«Se n’è andato», mi urli al telefono. «Non è giusto!». E allora mi torna in mente un episodio di tanti anni fa, quando il tuo ragazzo delle medie ti aveva invitato alla sua festa. Ma il giorno prima ti aveva lasciata. Così, senza una spiegazione. Urlavi: «Non è giusto! Cosa posso fare per non soffrire così?». «Devi solo aspettare che passi, ci vorrà del tempo, ma poi finirà», ti avevo risposto. E ti avevo accompagnata dai nonni, al mare. Ma mi ero sentita impotente, per la prima volta da quando ero mamma, più di quando ti avevo portato in ospedale con una colica addominale. Avevo sentito il bisogno di arrotolarti su te stessa e rinfilarti dentro la mia pancia, al caldo, al sicuro, dove nessuno avrebbe più potuto raggiungerti per farti soffrire. Era l’unico modo per proteggerti, non ne conoscevo altri. Non avrei immaginato che, dopo tutto questo tempo, ti avrei sentito urlare la stessa frase.

Non è giusto. No che non lo è: figlia mia, hai voluto credere che la forza del tuo amore potesse bastare per tutti e due. Hai creduto che la tua dedizione prima o poi sarebbe stata premiata. Sei andata dai tuoi nonni, al mare, anche stavolta, mentre io sono rimasta qui, nella tua casa, a preparare gli scatoloni con tutto quello che lui ha lasciato in queste stanze, nella fretta di andarsene: la borsa del calcetto, le felpe, l’accappatoio, i cd. Al tuo ritorno non troverai più niente di lui, te lo prometto, è l’unico aiuto che mi hai chiesto. Ma all’improvviso mi assale il giorno in cui tuo padre è andato via da questa nostra casa. In quel caso sono stata io a mandare via lui... Anche se, a distanza di anni, penso che sia stato lui a fare in modo di essere cacciato. E penso pure che oggi non siamo una madre e una figlia, ma solo due donne che non sono riuscite a trattenere i loro uomini. E che con l’abbandono devono imparare a fare i conti, per riuscire a sopravvivere. Io l’ho imparato, ora tocca a te.

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Madre e figlia

Non ho una ricetta magica che ti possa guarire in fretta, come quando, da bambina, al terzo giorno di febbre, ti davo lo sciroppo rosa: dovrai vivere il dolore fino in fondo e poi, giorno dopo giorno, con fatica, guarderai avanti a te con speranza. Credo tu abbia già imparato che la determinazione diventa pericolosa quando si trasforma in ostinazione, quando si prosegue a testa bassa contro ogni ragionevole dubbio. Non penso che si debba accettare tutto in nome dell’amore, non se ci spinge a dimenticare l’amore per noi stessi. Solo tu puoi dare a te stessa valore. Impara a piacerti per quello che sei, per quello che fai. Io ho impiegato troppo tempo a capirlo e ho sprecato invano tante energie. Con l’esperienza una cosa però l’ho imparata: la vita va anche un po’ assecondata, non fermarla se ti spinge in un’altra direzione. Se ti abbandoni a lei, se ti ci immergi, puoi arrivare perfino a farti cullare, come quando riposavi tra le mie braccia tanti anni fa.

E ora lasciati accarezzare dal vento, scaldati al sole, respira forte. Quando vorrai tornare, io sarò qui.

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