Le colonne che intimorirebbero persino un santo. Gli affreschi imbevuti nell’oro da Gustav Klimt. I gradini a perdita d’occhio (e fiato) posati come mosaici sulla scalinata-monumento all’opera architettonica (e musicale) del neobarocco. È il 1822 e Franz Schubert a Vienna fa risuonare l’eco dei tasti del suo pianoforte dentro e fuori il perimetro del Burgtheater, il teatro nazionale austriaco voluto dagli asburgo, soprannominato dai sudditi die Burg, il castello. Dentro quella fortezza, 197 anni fa, il re dei compositori romantici compilava gli spartiti della sinfonia più tormentata di sempre, l’ottava in si minore. Il componimento che dopo la sua morte verrà battezzato l’Incompiuta. Incompiuta perché inaspettata fu la dipartita di Schubert nel 1828, Incompiuta perché ritenuta troppo pesante da ultimare per il musicista stesso, Incompiuta perché ai primi due movimenti, Allegro moderato e Andante con moto, seguiva la bozza di un terzo, lo Scherzo, come quello che il destino volle giocare all’uomo dal più forte appetito per la sperimentazione di tutto il 19esimo secolo fatto sonate.

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L’ispirazione per la composizione arrivò in punta di dita a Franz Schubert il 30 ottobre 1822, e continuò per tutto l’autunno seguente. La prima esecuzione, invece, avvenne 43 anni dopo. Quando, proprio il castello del compositore austriaco, ospitò un postumo concerto tributo, dal finale rubato dai compositori del tempo agli spezzoni di altri brani del maestro. Infiniti furono gli esercizi di stile, di generosità e di egocentrismo nel tentativo di mettere un punto a quello spartito mai finito, infiniti furono i tentativi vani di dare alla storia quello che apparteneva già alla storia: la suggestione dell’imperfezione. Finché, quasi 200 anni e qualche nazione dopo, l’Unfinished Symphony di Franz Schubert ha trovato la sua tregua melodica attraverso l’unione del sacro vincolo della creatività umana con l’intelligenza artificiale. Ed è così che, durante una performance live nell’iconica Cadogan Hall di Londra, la sinfonia No. 8 ha (ri)preso vita finalmente completa grazie ad una versione inedita immaginata e realizzata da Huawei. Che ha desiderato completare gli ultimi due movimenti del brano avvalendosi delle tecnologie avant-garde di maison… e dei 66 elementi della leggendaria English Session Orchestra.

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Huawei Courtesy

“In Huawei siamo fermamente convinti del ruolo cruciale della tecnologia per rendere il mondo un posto migliore. Così, abbiamo insegnato al nostro smartphone Mate 20 Pro ad analizzare la Sinfonia No. 8 di Schubert e a completarla rispettando lo stile del suo compositore”, ha affermato Walter Ji, Presidente Huawei WEU CBG. “Abbiamo utilizzato il potere dell’AI per spingerci oltre i confini di ciò che è umanamente possibile e mostrare il ruolo positivo che la tecnologia ricopre nella cultura moderna”. Studiando il timbro, il tono e il metro del primo e del secondo movimento esistenti della sinfonia, l’intelligenza artificiale è stata in grado di generare la melodia per i mancanti terzo e quarto movimento. In questo progetto, Huawei ha collaborato con il compositore, produttore e multi-strumentalista Lucas Cantor: “Il mio ruolo è stato quello di estrarre il meglio dall’AI e affinarlo, per garantire che il risultato finale fosse impeccabile, pronto per essere suonato da un'orchestra sinfonica”, ha chiosato il produttore vincitore di due Emmy. “Un software ha completato l’Incompiuta: è l'inizio di una collaborazione musicale tra l'uomo e il computer, che va giudicata in vista di sviluppi futuri, come se fosse il primo volo dei fratelli Wright”, ha aggiunto il compositore, direttore d’orchestra e pianista Giovanni Allevi, ospite della serata inglese. “D’ora in poi molta nuova musica sgorgherà dai circuiti di un microchip, ma fortunatamente il genio proviene da una scintilla divina: culliamoci nell'idea che assai difficilmente potrà mai essere riprodotto da un computer. O almeno, per molto tempo, sarà ancora così”.

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