Ritratto , e sbiadito di luoghi immutati nel tempo, rettangolo di carta spessa con impressa l’immagine di un posto, di un paesaggio, a volte scorci panoramici iconici (il pino marittimo sul golfo di Napoli dall’alto di Posillipo, uno su tutti). Le cartoline 2.0 sono banalissime foto inviate via Whatsapp, spesso a più contatti e rigorosamente gratis. Le cartoline che hanno segnato le ferie delle nostre infanzie, i millennials non sanno nemmeno cosa significhino. Ma prova a trasferire le cartoline su Instagram e vedrai che anche le cartoline brutte (le gare a inviarsi tra amici le cartoline più orrende, chi non le ha fatte?) acquisteranno un altro sapore, che sa di vaniglia di caramella Rossana, un po’ appiccicosa. È la missione di Cartoleena, un progetto di Lorenzo Marchionni che recupera (anche via segnalazioni) tutti i tenerissimi momenti vintage della nostra storia culturale. E li analizza in brevissimi video di “semiotica culturale”, che partono dalle grafiche delle cartoline per diventare un Bignami fotografico trash di storia d’Italia.

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Visti certi font e certe mode visual che fortunatamente sono andate scemando, il racconto di Cartoleena fissa nel tempo la sfumatura perfetta del kitsch cartolinesco. Impossibile non scoppiare a ridere ascoltando i discorsi semiseri sulle rese grafiche, mentre si parano davanti ai nostri occhi forme strane, impaginazioni assurde e scelte estetiche che definire discutibili è un eufemismo bello e buono. Cosa stava pensando il grafico in quel momento? Ma, soprattutto, perché?

Viene voglia di andare ancora a caccia di cartoline vecchie, impilate e sempre più rare negli espositori di qualche raro negozio di souvenir che tiene alta la bandiera della cara vecchia stampa. Le cartoline sono frammenti di un (tra)passato remoto sbiadito nel tempo. A volte di gusto discutibile, ritoccate da non essere credibili, a volte con scritte che fanno sorridere dall'ingenuità. Saluti da (nome località), o la serie “by night” che era un banalissimo rettangolino nero, ripetibile in serie ovunque. Potere del marketing.

Le cartoline vintage dalle vacanze oggi non hanno quasi più valore, se non quello affettivo. Molte le conserviamo in scatole che dimentichiamo in cima agli scaffali di casa. Nelle estati di tanti anni fa, invece, inviare le cartoline era un rito che si consumava verso la fine della vacanza, o nelle ultimissime ore del weekend di ferie. Ci si prendeva una pausa nel primo pomeriggio, dopo il sonnellino del pranzo e ci si riuniva al tavolone del bar del campeggio a compilarle in compagnia. Ognuno col suo foglio di indirizzi e la sua scala di priorità (al tipo che mi piace mando quella bella, ai nonni quella più economica, a quella che mi sta antipatica ma gliela devo spedire ne mando una un po’ bruttina, tié), un esercito di penne scatenate in firme. Bisognava trovare la frase adatta (il copy, diremmo oggi) e condensare lunghissimi pensieri in poco spazio. Chi esagerava abbondava di pennarelli ed evidenziatori, chi era minimalista si limitava ad un evergreen “cari saluti” seguito da scarabocchio illeggibile. E infine il momento di infilarle nelle buche rosse delle lettere, che ingoiavano la nostra privacy sbattuta sotto gli occhi di tutti, postino in primis. Con Cartoleena su Instagram il viaggio nel tempo finisce di compiersi. Eravamo così naif.