Carlo, 8 anni, da grande vuol fare il direttore dell’orchestra ma anche «il trattorista». Stesso desiderio per il suo amico Filippo, che però sogna anche di essere batterista e «pilotare gli yacht». Entrambi suonano i tamburi in prima fila - quelli fatti con i bidoni della spazzatura - e sono i più piccoli, i “lupetti” della banda Rulli Frulli, il progetto sperimentale emiliano di musica e integrazione nato sette anni fa. All’inizio i bambini della banda erano sette in tutto, oggi ne conta 70, dagli 8 ai 25 anni, oltre a un ricco repertorio di musica interamente autoprodotta.

«Era il 2010, avevo una manciata di alunni che suonavano la batteria, bimbi grandi, piccoli e diversamente abili, down e autistici. Ci siamo attaccati dei bidoni alle cinture e abbiamo cominciato a marciare suonando»: ecco come è nata - quasi per caso - la marching band Rulli Frulli di Finale Emilia. A raccontarlo con orgoglio è il padre, l’ideatore e ancora oggi il direttore della banda, Federico Alberghini, insegnante della Fondazione Scuola di Musica Carlo e Guglielmo Andreoli. Sin dall’inizio, si sono costruiti gli strumenti da soli utilizzando materiale di riciclo, senza buttare nulla. Sono nate così le casse con i cestelli della lavatrice, la batteria da parete fatta con pentole e coperchi, le chitarre con vecchie grondaie, un pianoforte con le mattonelle di plastica e le bacchette con i manici di scopa rivestiti di silicone.

«Ma poi, dopo due anni, c’è stato il terremoto e abbiamo perso tutto. Non avevamo più una sede e i ragazzi si erano dispersi. Ci è venuta in soccorso l’ong Mani Tese che qui, a Finale Emilia, ci ha messo a disposizione un tendone per le prove e un laboratorio dove ricominciare a ricostruire. E a ricostruirci. Ricordo che andavo con la mia auto a prendere i ragazzi nelle tendopoli. E insieme suonavamo marciando di paese in paese, come pifferai magici, tra le scuole chiuse e le case pericolanti. Ci piace dire che la nostra banda ha suonato più forte del terremoto».

Le scosse li hanno resi forti e i lupi del Il Branco sono diventati i pirati e i marinai de La Ciurma, poi I 50 Urlanti e, in preparazione, Uomini dello spazio, a seconda dei concerti che interpretano, sempre indossando la loro divisa, una T-shirt a righe a cui i bambini sono molto affezionati. Dalle strade di Finale Emilia sono arrivati lontano: a Roma, al concerto del Primo Maggio, e anche a Casa Mika, la trasmissione in prima serata su Rai Uno.

Oggi la Rulli Frulli ha una sede stabile e un laboratorio a Finale Emilia. Dove gli stessi bambini danno libero sfogo alla fantasia per costruire i più (im)pensabili strumenti. Già perché loro non sono solo i musicisti ma anche gli ideatori e i costruttori. Fanno laboratorio una volta la settimana, divisi in gruppi. Recuperano tutto, le idee dei singoli si tramutano in un suono collettivo. E la musica annulla ogni disabilità.

«Un bilancio? In sette anni di strada ne abbiamo fatta molta. L’Università Cattolica di Milano ha certificato la nostra banda come una delle più importanti realtà italiane di Generatività Sociale, le associazioni che creano comunità narrando. E per quanto ne so, siamo l’unica realtà del genere in Europa», commenta Federico Alberghini.
Sono lanciati i Rulli Frulli. Girano l’Italia per fare concerti. Si spostano con un bus, tre pulmini e tante macchine, quelle dei genitori che li supportano. Niente guadagni: solo rimborso spese. E quel poco che ricevono lo reinvestono.

La loro storia scorre anche nelle pagine del grande e ormai pesante Diario di Bordo dove gli stessi bambini raccontano le loro peripezie. Forse anche i loro sogni.
Fuori dalla porta c’è sempre una lunga fila di bambini che vogliono partecipare. Perché per entrare nella banda non occorrono particolari talenti, solo passione per la musica. E il desiderio di condividerla, perché qui non ci sono solisti.

«Per cercare di soddisfare le tante richieste che riceviamo», termina Federico che oggi lavora con l’aiuto di altri tre maestri, Federico Bocchi, Marco Golinelli e Sara Setti, «abbiamo creato anche la Rullini Frullini, per i più piccoli di otto anni. Sogno che il mio progetto sia riprodotto altrove e spero che il mio esempio sia seguito dai giovani musicisti che ho cresciuto. Li sento spesso parlare di questo e so che succederà. Lo vedo anche quando vado nelle scuole a raccontare il nostro progetto: mi porto i ragazzi più grandi, è a loro che lascerò la mia bacchetta di direttore».
Già, ma ora è tempo di musica, Viola alla pentole, Lia ai tamburi, Filippo e Carlo ai bidoni. The show must go on.