La suite dell’Hotel Sacher designata all’incontro con la soprano suprema è la Eugen Onegin n.237, ispirata all’unica opera russa dell’ampio arsenale di suite a disposizione dell’albergo (tra cui Madama Butterfly, Tosca e Flauto Magico). Qualcuno la chiama sopstar (soprano star), e quando si palesa è reduce da una nottata da Manon alla Wiener Staatsoper, nella cui scaletta è prevista una fuga a bordo di un’auto Lexus superlusso durante il primo atto. È una Manon contemporanea quella concepita dal regista Robert Carsen, una delle tante rivisitazioni d’opera in chiave odierna.

NETREBKO NON È AVVERSA al genere, ma pone una precisa richiesta: «Le rivisitazioni devono avere senso. Ci sono esponenti del genere che amo, come Willy Decker e la sua famosa Traviata a Salisburgo o Claus Guth, che ha fatto cose fantastiche, intellettuali e controverse. Ultimamente sono attenta a studiare molte regie contemporanee, ho cancellato diversi progetti per questo. Ho anche chiesto ad Alexander Pereira (direttore artistico del Teatro alla Scala, ndr) di riportare La Traviata della prossima stagione alla sua vecchia produzione. Sono stanca di mura grigie e del concetto di scena nero/bianco/rosso, perché capisco di visione, costruzione e composizione, ho studiato disegno e pittura», dice la granitica Netrebko.

A Vienna la soprano ha la sua base tecnica e affettiva: dal 2006 è cittadina austriaca e qui ha un appartamento, dove vive con il marito Yusif Eyvazov, tenore dell’Azerbaijan, e il figlio Tiago Aruã (avuto dal baritono Erwin Schrott). Nella capitale ha anche il suo asso: il pianista e coach Daniel Sarge, che l’ha spesso traghettata attraverso le insidie vocali dall’agilità del Bel Canto alla maturità del Verismo. Quest’ultimo è il titolo del suo fresco cd a cura di Deutsche Grammophon. Dove la Voce ammaestra la Manon Lescaut di Puccini, La Gioconda di Ponchielli e il Mefistofele di Boito. Un atto d’amore durato 2 anni, condito da un rigore tecnico che l’ha portata a smontare l’orchestra iniziale per approdare agli amati musici dell’Accademia di Santa Cecilia e a Sir Antonio Pappano, music director della londinese Royal Opera House. Secondo Pappano, la musica classica ha bisogno di gente come Anna e in effetti il suo carisma pop ha calamitato una nuova audience giovane sull’opera. Che Netrebko non delude esprimendosi in uno scenografico lancio di Louboutin durante un’operetta di Lehár o optando per una capriola nel Don Pasquale 2006 alla Metropolitan Opera di New York. Un’opera moderna quella di Netrebko, vissuta da attrice e da atleta lontanissima dalla postura classica e statica che siamo abituati a vedere. Retaggio anche delle iniziali lezioni di acrobatica al Palace of Pioneers and School Students nella natia Krasnodar, in Russia. Cresciuta in una famiglia di origini cosacche, Anna Netrebko fiorisce sotto l’ala di Valery Gergiev, direttore d’orchestra e artistico del teatro Mariinsky di San Pietroburgo. Il mito vuole che sia stata strappata alle pulizie del teatro e catapultata sulla scena, ma lei corregge il tiro: «È vero che pulivo la scena ma poi ho vinto una competizione cantando Regina della Notte dopo gli studi al conservatorio Rimsky-Korsakov. Il mio maestro mi disse che Gergiev cercava giovani cantanti, dopo l’audizione mi offrì il ruolo di Barbarina, ma Susanna (Le nozze di Figaro) si ammalò e io subentrai. Ed è li che Gergiev rimase folgorato».

Netrebko rappresenta oggi la Voce dominante del Terzo Millennio, influente al punto da comparire per la prima volta nella lirica, nella lista dei 100 più influenti del mondo di Time. L’artista cura a dovere anche la sua vita privata via Instagram (@anna_netrebko_yusi_tiago) e Twitter (@AnnaNetrebko), dove alterna auguri postumi a Verdi e vocalizzi durante le prove dallo stilista Zac Posen, oppure piatti di piroshki con carne e lenticchie gialle e foto di viaggio nella sensuale baia di Panta della Suina, in Puglia. La moda, interpretata quasi come un rito teatrale, è tra le sue priorità. «Ho fatto una puntata di shopping a Rodeo Drive di recente. Ho visto un cappotto di Prada che era infernalmente (dice proprio così, ndr) caro. L’altro era stato già intercettato da Beyoncé, così ho camminato per un’ora ma poi sono tornata e ho speso volentieri quei 13 mila dollari. Mio marito ora mi monitora, se può. Amo anche Gucci, peccato che il nuovo designer faccia taglie che vanno da 0 a meno 5», scherza. Netrebko e il suo stile organicamente sfrenato vengono notati anche da un periscopio del mondo beauty come François Nars, che l’ha voluta (unica esponente lirica) nel suo libro Persona in uscita a novembre 2017. «Mi ha fotografata con un completo di Viktor & Rolf in 10 minuti, la composizione e la luce erano già perfette», spiega mentre cerca furiosamente quello scatto sul cellulare.

Anche una dose massiccia d’Italia è presente nella sfera personale del soprano che ha conosciuto il marito Eyvazov a Roma durante le prove della Manon Lescaut sotto la direzione del maestro Riccardo Muti. Le nozze viennesi a seguire sono state imperiali. «Non volevo un gran matrimonio ma lui è azero e per loro il matrimonio è l’evento più importante della vita dopo la nascita. C’erano oltre 200 parenti, molti a Vienna per la prima volta e tutti con regali e bauli di gioielli al seguito. Non ero preparata per tutto ciò, ero reduce da 7 Giovanna d’Arco alla Scala e potevo a malapena camminare. Il matrimonio si è svolto al Palais Coburg e la cena a Palais Liechtenstein anche se ricordo poco, era tutto finito prima che me ne rendessi conto». Indole euforica, Netrebko mostra grande empatia e cuore generoso. L’artista è infatti Direttore onorario del Russian Children’s Welfare Society, che si occupa di migliorare le vite degli orfani russi sotto il profilo medico, educativo e riabilitativo. È Global Ambassador di SOS-Kinderdorf, un’altra associazione a difesa dei diritti degli orfani. Autism Help, associazione leader sull’autismo, le sta particolarmente a cuore, perché suo figlio Tiago, 8 anni, è affetto da una forma di autismo. «Molta gente non sa realmente cosa sia l’autismo, lo considerano una malattia e mettono i bambini sotto farmaci, il che è sbagliato. Il miglior sistema è scegliere un terapista, qualcuno che li studi e giochi con loro, per questo è necessario anche lavorare sulle scuole. Qui a Vienna non ce ne sono abbastanza così mio figlio studia a New York in un istituto con il metodo ABA (Applied Behavioral Analysis, una disciplina scientifica che analizza i principi della teoria dell’apprendimento, ndr). Tiago ha 4 terapisti diversi, che cambiano ogni giorno e si riuniscono per discuterne i progressi. Senza di loro non potrei farcela... Ora è molto sano, esplosivo, e più grande e forte dei bambini della sua età», spiega emozionata.

La Calliope russa è approdata da poco a Wagner con un debutto folgorante come Elsa nel Lohengrin, in un Semperoper di Dresda esaurito da mesi e con ola da stadio di migliaia di fan davanti a un maxischermo. Il compositore teutonico è considerato lo spauracchio dell’intera categoria, ma il pensiero di Netrebko in materia è ancora una volta originale: «Elsa è molto più semplice di Manon, molto meglio per la voce. Elsa è molto lirica, c’è alta tessitura e molto pianoforte. Il che mi piace. È solo nell’ultimo atto che diventa più wagneriana. Ma questo non è un problema perché ho acquisito esperienza e maturità di voce. Un percorso che attribuisco in parte alla maternità che mi ha esteso il diaframma di 20 centimetri triplicandomi la potenza vocale. Mi sono accorta che qualcosa era cambiato cantando la Lucia. Poi ho cantato Un bel dì vedremo (da Madama Butterfly) e questo ha portato a un completo cambio di repertorio». La diva, che tutti i giorni ascolta Kanye West, 50 Cent e Justin Timberlake, si rivolge con nostalgia al passato, parecchio tinto d’Italia: «Se si ascoltano esecuzioni del passato si piange e ci si domanda perché. Bisogna conoscere stile, timing e fraseggi, tutto deve coincidere. Quando sento vecchie registrazioni, tra cui Tullio Serafin, Gianandrea Gavazzeni, James Levine, Maria Callas, Renata Tebaldi e Mirella Freni, penso a quanto fossero più accurate e pervase da uno spirito speciale oggi perduto». Eppure la contemporaneità di Anna Netrebko induce un certo ottimismo