Paolo Sorrentino ha un debito con tutti noi, sì, non un credito, un debito. Perché ora che ha ritratto anche il Vaticano non vi è luogo nei pressi di Piazza San Pietro che non porti il ghigno di Jude Law e quel Young Pope che avrebbe amato, follemente, la luce del progresso tecnologico 4.0. In una Roma non proprio stellare (doppia linea di debito per l’impossibilità di usare, oggi, il titolo da Oscar la Grande Bellezza) ci pensano gli ingegneri a portare le stelle e abbattere del 90% il consumo di energia della Città del Vaticano. La Grande Bellezza, di quelle che architettonicamente occupano una superficie vasta, è tutta in una serata d’inverno gelida, con una porta che si spalanca su una Basilica di San Pietro svuotata da tutto e tutti. Il vuoto viene riempito progressivamente dalla luce, una luce non biblica, una luce che sale come un’alba che incornicia capolavori del Bernini, affreschi, mosaici che dal 1506, anno di fondazione della Basilica, si lasciano intravedere. Solo intravedere. Con un hashtag che (invece) suona come biblico #ThenewOsram l’azienda tedesca sancisce il cambio storico per la città del Vaticano: un’illuminazione ad hoc, grandiosa, imperiale, suggestiva, che rende la Basilica più grande al mondo anche quella meglio illuminata del pianeta. Equazione facile: 190 metri di lunghezza x 137 metri di altezza x 780 apparecchi speciali che si celano tra i capolavori + circa 100.000 LED = WOW.

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Una scelta eco "a base" di illuminazione digital Osram e nuovi apparecchi LED che permettono di poter visionare alla perfezione dettagli, sino a ora, impossibili da ammirare alzando gli occhi al cielo dorato della casa di papa Francesco. Lo storico coro sampietrino accompagna uno spettacolo di luce al neon che nella sua leggerezza maschera un lavoro colossale di due anni, un progetto che era iniziato con l’illuminazione studiata per rendere omaggio al genio di Michelangelo della Cappella Sistina e delle Stanze di Raffaello. Il futuro incontra la storia dell’umanità, l’arte antica si lascia convincere dalle nuove tecnologie, le stesse che stanno cambiando la storia di Osram, la lampadina che ognuno di noi ha ri-avvitato a mani nude e che ora abbatte i consumi in modalità led. Risparmiare energia, illuminare da un iPad (come assistiamo al centro di Piazza San Pietro mentre il colonnato si illumina con diverse intensità) fare sì che il boato di un credo in bilico risplenda in pura arte e magnificenza del progresso. Dopo 40 minuti a girare su se stessi per trovare dettagli a bocca aperta sì, il miracolo è riuscito.

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MARCO ANDREOZZI

Mentre ceniamo tra i busti pagani dei Musei Vaticani le nuovi luci della Basilica alimentano discussioni, racconti, mitologie degli addetti ai lavori che in quella Basilica sono cresciuti e che mai hanno notato particolari oscurati da volte e marmi e che, ora, spalancano gli occhi come fossero entrati per la prima volta in uno luogo di maggior pellegrinaggio. Il mondo della luce, Osram compreso, si è iscritto alla maratona dei sensori, dell’impercettibile che diventa utile, soprattutto delle auto (il mercato di punta della Osram riconvertita post lampadine classiche) ma la tecnologia più futuristica non può splendere solo nel buio. E in questo progetto che permette all’umanità di guardare con occhi nuovi qualcosa di antichissimo c’è un dettaglio che ci ha colpito: non vi è nulla di scontato di fronte alla grande bellezza.