C’è la bimba con il pallone ritratta nel quartiere La Cala e il ragazzino che gioca a fare il killer vicino alla Chiesa di Santa Chiara a Palermo; c’è Franca Rame alla Palazzina Liberty di Milano nel 1974 e la vedova Rosaria Schifani. L’universo in bianco e nero di Letizia Battaglia, fotoreporter siciliana 84enne, fino al 18 agosto sarà alla Casa dei Tre Oci di Venezia per la retrospettiva Letizia Battaglia. Fotografia come scelta di vita.
Conosciuta soprattutto per aver raccontato con i suoi scatti ciò che la mafia ha rappresentato per la sua città natale, Palermo (che oggi vive una sorta di Rinascimento), dagli omicidi ai lutti, dagli intrighi politici alla lotta che s’identificava con le figure dei magistrati Falcone e Borsellino, nel corso della sua carriera Letizia Battaglia ha mostrato anche la vita dei poveri e le rivolte delle piazze, tenendo sempre la città come spazio privilegiato per l’osservazione della realtà.
Letizia, che dal 1974 al 1991 ha fatto parte del leggendario team fotografico del quotidiano L’Ora di Palermo, tratta il suo lavoro come un manifesto, esponendo le sue convinzioni in maniera diretta, vera, poetica e colta, rivoluzionando così il ruolo della foto di cronaca.
Nello spazio espositivo della Giudecca sono esposti circa 300 scatti (molti dei quali mai visti prima) che parlano di mafia ed emarginazione, ma in realtà ci raccontano la vita, la morte e l’amore. Perché, dice Letizia, «la fotografia non è solo documento ma anche salvezza e verità».