E stasera, Elena, è a te che scrivo: scrivo a me stessa. Perché fin da bambina per me è molto più facile scrivere che parlare, se voglio farmi capire. Anzi, forse mi è molto più facile scrivere che vivere. Ed è anche per questo, è soprattutto per questo che adesso, mentre sale forte, dalla finestra socchiusa, l’odore inconfondibile di questa nuova primavera, e il cielo si svuota, scrivo a te. Scrivo a me.
Elena, cara Elena.

Arriverà mai il momento in cui la persona che ti fa venire voglia di tutto sarà la stessa che ti si addormenta accanto, consegnando proprio a te il calore del suo corpo? Purtroppo e per fortuna credo dipenda solo da noi, sai. Da me che scrivo e da te che leggi. Perché nemmeno ventiquattr’ore fa eri nella solita camera del solito alberghetto di periferia. Come sempre, da due anni e mezzo, lui è arrivato, con il suo sorriso giovane e maleducato ti ha detto ciao, e tu all’improvviso gli hai perdonato subito tutto, e mentre ti spogliava ti sentivi allo stesso tempo nella casa dove sei stata bambina e su una galassia lontanissima, ancora una volta i vostri corpi hanno fatto tutto da soli e ti è sembrato che alla fine ti venisse il cuore. Siete rimasti in silenzio. Mi sei mancato, hai detto tu. Ora devo andare, ho una riunione che comincia fra sette minuti, ha detto lui. Ti ha dato un bacio veloce sulla fronte, si è rivestito ed è andato via. Tu non ce l’hai fatta a tornare a casa, hai preferito dormire in quella stanza, per rotolare nei tuoi pensieri. Faceva un freddo cane.

Dovresti conoscerlo, ti sei detta. Dovresti sapere che lui non sa esserci, ma nemmeno non esserci, e, così come se ne è andato, presto tornerà. Fra due settimane, fra un mese. Magari dopo l’estate, ma tornerà. Lui non è capace di provare qualcosa che finisca per legarlo a qualcuno, o almeno non lo prova per te. Ma le sue mani, loro sì, è proprio te che vogliono e allora... Com’è che scrive Edna O’Brien? “Tutte le cose che avevo amato fino a quel momento, come il vetro o le bugie, gli specchi e le piume, e i bottoni di madreperla, la seta e i salici piangenti, sono passate in secondo piano rispetto a lui”. Ecco: anche per te, Elena, è stato così. Quell’uomo è il tuo dio e più lui si allontana, più tu hai la tentazione di inginocchiarti e pregare: Uomo mio, che sei nei cieli... Ma per quanto puoi considerare questa una giustificazione per i tuoi sì sì sì, anziché una spinta per dire basta ai suoi no no no? Eddai, Elena: non possono essere solo quelle mani a ricordarti chi sei. Che cosa penserebbe Edna di te, se ti avesse vista ieri notte, da sola, in quel motel? Che cosa penserebbero le tue amiche, che cosa penserebbe tua madre, e tua nonna?

Penserebbero, purtroppo: sei una di noi. Una delle infinite noi che oltre a venire tradita, si tradisce. Che a credere fino in fondo alla primavera non ci riesce. Che preferisce mollare a un uomo la sua vita per farsela rovinare, invece di rischiare e inventarsela lei, quella vita. Ma io oggi voglio lanciarti una sfida. Hai presente la gonna rosa che stamattina, andando dal motel al tuo ufficio, hai visto in quella vetrina? Era lunga, leggera, di seta, la seta che Edna adora, che adori tu. Domani, appena ti svegli, vai. Cercala, comprala. Indossala per andare in ufficio. Trasforma in una festa da ballo la tua mattinata. Trasforma in una festa da ballo la tua vita. Non aspettare l’unico invitato che non verrà, o arriverà all’ultimo, quando la musica è finita. Aspetta tutti gli altri. E mentre li aspetti, balla da sola. Anzi: con me.

Tua, Elena

La vostra vita diventa un racconto, scritto da Chiara Gamberale. Mandatele la vostra storia: mcsentimentalisti@hearst.it