivo a buttarmi. Mi tremavano le gambe. Fortunatamente mia figlia fece un accenno di sorriso nel sonno. Sollevata e rincuorata da quella smorfia feci un respiro profondo e uscii con il mio compagno e nostra figlia dall'ospedale. L'altro momento difficile sono state le loro prime vacanze al mare con i nonni. Piangeranno? Rideranno? Si divertiranno? Mangeranno? Dormiranno? Entrando nella loro cameretta i primi giorni dopo la loro partenza guardavo, in modo patetico, i loro giochi e i loro disegni e annusavo i loro vestiti e i loro cuscini. Loro erano stracoccolati, immersi nella natura, sereni fin dal primo momento. Io, invece, impiegai un paio di giorni prima di riuscire ad assaporarmi la "libertà". Ora quel distacco estivo è diventato un sacrosanto appuntamento attesissimo da tutta la famiglia, una prova di "indipendenza" per tutti che non fa altro che unirci ancora di più. Certo, un po' di sano magone c'è sempre, eh".

Sensi di colpa della serie "non mi vorrà mai più bene" e un "mamma, vieni anche tu" urlato più volte

Federica (33 anni), mamma di Sofia (6) ed Elisa (2). "Prima figlia. Terminato il nido a giugno, aspetto proprio l'ultimo giorno per tenerla con me a casa. A causa del gran caldo e dovendo rimanere a Milano per lavorare, però, decido di mandarla, a due anni e mezzo, al mare con i nonni, due settimane. La metto sul seggiolino titubante, lacrime e pianti da entrambe le parti, sensi di colpa della serie "non mi vorrà mai più bene" e un "mamma, vieni anche tu" urlato più volte. Seconda figlia (4 anni dopo). Non faccio nemmeno terminare il mese di giugno, anzi nemmeno il mese di maggio, e acconsento subito a preparare la valigia alla secondogenita, 2enne, contando le ore che mi separano dai 10 giorni di riposo (la prima ormai ha quasi 7 anni!) e caricando a mille la bambina sulle meraviglie del mare e della spiaggia. Salite in auto, qualche raccomandazione sul non fare disperare la nonna, un bacio e un super sorriso (io), un sorrisone e un "ciao mamma, io vado con la nonna" (lei). Caratteri diversi? Sicuramente, ma forse c'è dell'altro. Probabilmente il mio approccio al distacco".

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Marta (35 anni), mamma di Diego (2). "A 10 mesi, Diego ha iniziato il suo percorso al nido. Nei mesi che hanno preceduto quel momento la mia unica strategia è stata ignorare l'argomento. Mi chiedevo solo se ce l'avrei fatta a lasciare il mio piccolo in un posto che non fosse casa sua, con persone nuove, senza che ci fossi io pronta ad accorrere e soddisfare ogni suo bisogno. E come avrei fatto a concentrarmi sul lavoro, a pensare ad altro che non fosse Diego. Alla fine il distacco c'è stato. Lasciarlo da solo, salutarlo, sentirlo piangere dietro una porta chiusa: è un pezzo di cuore, forse tutto, che lasci lì e devi solo convincerti che non lo stai abbandonando, ma che sta iniziando un nuovo percorso. Il senso di colpa, più che nella scelta del nido, lo vivo certamente più adesso, quando torno tardi a casa, quando non riesco a seguire Diego come vorrei. Per il distacco, no. In fondo è naturale e necessario, che sia al nido, alla scuola d'infanzia o ancora dopo. Posso solo sperare di "camminargli" accanto nel modo migliore possibile e vederlo sempre felice per la strada che sceglierà di percorrere".

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Alessandra (45 anni), mamma di Lucrezia (12), Marta (9) e Rachele (5). "Ero sicura che sarei stata diversa dalle mamme appiccicose che vedevo in giro, invece, da Lucrezia non riuscivo a staccarmi neanche per andare a fare la spesa. Era come se lasciassi a casa una parte di me! Con l'arrivo di Marta cercavo di ritagliarmi dei momenti da dedicare alla prima, in esclusiva, altrimenti si sarebbe ingelosita della sorellina. La seconda, invece, abituata fin da piccolissima a momenti senza di me, si è distaccata senza problemi. Ha iniziato la scuola materna con entusiasmo ed è sempre aperta a nuove esperienze! Con Rachele, la terza, ho cercato subito momenti liberi tutti e solo miei come donna, non come mamma! Il distacco era facile per entrambe e bello il tempo di qualità che successivamente trascorrevo con loro. A differenza delle sorelle più grandi Rachele ha fatto l'asilo nido e non ha avuto mai problemi di distacco. È una bambina serena, autonoma e sicura di sé. Dicono che tre sia il numero perfetto: nel mio caso ha portato equilibrio in me e nelle mie figlie!".

Francesca (36 anni), mamma di Matilde (6) e Cecilia (2). "Senso di colpa e ansia da distacco quando lascio Ceci all'asilo? Lei non ha fatto nemmeno l'inserimento alla sezione primavera, è stata "abbandonata" lì il primo giorno da sola. "Ciao mamma, baci baci" ed è corsa a giocare. Io che pensavo di averla sfangata mi devo da lì a qualche mese ricredere. L'asilo organizza un incontro con una psicologa fantastica, un incontro in cui ogni genitore è libero di "vomitare" problematiche. Io in qualche modo mi bullo del fatto che le mie "iene" non abbiano avuto problemi di distacco e né io con loro. Bene, la mattina successiva l'incontro, ironia della sorte, la catastrofe: pianti e "non voio andare all'asilo"... Il senso di colpa? Lo sento quando rimango incastrata in ufficio, quando mi rendo conto che passo poco tempo con loro, che mi sento in trappola in una routine che scorre frenetica e inesorabile lasciandomi poche ore, per altro le peggiori, quelle della stanchezza, da dedicare loro che, nel frattempo, crescono e mi sfuggono. È un continuo sentirmi in debito nei loro confronti. Ancora di più rispetto a Mati perché "l'ingombro" di sua sorella raddoppia il mio senso di colpa. Lasciarle "sole" una sera, mandarle a un campus, uscire a cena o fare un viaggio di lavoro ogni tanto in fondo mi regala serenità e la possibilità di aprirmi al mondo. Penso che sia così per molti genitori".

Chiamai mio padre in lacrime, perché avevo lasciato mia figlia con degli estranei.

Alice (37 anni), mamma di Margherita (5). "La mia bambina è andata al nido a 11 mesi. Ho cercato di spostare più in là possibile il distacco, calcolando anche il tempo necessario (un mese, per me) per fare un buon inserimento prima del mio rientro al lavoro. Sino a quel momento avevamo avuto un rapporto praticamente esclusivo, in quanto mio marito era con noi solo alla sera e i nonni vivevano dall'altra parte dell'Italia. Il primo vero distacco è stato il primo giorno in cui l'ho lasciata sola per un'ora all'asilo. Chiamai mio padre in lacrime, perché avevo lasciato mia figlia con degli estranei. Capendo la situazione lui mi ascoltò e cercò di farmi ridere per stemperare il mio senso di colpa. Ho vissuto quel momento come una scelta necessaria, che non potevo evitare. Ma subito dopo mi sono resa conto di quanto facesse bene sia a lei sia a me trovare nuovi spazi".