Somiglia a un amore a prima vista. Il rapporto dei bambini con i delfini è empatico, bello. Spesso la scintilla scocca durante le vacanze, in un acquaparco: tra gli spruzzi e le acrobazie, almeno una volta nella vita ogni ragazzino sogna di occuparsi di loro quando sarà grande. Sembra che sorridano sempre, ma è un equivoco, perché è semplicemente la natura che li ha disegnati così. Però è vero che sono intelligenti e che amano giocare, più di altri animali in cattività.

Chi non abbandona il sogno ai bordi di una vasca può imparare in molti modi a lavorare con loro. Bisogna studiare, questo è certo: si può fare un corso per volontari in qualche istituto di ricerca (sulle coste italiane o all’estero), si può scegliere la strada universitaria, diventando biologi marini, naturalisti o veterinari specializzati in cetacei.

Oppure si può decidere di fare l’addestratore dopo stage e volontariato nei delfinari, anche se da noi non ci sono molte scuole. Quest’ultimo è un mestiere affascinante ma un po’ criticato: non sempre gli animali sono trattati con cura.

Un’alternativa è diventare guida di whale watching in mare aperto, attività amata dai turisti anche sulle nostre coste liguri e sarde.

Che cosa fa il ricercatore? «Si tuffa, raccoglie dati, foto, video e li inserisce nel computer. Osserva il comportamento e si sofferma sui diversi suoni con cui comunicano: squittii (sì proprio come quelli degli scoiattoli), ultrasuoni, fischi. Lo scopo? Aiutare la conservazione della specie», dice BrunoDiaz, responsabile dell’Istituto Bdri vicino a Olbia (thebdri.com/italy), dove si tengono master, stage (età minima 18 anni) e corsi di volontariato (a pagamento) in una costa dove sono stati avvistati ben 67 esemplari.

Che cosa si può fare dopo la laurea? «Ci si può inserire nei delfinari che in Italia sono soltanto sei. Il lavoro consiste nel recupero di animali spiaggiati, nel pronto soccorso, nell’interpretazione di sintomi che nei delfini sono poco visibili: per questo l’osservazione del comportamento è importante», racconta Marco Affronte, naturalista e responsabile della Fondazione Cetacea di Riccione (fondazionecetacea.org) dove i corsi di volontariato sono gratuiti.

Che cosa fa un addestratore? «È una figura che, oltre ad allenare gli animali per lo spettacolo, svolge tutte le mansioni pratiche: dalla pulizia del pesce per i 4-5 pasti dei delfini ai prelievi per gli esami clinici, fino al controllo dell’acqua delle piscine. E deve possedere doti da psicologo, perché anche le coccole e le attenzioni (fondamentali per evitare la noia, il grande nemico quando si sta in gabbia) sono soggette a regole importanti: i delfini, oltre ad essere animali molto delicati (si ammalano facilmente se le condizioni igieniche non sono buone), hanno un forte senso della gerarchia. Una carezza al più piccolo, per esempio, può scatenare una reazione aggressiva di gelosia nel capo branco che comincerà a battere i denti dalla rabbia. Per accorgersi di questi segnali è importante osservarli tanto per conoscerli meglio. Si lavora per 8-9 ore al giorno, tutto l’anno e a qualsiasi temperatura. Serve solo la passione», dice Laura Patrignani, 30 anni, addestratrice del Parco Oltremare di Riccione (oltremare.org) dove si organizzano anche corsi e workshop (il prossimo a maggio, età minima 12 anni).

Indirizzi (anche sul web)

- Zoo Marine, Torvaianica (Roma). Parco con spettacoli acrobatici (zoomarine.it).

- Fasanolandia, Fasano. Incontri didattici per famiglie in un safari (zoosafari.it).

- Salina, Eolie. Crociere studio (necton.it).

- Onmega Dolphin, Marmaris (Turchia). Struttura di divertimento e di cura (dolphin-therapy.org).

- ilmondodeidelfini.it, sito del Cts ricco di progetti e campi di volontariato.

- storiedimare.net, blog di avventure (pubblicate nel libro Il mare che non ti aspetti, ed. Addictions-Magenes).

Tre libri per capirli

- Delfini, di Banana Yoshimoto (Feltrinelli). Storie di nascite: in Giappone, al posto delle cicogne, hanno questi cetacei.

- Il ragazzo e il delfino, di Pascale Noa Bercovitch (Sonzogno). Storia vera di un pescatore sordomuto che grazie a un delfino guarisce “miracolosamente”.

- Il delfino, di Sergio Bambarén (Sperling & Kupfer), anche in edizione illustrata: un delfino alla conquista della libertà.

Una cura speciale

Si chiama delfinoterapia e in Italia, dopo il decreto 468/2001, non è più riconosciuta come pet therapy. Il dibattito tra esperti e ambientalisti (preoccupati per lo sfruttamento) è aperto ma non mancano testimonianze sui benefici di questa terapia (molto costosa) nei bambini disabili. Che è anche un settore professionale in cui specializzarsi (all’estero): Raffaella Visigalli, psicoterapeuta allieva del tedesco Branko Weitzmann, ogni anno segue (tutto gratis tranne il volo), per 7 giorni, sette bambini (età 5-15 anni) nel parco spagnolo Mundomar a Benidorm, grazie alle donazioni del Rotary (amicodelfino.wordpress.com).

«Si tratta di una terapia discussa perché molto giovane scientificamente, rispetto a quella con cani e cavalli. I benefici sono emotivi, sociali, cognitivi e motori. L’acqua aiuta l’equilibrio, azzera la fatica del gioco ed è un conduttore di ultrasuoni». Ovvero quelli che migliorano la comunicazione tra gli emisferi cerebrali e stimolano la produzione di endorfine. «Il bambino si sente così più motivato a seguire anche le sedute di fisioterapia e psicoterapia. Ho visto progressi in casi di tetraparesi spastica e sindrome di Angelmann».