Genova dal mare è bellissima. È una città in parte nuova, quella del Salone Nautico di Genova 2019. 600mila abitanti, si premura di certificare il driver che guida verso la stazione di Piazza Principe in un breve tour inatteso, che riparte da una ferita impossibile da cicatrizzare. Il crollo del Ponte Morandi ha decimato le presenze turistiche per un periodo che è sembrato eterno, ed è piano piano che Genova oggi inizia a ricostruire la sua memoria. Tra una barca a vela essenziale ed ecologica per una prova di speed racing, con gli occhi che bruciano nel timonare verso l’orizzonte, la sfilata costiera della più occidentale delle Repubbliche Marinare si disvela in tutta la sua potente delicatezza, mentre l’odore di salsedine condisce il vento. Ma Genova è stupenda anche vista dall’alto, sospesi in un elicottero che fa sfiorare le colline verdi sopra Portofino e ritorno, con il rombo dei motori attutito dalle cuffie: vale la pena superare la paura dell’altezza, una effimera gioia del giro che mostra le calette più belle.

Nel gioioso caos trafficato attorno al 59esimo Salone Nautico Internazionale, che si è tenuto con il beneplacito di un meteo clemente, Genova ha ribadito la sua potenza in termini secchi di numeri (quasi mille espositori, più di mille barche esposte, una quantità incredibile di prove in mare e 188mila visitatori circa, giusto per dare i dati più stringenti) e si è decisamente preparata a spianare le feste per il prossimo anno, quando si dovrà celebrare degnamente il 60esimo anniversario. Quella che si è appena conclusa nella città portuale resa poesia da cantautori e poeti è “un’edizione con cui fare i conti”, ha chiosato soddisfatta Carla Demaria de I Saloni Nautici.

Il Salone Nautico Internazionale di Genova 2019pinterest
Courtesy Salone Nautico

La tavolozza di Genova a fine settembre è un quadro macchiaiolo 4.0. Genova è blu e verde e si indora di una luce che sembra toccare con grazia i profili dei palazzi a bordo mare. I pescatori non hanno barchette a remi, ma yacht dalle finiture pregiatissime, studiate da architetti e designer di tutto il mondo in edizioni speciali. Ci si imbarca per sbirciare, prendere ispirazione per il salotto di casa (che non sarà galleggiante ma almeno lo evocherà) e comprendere perché marinai ed equipaggi siano stati campioni di mariekondismo prima di Marie Kondo. A bordo degli yacht superlusso, l’essenziale è un concetto complesso. C’è il comfort più totale di divani, chaise longue, cabine padronali elegantissime; ma l’imperativo categorico dei piedi nudi sul legno vale più di ogni altra cosa e l'ordine dentro e fuori è vitale per non impazzire in mare. La vera funzione delle scarpe da barca è quella di essere sfilate rapidamente per salire ad esplorare il prossimo 26 metri: le indossano in molti uomini e poche donne più sportive, tante altre sono costrette alla décolletè che però ha il vantaggio di sfilarsi con estrema facilità. L’importante è che nessun tacco, nessuna scarpa dura, nessuna superficie all’infuori della pelle fresca dei piedi tocchi le finiture delle imbarcazioni in esposizione. Regole severe per tutti, nessuno osa sgarrare.

Così si susseguono simpatici armatori per passione come Norberto Ferretti, che in giacca borgogna e fazzoletto nel taschino racconta di essersi rifiutato di vendere la propria barca al principe Ranieri di Monaco (sì, il nonno della amatissima principessa Charlotte Casiraghi) perché convinto non fosse all’altezza, e oggi riavvolge il nastro della sua lunga storia professionale presentando una barca “fatta per divertimento”. Si incrociano nei padiglioni all’aperto lupi di mare dalla fonazione arrochita dalle navigazioni, sorridenti eredi di profumate tradizioni di famiglia e nuovi sguardi puliti verso il totale rispetto del mare, con investimenti sulla sostenibilità. Tutti a Genova per il Salone Nautico, vetrina perfetta per le innovazioni, senza troppo spazio per la nostalgia del passato. “L’Italia può vantarsi di avere tutta la filiera migliore della nautica, essere la numero uno” spiega essenziale il sindaco di Genova Marco Bucci agli Incontri in Blu, che hanno punteggiato di interviste e racconti al Museo del Mare questa ultima edizione del salone. “Lo dobbiamo alle persone che hanno iniziato a lavorare su questo sistema, italiani e soprattutto genovesi. Questo sistema darà stabilità economica alle generazioni che verranno. Genova è una delle città che ha più network, ha creato un’industria che oggi è la prima al mondo”. Gli uomini e le donne di mare guardano sempre avanti.

Questa convinzione si avverte, permette di spaziare tra il design, i progetti, le ambizioni dei costruttori e di tutta la filiera della nautica. La barca “12” è un 67 piedi disegnata da colui che progettò il catamarano vincitore della Coppa America, e messa a punto da un ex partecipante alla costruzione dello storico Moro di Venezia degli anni 90. È proprio Sebastiano Morassutti sfarinare le prime informazioni, lasciando presto il sipario della prua alla parola svelta del costruttore Alessandro Vismara. “L’obiettivo era mettere l’esperienza di Sebastiano e dei designer per creare una fast cruising boat di nuova generazione. È una barca da America’s cup, il motore è piccolo, è un sailing yacht per persone esperte” sorride orgoglioso Vismara accarezzando con lo sguardo la creatura dallo scafo verde bottiglia, placidamente sfiorato dai pesci che nuotano nelle acque del Salone.

La Nautor's Swan di proprietà di Leonardo Ferragamopinterest
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Si prova così, a piedi nudi e con il sole del mattino, il primo assaggio della vita di mare, per quanto non veramente tra le onde. Scalpicciando nel metti/togli di calze e scarpe, si conquista il lusso di barche come quella progettata dalla Nautor’s Swan. Cantieri in Finlandia ma headquarter italiano, sull’asse Firenze-Pietarsaari si costruiscono veri epitomi di eleganza e stile. La barca su cui ci perde a sognare è di proprietà del discretissimo Leonardo Ferragamo da lungo tempo, un caso quasi unico nel mondo delle barche dove il ricambio può essere frenetico, ed è un compendio di legno nocciola e dettagli color latte amplificati da specchi strategici. Elegantissima, pura classe applicata alla nautica, di una bellezza struggente e minimale che lascia praticamente senza fiato. Viene voglia di farsi un bel viaggio in barca fino in Finlandia, azzardandosi contro onde e oceani pericolosi. Ma si sa, sognare non pone limiti.

Dalla pura nautica al design applicato alle barche ci sono pochi passi sul pier appositamente allestito verso le barche della Sanlorenzo, dove l’essenza del lusso è la chiave di volta degli allestimenti. Non si parla solo di motori, lunghezze e potenza, si entra in un campo che sfiora l’arredamento e l’interior design. Una delle barche su cui ci si affaccia timidamente è stata allestita da Patricia Urquiola, e lo stile della designer spagnola emerge in ogni dettaglio, dai tappeti alle poltrone, dalle linee morbide e tondeggianti dei pouf fino alle cucine superattrezzate. Questi non sembrano yacht qualunque, sono vere e proprie case per spiriti liberi che non rinunciano al comfort di un divano nemmeno a bordo, culle galleggianti che equilibrano la vita di mare con quella di terra.

E dalle barche si superlusso si naviga a piedi verso le eredità gentili dei Cantieri Ernesto Riva, che solcano da duecento e rotti anni le acque del lago di Como investendo oggi sull’elettrico. L’azienda è nata nel 1771 a Laglio, il paese oggi conosciuto principalmente per George Clooney e la sua Villa Oleandra dove si rifugia con la moglie Amal Alamuddin e i figli Ella e Alexander. La discrezione lombarda e lacustre di Daniele Riva, dell’ottava generazione di costruttori, bypassa con un sorriso la questione Hollywood per concentrarsi sulle scelte che hanno determinato la vita dell’azienda. Il servizio ferry sul lago di Como è affidato proprio alle loro barche in legno con motore elettrico, che hanno punti di ricarica nei vari porti del lago oltre a quella veloce direttamente in cantiere: “Siamo eco green ed eco friendly, le barche sono tutte in legno da foreste certificate ecosostenibili” ci tiene a precisare. Gli investimenti green sono il cuore futuro dei cantieri: “È un prosieguo dinastico” chiosa Daniele Riva con un sorriso genuino. “Tre anni fa, quando siamo partiti con la barca eco, è stata forse troppo in anticipo, ma abbiamo vinto un premio al Monaco Gala Event 2018, consegnato dal Principe Alberto in persona”. È evidente che i reali di Monaco alla nautica siano parecchio legati, nel bene della passione e nel male delle tragedie come la morte di Stefano Casiraghi, e entrano tangenziali dal principato in questa curva del golfo di Genova.

Il discorso della sostenibilità totale, dove l’upcycling è talmente virtuoso da elevarsi a virtù, è centrale da AMER, azienda famigliare dal 1973 con 3 generazioni che contemporaneamente lavorano agli sviluppi delle nuove aree di business. La qualità dei materiali è eccellente: si preparano pochi pezzi di standard elevatissimo. La 94, questo il nome di una delle loro barche in gloriosa esposizione, ha già stabilito un record per alleggerimento dello scafo: meno 20 tonnellate rispetto a sorelle simili. Una bella sfida per un mondo tanto aperto quanto spesso ancorato ad un glorioso conservatorismo che sfocia in nostalgia. Barbara Amerio ha il tono morbido di chi non ha bisogno di urlare per farsi sentire: le basta mostrare meraviglie come la F100, la barca che presto prenderà il nome di suo padre fondatore dell’azienda, per lasciare tutti in silenzio. “Il nostro scopo è una barca che faccia il giro dell’Italia senza refuel, solo con la capacità di serbatoio” introduce gentilmente. “I ricercatori vengono a cercarci per nuovi materiali come il Filava, che potrebbe diventare sostituto della vetroresina ed è completamente riciclabile. Il processo è cradle-to-cradle, dalla culla alla culla: il filava inizialmente era nato per le pale eoliche e ora ne facciamo un utilizzo marino, e il processo di sperimentazione è già iniziato”. Scivolando rigorosamente scalzi nel bianco e nero delle grandi vetrate oscuranti della F100, emerge sempre più chiaro il concetto che è diventato faro dei cantieri di Viareggio della AMER: “Ragioniamo sul building for disassembly, costruire per il fine vita delle barche pensando a smaltimenti e riciclo. Vogliamo anche ragionare sul materiale in affitto, applicando il principio dell’economia circolare. Cerchiamo di cambiare i materiali con l’alternativa ecosostenibile: non ricade sul cliente, assorbiamo noi il costo” conclude Barbara Amerio mostrando le pepite di Filava che sembrano ossidiana lucente. Incredibile pensare come da queste microscopiche ellissi color caviale possano nascere yacht di lusso.

E il mare di Genova riempie gli occhi mentre si fila nel vento della baia, giocando a vela a bordo della Ocean Race, che ha anticipato che sarà proprio il capoluogo ligure la tappa finale del giro intorno al mondo, prevista nel 2021-2022. La sensibilizzazione, le promesse per il futuro, il concetto di “blue mind” che è il movimento che avvicina le persone al benessere dell’acqua, sono tutti temi caldissimi nell’ottica globale ambientalista. Con l’apertura tecnologica, il Salone Nautico Internazionale di Genova è riuscito in un intento nobilissimo: smentire che il luxury yachting sia per forza uno spreco amorale, un’esibizione sfacciata di ricchezza senza veri contenuti. Il vero lusso è riuscire a solcare le onde senza rovinarle. E nella prossima edizione, quella della cifra tonda, ci sarà ancora nuovo mare di idee da esplorare.

La Ocean Race al Salone Nautico Internazionale di Genovapinterest
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