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La vera ricchezza della vita è quella che stiamo per scoprire solo ora? Partiamo dai luoghi comuni che non conoscono generazione (baby boomers o non): i soldi non fanno la felicità, ma portano abbastanza vicini al concetto di felicità. C'è una generazione che, però, ha guardato la corsa all'oro dei genitori e ha scelto di prendere tutt'altra strada. Sono i post Millennials che sono cresciuti in piena crisi da lavoro fisso (adieu) e che hanno deciso di usare l'intelletto per inventarsi mestieri, guadagnare e poi spendere in tutt'altro modo rispetto ai genitori. Perché basta partire da una domanda: in cosa spendono i giovani, nel 2019? Quanto sarebbe destabilizzante, da ora in poi, scoprire che la moneta corrente potrebbe diventare un bene immateriale? Non stiamo parlando dell'avanzata delle carte di credito o di bitcoin e libra, anche se in questo nuovo corso un po’ di responsabilità ce l’hanno. Se infatti il denaro sta perdendo il suo valore – sì, accadrà – per lasciare il posto ad altro, le criptovalute c’entrano. Dopo millenni di baratti e poi di scambi di dobloni, di lingotti, di banconote, dopo che tutti questi intermediari tangibili sono diventati simboli riconoscibili ovunque, la generazione dei nati negli anni 80/90 non prova tutta questa sudditanza psicologica verso le icone della nostra società, e i soldi li spendono in modi che prima non venivano presi in considerazione. Altrettanto impalpabili.

Secondo i sondaggi, i millennials hanno degli obiettivi di spesa molto precisi. Rimandano l’acquisto della casa (non soltanto per incertezze lavorative, anzi) e preferiscono spendere per salute, benessere, cultura e per uno stile di vita migliore.

Il tempo, fra tutti, è diventato il nuovo articolo di lusso

Succede così, sommando tutto questo, che sulla stampa americana suscitano interesse le storie di un avvocato 36enne di New York che dalla costosa Manhattan si è spostato a vivere in New Jersey, fa il pendolare e vive praticamente di riso e fagioli per mettere da parte il 70% del suo stipendio con un obiettivo preciso: ritirarsi presto dal lavoro e vivere la vera vita. Ovvero: leggendo, viaggiando, sperimentando sapori. O quella della giovane digital marketing manager di Los Angeles che, con lo stesso obiettivo, aveva deciso di mettere via 100mila dollari prima dei 24 anni e c’è riuscita un anno prima. È ricco chi ha molto tempo libero da dedicare a ciò che gli interessa sapere e fare. Chi può silenziare tutte le notifiche dello smartphone. Addio, quindi, all’idea che lavorando come un pazzo per 12 ore al giorno potrai comprarti un’auto ruggente. Chissene importa: l’auto un giorno la dovrai rottamare, il viaggio fatto in quella settimana libera che ti sei ritagliato resta con te. Per sempre.

Infatti, c’è chi fa ancora di più. Invece di aspirare a diventare un baby pensionato autofinanziato c’è l’opzione di prendere un’anteprima, come una volta si chiedeva l’anticipo della liquidazione per riarredare la cucina. L’anticipo ora si chiama periodo sabbatico. Un anno, qualche mese, il tempo che si vuole, per stare fermi un giro e capire cosa succede nella nostra vita quando non è invasa dal lavoro, come creature primordiali precivilizzate, ma con i vantaggi della civiltà. La paura della generazione precedente era dello scoperto in banca. Educati alla ricerca del posto fisso, abituati allo stipendio sicuro, i Generation X andavano - vanno tuttora - in ansia quando il conto cala. I loro successori, invece, sono cresciuti lavorativamente nella precarietà e questo si sta trasformando in un vantaggio: la minore paura del futuro. Per cui poco mattone, tanta felicità. In questo concetto rientra anche l’addio alla fretta di ottenere il pezzo di carta. Malia Obama, prima di iniziare il college ha preso un anno sabbatico per rigenerarsi. Ok, è la figlia di un ex presidente degli Stati Uniti. Ma non è raro imbattersi in confessioni di blogger italiani nati a inizio millennio che dopo l’esame di maturità si sono fermati dodici mesi: “perché avevo le idee confuse, non sapevo che facoltà prendere e solo dedicandomi a tempo pieno alle mie passioni potevo capire cosa voglio fare nella vita”. E si investono in quell’anno tutti i regali in denaro di mamma, papà e nonni per la promozione.

In questa ottica, anche pagare l’affitto diventa un atto eroico, invece che una seccatura.

Ribadiamolo: sempre escludendo chi non ha le possibilità economiche, comprare una casa non è più una priorità per un motivo una volta impensabile: e se mi stufo di vivere in quel posto? Il nomadismo non è più bohémien come negli anni 70, ha un obiettivo preciso, che è uno degli altri campi in cui spendono i millennials: il benessere. Chi ha deciso che la stabilità abitativa è sinonimo di serenità? Nelle case di famiglia si accumulano paccottiglie e ricordi d’infanzia che poi fanno tristezza 20 anni dopo. Meglio viaggiare leggeri.

La terza voce in cui i millennials spendono molto più delle due precedenti è il food, inteso come mangiare fuori. In generale, in una media fra Usa e Europa, la spesa supera circa del 4% quella della Generazione X e addirittura del 29% quella dei baby boomers, che mangiavano fuori soprattutto per le grandi occasioni, quasi mai occasionalmente. Questo ha comportato anche un infittirsi ben visibile, nei centri urbani, dei locali in cui si mangia e si beve. La cosa interessante, per concludere, è il caffè. Da semplice tazzina alla portata di tutti, fatta in casa con la moka, è diventato una bevanda cult anche grazie alle catene che lo valorizzano, come Starbucks, e la generazione Y è disposta a spendere anche 4, 5 euro per un caffè. Una cifra che, per genitori è nonni, sarebbe stata pura follia.