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Perri Tomkiewicz

Nel 2011, i miei genitori mi hanno dato una somma di denaro esorbitante e al tempo stesso, nell’ottica del mercato immobiliare delle città, abbastanza ragionevole: il 10% dell’appartamento ancora oggi di mia proprietà a Fort Greene, a Brooklyn. Anche se ero combattuta nell'accettarlo, non c’era molto da discutere. La mia carriera nella scrittura (come ogni carriera nella scrittura) era per sua natura instabile: avere un tetto sulla testa, un tetto su cui contare che mi avrebbe comunque garantito un capitale netto significava tutto. E anche se mi mantenevo da sola e pagavo il mutuo, come facevo inizialmente con l’affitto, quella caparra mi avrebbe richiesto anni e anni di risparmi, un tempo che mi avrebbe comunque buttata fuori dal mercato immobiliare.

"Ti lasceremmo questi soldi comunque, meglio che li usi adesso" diceva mio padre nelle nostre conversazioni su come avrei dovuto comprarlo, e gli ricordavo in ogni caso che lui e mia madre non sarebbero dovuti morire mai. Dopo aver concluso l’affare della casa, correggevo gentilmente le persone che mi chiedevano dell’affitto rispondendo che, uhm, in realtà la casa era mia, ma non specificavo come e perché fosse mia. Solo i miei amici più stretti e quelli che lo chiedevano direttamente lo sapevano.

Come ogni esperto di Internet, so bene come funziona l’indignazione contro il privilegio (finanziario o di altro tipo): abbiamo fatto le crociate contro l’esperta Money Diarist di Refinery29 i quali genitori non solo le pagavano l’affitto, ma le passavano anche una paghetta che veniva rinforzata dal secondo mensile che le dava il nonno. Dall’altro lato della medaglia c’è Kylie Jenner, venduta come donna che si è fatta da sé, almeno secondo la cover di luglio di Forbes, ma decisamente più vicina allo status di milionaria. Ci siamo scagliati pure contro di lei, ma per una ragione diversa: "Non è cattiveria specificare che Kylie Jenner non si sia fatta da sé" ha twittato la scrittrice Roxane Gay. "È cresciuta in una famiglia ricca e famosa. Il suo successo è encomiabile ma deriva dalla virtù del suo privilegio".

Nell’ondata di sdegno verso Refinery29, Jared Richards ha twittato "Se i tuoi genitori ti pagano l’affitto, dovresti specificarlo nella bio di Twitter" che gli portato quasi 70mila like. Ma parlare apertamente di soldi, privilegio, successo e classe sociale è complesso, e intrecciare i quattro discorsi insieme lo è pure di più. Il privilegio è in parte definito da dove inizia ognuno di noi; come vediamo le altre persone -che sia attraverso il feed Instagram o le finestre di casa- coinvolge la nostra psicologia, l’esperienza, la situazione in cui si svolge la nostra vita. Non sono Kylie Jenner ma avere l’anticipo per un appartamento a New York è inimmaginabile per molti, come essere una Kardashian lo è per me. Di sicuro è meglio per tutti "essere onesti". Ma la verità, esattamente, quale è?

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CreditCards.com survey of parents with children over the age of 18

Guarda bene le vite che invidi, quelle che ti fanno ribollire di risentimento, quelle che ti riempiono di insicurezze sulla tua esistenza inferiore: quella casa in pietra rossa a Brooklyn o quella villetta rustic-chic; la carriera che TU vorresti (e che dovresti avere, che cosa stai sbagliando?); il guardaroba impeccabile; i mobili di modernariato; le vacanze in giro per il mondo; il tempo passato tra hotel stupendi o lezioni di ginnastica di alto livello, apparentemente senza lavorare. Forse è solo un agio che indica come chi può permetterselo se l’è giocata meglio di te. Ma come fa qualcuno ad avere un’azienda o comprare una casa o viaggiare alle Fiji, quando i debiti da studente ti stritolano, quando il mercato del lavoro impazzisce del tutto e diventa un’arida gig economy, le industrie spariscono una dietro l’altra, siamo tutti stressati e ci stanno sostituendo con dei robot? I prezzi delle assicurazioni sanitarie salgono più rapidamente di quanto si riesca a prenotare una visita dal medico ma ok, almeno i robot non si ammalano.

La scrittrice e podcaster Gaby Dunn ha scritto un nuovo libro che si intitola Bad with Money: The Imperfect Art of Getting Your Financial Sh*t Together, una panoramica sulla sua storia economica e su quello che ha imparato, corredato da pensieri e consigli su come possiamo tutti migliorare. "Va tutto a rotoli" mi dice. "Ascolti talmente tanti problemi sui debiti medici, persone che non possono comprare casa, persone stritolate dai prestiti studenteschi, il mercato del lavoro. Sembra tutto insormontabile. È difficile per chiunque riuscire a uscire dal fango senza un sistema che ti aiuti". Intanto, nelle villone d’alto bordo o forse sui social, le persone sembrano vivere momenti gloriosi. Per caso il Titanic sta affondando mentre la band continua a suonare, o alcune persone sono davvero più brave con i propri soldi?

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Come avviene in ogni "meritocrazia", l'apparenza è solo una parte della storia. La differenza sul benessere è cresciuta molto di più in questi ultimi 10 anni che in ogni altro periodo della storia americana, ma la mobilità economica ha fatto tutto il contrario, come ha scritto Matthew Stewart sull’Atlantic in merito alla nuova aristocrazia americana. Il denaro si è sempre passato da famiglia a famiglia ma oggi, in tutti gli Stati Uniti, i genitori che possono aiutare i propri figli lo fanno a livelli mai raggiunti prima. Un recente studio di Merril Lynch e Age Wave dice che il 79% dei genitori del sondaggio stanno dando sostegno finanziario ai propri figli adulti con in media 7000 dollari all’anno - complessivamente si parla di 500 milioni annui. I numeri di chi acquista la prima casa sono in crescita grazie agli anticipi prestati dai genitori. In un sondaggio di CreditCards su genitori con figli oltre i 18 anni, 3 su 4 aiutano i figli a pagare i debiti e le spese vive, incluso l’affitto e i costi del telefono. L’aiuto continua anche dopo la morte: circa il 60% del benessere negli USA è ereditato anche se, come il resto dei privilegi, riguarda principalmente i bianchi. Secondo gli autori di uno studio del 2018 pubblicato dall’American Journal of Economics and Sociology, le eredità medie delle famiglie bianche si aggirano attorno ai 150mila dollari; per i neri, è sotto i 40mila.

Certo, aiutare un figlio dandogli la possibilità di andare all’università, pagargli il conto del telefono o mandarlo in vacanza, è ben diverso dal lasciare loro 11 milioni e 400mila dollari (i soldi che i figli dei ricchi erediteranno, esenti da tasse, nel 2019). Ma in ogni caso, niente di tutto ciò significa che i figli che accettano l’aiuto dei loro genitori siano pigri o trattati di favore. Un esempio è Daniella Pierson, 23 anni, fondatrice e CEO di Newsette, un mini-magazine con 400mila abbonati che ha iniziato a scrivere da matricola alla Boston University. Quando la Pierson è arrivata a 100mila abbonati in un anno, è andata dai suoi genitori (che posseggono una serie di concessionarie di automobili) con un business plan e ha chiesto loro un prestito. “Erano riluttanti, loro si sono fatti da soli” ha raccontato. Hanno accettato dandole 15mila dollari con il 5% di tasso. "Dopo che mi sono laureata e guadagnavo 25mila euro al mese, ho fatto loro un assegno. Avevo estinto il mio debito". Anche se 15mila dollari sono un investimento decisamente piccolo, la sua paura più grande era quella di sentire la frase "Ce l’ha fatta solo grazie ai suoi genitori". La Pierson riconosce che, comunque, il successo di ciascuno è determinato da diversi fattori: i suoi genitori le hanno pagato le tasse universitarie e lei è stata in grado di restare nei termini dell’assicurazione sanitaria mentre costruiva il suo business. Più di tutto, ha avuto i suoi genitori come ispirazione: "È da lì che arriva la mia etica del lavoro" ribadisce. 


Farnoosh Torabi, creatrice del podcast “So Money” e autrice del libro When She Makes More: 10 Rules for Breadwinning Women, è riuscita a laurearsi all’università senza alcun debito e ha comprato casa con l’aiuto dei suoi genitori. "Sono grata ai miei genitori per avermi aiutato all'inizio, mi riconoscerò il credito al momento giusto. Mi sono presa la responsabilità e l’apprezzamento per aver portato tutto ad un altro livello. Se guardi all’altro lato dell’equazione, ci sono molte persone privilegiate che stanno davvero facendo pena!"

Al tempo stesso, l’opzione di prendersi dei rischi -per me è stato lasciare un lavoro con copertura sanitaria per diventare una freelance full time dopo aver venduto il mio primo libro- si poggia su un certo tipo di stabilità di base. Hai una copertura. O, secondo la definizione di un giornalista mio amico che ha comprato casa con l’aiuto dei genitori, "Se i soldi diventano un problema, so che posso sempre traslocare in un posto più economico e affittare casa mia". Ross Levine e Yona Rubenstein, economisti a Berkeley e alla London School of Economics, hanno scritto nel 2013 un saggio sui punti che accomunano gli imprenditori di successo. E guarda un po’? La maggior parte di loro erano uomini bianchi con un'alta formazione, vale a dire una certa classe sociale di prestigio. Levine ha detto a Quartz: "Se qualcuno non ha soldi sotto forma di una famiglia ricca, le possibilità di diventare un imprenditore si abbassano di un bel po’". (Nel loro studio, spiegano come "Un aumento di 100mila dollari in famiglia viene associato al 50% di possibilità in più diventare imprenditori". Inoltre, secondo Quartz, "La media dei costi per lanciare una startup è di circa 30mila euro e più dell’80% dei fondi per i nuovi business viene da depositi personali, da amici o dalla famiglia)".

Questo va fuori dai canoni dell’ideale "dalle stalle alle stelle" di ogni storia americana di successo. Non solo è possibile superare le tappe intermedie ma è anche l’unica, e onorevole, storia da raccontare. Per questo svelare su come tu -o chiunque- abbia avuto i fondi per la tua prima impresa, la tua casa, o anche qualcosa di molto più semplice come la tua prima macchina è molto importante. Non condividere la verità può dare ansia a chi non ha certi tipi di risorse; e oltre a questo, le aspettative sbagliate sul successo e sui risultati possono portare a dispiacere e depressione. E anche se non c’è nulla di sbagliato nel farsi aiutare dai propri genitori, tenerlo nascosto è persino peggio per chi davvero viene dal nulla. "L’ansia dei soldi è la vera crisi enorme dell’America" racconta Bea Arthur, una terapista e imprenditrice che ha lanciato la sua terza azienda, The Difference, la prima assistente vocale per la terapia che si appoggia ad Alexa di Amazon. Il primo business della Arthur è iniziato, ha raccontato, con un assegno staccato dal suo fidanzato dell’epoca. "E non fu solo l’ultimo. Sono una lavoratrice indefessa, ma non ci sarebbe stato nessun lavoro che mi avrebbe pagata se non avessi avuto il caro, vecchio fidanzato bianco e ricco. Non ci vuole tutto questo coraggio".

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In sostanza, non si possono incolpare le persone che vogliono tenere nascosto dove abbiano preso i soldi. Le discussioni sul denaro e sulla classe sociale sono ancora uno degli ultimi tabù della società americana, in parte perché è spiacevole infilarle in una conversazione, ma anche perché c’è un certo tipo di vergogna che li accompagna -forse è la paura della vergogna, che è comunque reale. I giudizi, poi, tendono ad essere ancora più duri nei confronti delle donne rispetto agli uomini. "Le persone privilegiate sono di solito scoraggiate a parlare della questione, che viene percepita come un vanto" spiega Clelia Warburg Peters, presidente della Warburg Realty. "Il nostro paese è stato costruito sulle spalle di uomini che hanno ereditato soldi dai loro padri. Al contrario, una donna che eredita qualcosa è solo una riccona spudorata". La Peters è cresciuta in una particolare sfera di influenza newyorkese, frequentando la Chapin e poi Yale. Dopo la laurea, si è occupata di volontariato umanitario, ha preso il dottorato e nel 2014 è entrata nell’azienda di famiglia. "Ho lavorato duro per guadagnarmi il posto e il rispetto. Ma per la maggior parte del tempo ho avuto accesso a opportunità per ragioni che erano più complicate del fatto che me lo meritassi… Senza riconoscere la provenienza da un posto privilegiato, stai rinforzando il concetto che non faccia la minima differenza".

Ho parlato con un’amica editor in una conversazione molto franca su come abbia comprato il mio appartamento. "Ero curiosa, ma non so come una persona sola che non abbia famiglia in America, possa comprare qualcosa se non lavora nel campo della finanza o non sia un medico". E, come mi ha fatto notare, anche se (almeno a New York) è legittimo fare domande indiscrete su quanto le persone paghino di affitto -di solito la motivazione è “Sono nel mercato immobiliare, ti spiace dirmelo?”-, chiedere come si è comprata casa è qualcosa di diverso. Tendiamo a parlarne solitamente con persone che apparentemente appartengono alla nostra classe sociale. Ma purtroppo questo non abbatte le barriere di accesso sociale di cui parlava la Peters.

"C’è sempre quest’idea che chiedere aiuto significhi, in un certo senso, imbrogliare" mi ha raccontato la mia amica giornalista. Io e lei abbiamo scoperto che vivevamo in case di proprietà comprate grazie ai nostri genitori più o meno nello spesso periodo -mi ricordo che ci incontravamo e mi domandavo come potesse permettersela-. "Credo che mi ha abbia aiutato ad essere onesta sui soldi con te". Ma agli inizi, pur di evitare imbarazzi, non invitava nessuno a casa. Eppure "imbrogliare", spiega, non è la parola più accurata. "Lo sarebbe se giocassimo una partita in cui ci siano veri vincitori e veri sconfitti… Ma nella realtà dei fatti siamo solo una massa di persone che fanno del loro meglio nella vita, con milioni di fattori diversi e impulsi conflittuali".

Quindi, onestà radicale: chi chiede soldi ai genitori in un modo o nell’altro? Pochi di noi, da scrittori a influencer di Instagram a imprenditori di successo. E non significa che non ci sia dietro un duro lavoro, o del talento, in quei racconti.

Ma un ruolo ce l’ha anche la fortuna. La giornalista Charlotte Cowles, che scrive di denaro per The Cut, ha frequentato la Columbia University dove tutti vivevano in dormitori. Quando si è laureata, si è accorta che gli amici si dividevano in due gruppi diversi: quelli che potevano permettersi un appartamento a Manhattan, e quelli che sono dovuti rientrare a casa e trovarsi un lavoro. "I miei genitori mi hanno aiutata con le caparre di un appartamento che ho condiviso con altre tre persone. Una parte di me si chiede se sarei mai riuscita a fare questa carriera con il problema dei prestiti per l’università e nessun modo di vivere a New York dopo essermi laureata. Non lo so, davvero".

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Anthony Casalena ha vissuto a casa coi suoi dopo l’università, ma la sua storia è un po’ diversa. È il 36enne fondatore e CEO di Squarespace, aperto nel 2003 dal dormitorio dell’università del Maryland — ora vale 1,7 milioni di dollari. "Per lanciarlo nel gennaio 2004 potevo permettermi solo di comprare i server. Non potevo disegnare il logo, ho avuto bisogno di aiuto con quello" mi racconta. "È stato il momento in cui ho chiesto aiuto ai miei genitori". Gli hanno dato 30mila dollari e lui ha dato loro parte dell’azienda. Quando si è laureato nel 2005, è tornato a casa per 6/7 mesi per finire di pagare i conti della carta di credito poi si è trasferito a New York. Il denaro "è sempre stato parte della mia storia, non ho mai tentato di nasconderlo" spiega. "Chiunque abbia avuto un certo livello di successo deve considerarsi fortunato. Sono fortunato ad essere cresciuto circondato dai computer, i miei genitori potevano comprarmeli. Ma per Squarespace c’è stato bisogno anche di tanto lavoro". Per quanto riguarda i suoi genitori "hanno ancora le loro azioni. È il miglior investimento che abbiano mai fatto!"

L’aiuto che Katharine Bolin, 30 anni, ha ricevuto dai suoi genitori è stato con le tasse universitarie. Suo padre faceva i turni di notte alla IBM per permetterselo. È così che è riuscita a fondare Sweet Reach Media, agenzia di marketing e PR a Minneapolis, che quest’anno supererà le 6 cifre di bilancio. "Sarò sempre grata ai miei genitori e li ringrazierò ogni volta che li vedo. Non credo che potrei essere nella stessa posizione di oggi se avessi dovuto pagare 500 dollari di debito universitario per tutti i miei vent’anni". I suoi genitori hanno pagato anche piccole cose come i conti del telefono. "Ha fatto la differenza".

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Caroline Moss, co-autrice di Hey Ladies!: The Story of 8 Best Friends, 1 Year, and Way, Way Too Many Emails, mi racconta che se i suoi genitori non avessero pagato la sua università, non avrebbe potuto permettersi la carriera che ha avuto ora. "Ci sono persone che hanno lavorato duro per arrivare dove sono, e ci sono arrivate anche perché hanno ricevuto la spinta giusta. Forse bisogna capire che molte persone non avranno le opportunità che hai tu, perché non potranno permettersi uno stage non pagato o non potranno mai vivere a New York". Una parte di lei è invidiosa delle persone che alla sua età hanno già comprato casa. "Poi scopro che è stato un regalo, che hanno ereditato dei soldi e penso che non vale nemmeno la pena fare il paragone. Non credo che debbano essere umiliate, ma se è la semplice verità, non ho pagato io per questo e mi fa sentire molto meglio".

Nel suo primo libro You’re So Money, Farnoosh Torabi svela che i suoi genitori l’hanno aiutata a comprare la sua prima casa. Mi ha raccontato delle critiche ricevute, le persone sostenevano che lei non avesse davvero faticato a comprarsela. L’assistenza dei suoi genitori le ha permesso indubbiamente di percorrere una strada che le permettesse di scrivere quel libro, che le ha portato molto di più - anche aiutare altri con consigli appositi sulle scelte finanziarie. Si ritorna alla relazione tra stabilità e rischio; avere il tempo, lo spazio e il denaro da investire nel sogno di una carriera che potrebbe anche non funzionare; avere accesso alle prime risorse essenziali da investire per avere di più. "Nonostante il privilegio, se non ci lavori sopra non accadrà mai" spiega la Cowles. "Ma il privilegio di incanalare il lavoro verso ciò che potrebbe funzionare in futuro, quello è un vero privilegio".

fai un servizio migliore se ammetti la verità.

La combo tra l’aiuto dei suoi genitori e la sua etica del lavoro ha significato una cosa: "Sono stata in grado di andare avanti benissimo nella mia vita. Devi sentirti bene sin dall’inizio, a metà e alla fine di quella storia". Di certo molte persone hanno individuato il principio: è così che funziona ma, come fa notare, fai un servizio migliore se ammetti la verità.

Lisa Przystup ha un meraviglioso account Instagram, @brass_tacks, con il tipo di foto in cui vorresti vivere: la casa in campagna, i viaggi in Giappone e al Jackson Hole. Pensa spesso alle mezze-verità sui social. "Siamo in affitto a Brooklyn e la ragione per cui ci possiamo permettere la casa fuori città è che il papà di mio marito ci ha aiutato con la caparra" spiega. (Lo ripagano ogni mese con gli interessi). "È davvero tanto da riassumere in una didascalia su Instagram. Dovrei forse scrivere che siamo qui per il weekend, non tutto il tempo, magari fosse?". Fa una pausa. "Penso, in ultima battuta, che la questione centrale sia quanto sei onesto nella vita di tutti i giorni. Così che le persone non si illudano con aspettative irrealistiche su ciò che dovrebbero fare?"

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"È molto bello essere realistici su ciò che si può fare" spiega l’estetista olistica Britta Plug, che ha potuto aprire lo Studio Britta a New York grazie ad un prestito di 50mila dollari dai suoi genitori (e altri 50mila suoi, caricati sulle carte di credito). "Non ho nessuna vergogna ad ammetterlo. Sono solo molto grata. Con i costi della vita in questa città, non avrei mai potuto aprire uno studio così senza aiuti". La Plug sa che chiedere prestiti ai propri genitori non è un'opzione per tutti. Alla domanda su come abbia fatto, risponde così: "Poi dopo non devi stare male per non esserci riuscita". Non parlarne rafforza lo status quo, spiega Clelia Peters. "In ogni struttura di privilegi, sulle persone in cima incombe l’esame del privilegio e su come questo possa far male alle persone che sono in posizioni più basse… Ecco perché è pericoloso quando le persone non ne parlano".

C’è un certo grado di coraggio che emerge dall’essere aperti sulla propria storia economica, spiega la Torabi, che si raccomanda di iniziare dalle persone di cui ci si fida -chi merita di saperlo- e spingerli a condividere la propria. Ma prima di tutto, parlane con te stessa. Chiediti "Perché la storia dei miei soldi va raccontata?" dice. "Devi essere pronta a sopportare le sopracciglia alzate delle persone". Non darla per scontata, deve essere benzina per la tua motivazione. Racconta la storia senza bugie e dallo un contesto preciso. "Se ti sei laureata e vuoi raccontarlo su Instagram. Scrivi qualcosa tipo "Mi laureo senza debiti, grazie mamma e papà per aver usato i vostri 400mila dollari per farmi superare l’università!"".

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Perri Tomkiewicz

Un avviso per tutti noi. "Se dici che bisogna essere trasparenti sui propri soldi, sappi che la cosa funziona anche al contrario" racconta Gaby Dunn, autrice di Bad with Money: The Imperfect Art of Getting Your Financial Sh*t Together. "Se qualcuno dice che riceve soldi dai genitori o che il suo stipendio è alto… Non c’è altro che internet voglia sapere. Ma puoi incoraggiare le persone a parlarne e poi ributtargli addotto tutto quando lo fanno loro".

Parlarne è solo il primo passo. Quando arriviamo al centro delle disuguaglianze economiche nella società, che coinvolgono non solo i promettenti milionari ma anche i freelance nei loro appartamenti di Brooklyn, c’è ancora molto da fare per distruggere quelle barriere che tengono fuori le altre persone. Come racconta Caroline Moss, "Credo che ci sia più di una domanda da porre: le persone privilegiate aiuteranno chi non è come loro? Se puoi permetterti di non pagare il 50% del tuo affitto perché ci pensano i tuoi genitori, come puoi prendere le parti degli stagisti che non guadagnano uno stipendio valido, o promuovere una borsa di studio per uno di loro? È così che inizia il cambiamento".


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