Un palco a cielo aperto, dove il fondale è uno skyline a metà tra i liberty e il neogotico e i loggioni sono terrazze razionaliste sorvegliate da una Madunina d’oro. Ancor prima che il titolo di evento culturale, l'ottava edizione di Piano City Milano la colonna sonora non convenzionale che rallenta i ritmi della città e lascia entrare (letteralmente) nei cortili delle case di ringhiera suoni accoglienti e confortevoli. Valorizzare e raccontare i quartieri, promuovere la cultura, sostenere il cambiamento, sono gli obiettivi di Piano City 2019, la rassegna che trasforma Milano in un’enorme sala da concerto con oltre 450 eventi gratuiti, da venerdì 17 a domenica 19 maggio. Dall’alba fino a notte fonda, le 7 note risuoneranno, si mescoleranno, faranno l’amore in ogni angolo della città, dai tram alle barche, complici i musicisti dai repertori musicali più variegati e i partner dell’evento che hanno sposato l’iniziativa, da Intesa Sanpaolo a Campari, fino alla maison Hermès che ha promosso l’assegnazione di due Premi Speciali rivolti ai giovani talenti presenti sul territorio. Marieclaire.it ha intervistato due delle protagoniste del festival itinerante, le sorelle e pianiste Laura e Beatrice Puiu, che ci hanno raccontato quanto la musica abbia il potere di unire senza rischiare la simbiosi, di suonare senza smettere di respirare all’unisono…

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Com’è lavorare fianco a fianco (letteralmente) da più di 30 anni?
Molto lavoro insieme, arricchito dall'unicità di ognuna. La nostra simbiosi artistico-musicale, arricchita dal fatto che siamo gemelle, viene alimentata nel tempo dal vissuto di ognuna e da molte esperienze fatte in comune. Una vita condivisa al pianoforte richiede tante attenzioni, pazienza, sostegno, complicità e amore. Gestire nel tempo la diversità di carattere e la vita personale non è sempre facile. Abbiamo gusti simili e l'entusiasmo non manca mai! È indescrivibile la sensazione che si prova quando, suonando, sentiamo di pensare e di respirare all'unisono. Emozionante! Avere il privilegio di suonare insieme è un'esperienza unica al mondo.

Quando si smette di essere esecutori e si diventa artisti?
Quando si superano le difficoltà tecnico-interpretative e quello che stai suonando diventa "tuo". L' artista è un creatore di emozioni. Per arrivare a questo, bisogna sentire l'esigenza di andare oltre lo spartito, di comprendere ogni minima indicazione del compositore. Conoscenza e cultura a 360 gradi insieme alla vita stessa, portano alla comprensione dei profondi misteri che si celano dietro ogni suono.

Quale brano dedichereste a Milano?
Del recital che terremo questo sabato 18 maggio a Intesa SanPaolo, senz'altro la "Rapsodia in Blu" di Gershwin! È un brano energico, un'esplosione di ritmi, melodie, contabilità e diversità. Un capolavoro che unisce mondi musicali differenti, proprio come Milano. Una grande metropoli internazionale con tanta storia, avanguardie architettoniche e una poli-culturalità in movimento continuo. Milano è la nostra città e la portiamo nel cuore. L'affetto e l'entusiasmo con cui ci accolgono i numerosi amici e fan, difficilmente li ritroviamo nelle nostre tournée. L'invito di Piano City 2019, l'abbiamo accolto con gioia e saremo felici di rivedere tutti voi!

Il luogo milanese “proibito” dove sognate di suonare.
Milano ha tanti così luoghi nei quali la musica darebbe un tocco di originalità e sarebbe senz'altro un importante valore aggiunto: da Santa Maria delle Grazie - la sala dell'Ultima Cena di Leonardo, al Palazzo della Triennale, al Museo della Scienza e della Tecnologia, al Foro Romano... i primi che ci vengono in mente e in ognuno di questi luoghi presentare un programma scelto ad hoc.

Bach a parte, che musicisti ci sono nelle vostre playlist su Spotify?
Se parliamo di compositori, difficile scegliere qualcuno in particolare. Il momento di vita e il progetto a cui stiamo lavorando sono determinanti. Siamo molto interessate alla scoperta di nuovi compositori e di nuova musica, anche se ascoltiamo tutti i generi. Per quanto riguarda i musicisti, la nostra scelta va sempre verso gli artisti che ci emozionano. Dagli straordinari Katia e Marielle Labèque a Fazil Say, con cui siamo onorate di collaborare da tempo, a Stefano Bollani, a Kristjan Järvi...

Avete iniziato il vostro percorso professionale a 7 anni, che consigli dareste ai genitori di portentosi pianisti del futuro?
All'età di 4 anni abbiamo iniziato lo studio del pianoforte e a 7 l'attività concertistica. Va tenuto conto, però, che la base della nostra formazione è avvenuta a Bucarest, dove si veniva da subito avviati al professionismo. Come insegnanti posiamo dire che sono soprattutto 3 gli aspetti fondamentali per un pianista: la sua predisposizione, la famiglia e il maestro. I genitori hanno il compito di far capire ai ragazzi l'importanza che lo studio del pianoforte avrà per la loro vita, sostenerli nelle varie e non sempre facili fasi del percorso, coltivare il loro gusto e la loro cultura globale portandoli a concerti dal vivo, mostre e spettacoli di tutte le arti. Il maestro ha il compito di tirare fuori il meglio dagli studenti, dando loro solide basi tecnico-espressive, facendoli studiare e suonare spesso in pubblico, coltivando così la fiducia in loro stessi, l'autostima e l'autocritica positiva... incoraggiarli sempre. I giovani pianisti devono studiare tanto, senza accontentarsi, imparare ad auto-correggersi e a riconoscere con sincerità il loro valore. Devono leggere tanto e di ogni argomento, ascoltare e vedere tanta musica di tutti i generi, viaggiare più possibile, non perdere mai la voglia di migliorarsi e avere grandi artisti come punti di riferimento.

Cosa direste a chi vuole iniziare a suonare il piano e non è più giovanissimo?
Non c'è un'età per iniziare a studiare il pianoforte, cambiano soltanto gli obiettivi. Ritagliarsi il tempo per le lezioni e per lo studio di questo straordinario strumento, oggi più che mai, è un balsamo di ben-essere e di grandi soddisfazioni.

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