Impossibile parlare di questa decade televisiva senza premettere quanto sia complessa da analizzare, perché più di ogni altra che l'ha preceduta è stata segnata da cambiamenti ed eventi storici che non solo hanno influenzato i contenuti, ma il MODO stesso di fare serie tv. Gli anni Dieci hanno preso il via nella Seconda Golden Age televisiva, l’epoca dominata dai drama dalle reti via cavo come HBO e dalla programmazione settimanale (Deadwood, I Soprano, Lost), caratteristiche che sembravano così immutabili da definire il decennio e invece in pochissimi anni lo scenario è totalmente mutato e abbiamo finito il decennio con una tv fluida, che non deve più necessariamente essere vista su uno schermo televisivo, anzi possiamo vedere ovunque e sempre, tutta insieme o un po’ per volta. Netflix e gli altri servizi di streaming, hanno creato in tempo brevissimo una vera e propria rivoluzione del consumo televisivo e alla nascita di una nuova Era, quella della Peak Tv in cui non soltanto l'iperproduzione di serie televisive che rende ormai impossibile seguirle tutte ma ha stimolato la nascita di nuovi formati (senza la messa in onda, a chi servono più episodi tutti lunghi 20 minuti precisi?) e di show sempre più targetizzati su un pubblico dai gusti molto precisi. Tutte cose che hanno messo in crisi standard costruiti in cinquant’anni di industria e reso obsoleto il concetto di tv generalista, addirittura rendendo obbligatorio ridiscutere il concetto stesso di televisione (è ancora la stessa esperienza della televisione di dieci anni fa, se oggi la vedo sullo smartphone e poi la riprendo in pausa sul pc e di nuovo la sera sul tablet?) un medium inaspettatamente diventato protagonista proprio quando sembrava obsoleto, che ha definito il decennio grazie soprattutto all’evoluzione della serialità.

Quella che segue non è proprio una classifica, è più un tentativo di mettere in fila ciò che ci porteremo dietro di questi Anni Dieci di serialità: non ha la pretesa di essere esaustiva né oggettiva ma prova a definire le serie più importanti partendo dal perché possiamo considerarle importanti, evitando il mero criterio qualitativo.

Le dieci serie innovatrici e incomprese.

Sono serie che quasi sicuramente non avete visto (ancora), e che dovreste recuperare perché vi state perdendo qualcosa. Ognuna di loro ha creato qualcosa che prima non c'era, sperimentato sui linguaggi, raccontato una storia mai raccontata prima. Magari non sono diventati grandi successi, a volte anche solo perché non è facile reperirle, ma sono piccoli capolavori televisivi. Apriamo con quella che è forse anche la migliore ed è il progetto più rischioso di uno come Russell T. Davies (che di per sé è un tipo che ama rischiare): Cucumber, Banana & Tofu racconta il mondo LGBT+ con tre serie contemporanee, tre media tre stili narrativi e una galleria incredibile di personaggi che compone una storia di rara complessità narrativa e rappresentativa, passando dai toni più noir a quelli più ironici. I Love Dick è invece il manifesto (scritto da Jill Solloway ispirandosi al romanzo cult femminista di Chris Kraus) di una female gaze ancora in definizione, portatore di uno sguardo diverso, intrinsecamente femminile e capace di raccontare la storia di un’ossessione d’amore senza cadere nei termini che lo sguardo maschile ha creato per i propri racconti e reso canone. Arriviamo ad Atlanta di Donald Glover, manifesto della blackness contemporanea che sperimenta tra i generi e i formati per raccontarci con chiarezza e grande onestà intellettuale cosa significa essere afroamericani in USA. My Mad Fat Diary racconta poi forse la storia più rischiosa che abbiate visto finora in una serie tv, incrociando i temi della malattia mentale e della grassofobia per mettere in scena l’autobiografia di Rae Earl, ancora capace di graffiare nel profondo ed essere estremamente attuale nonostante sia ambientata negli anni Novanta. American Vandal ribalta al contrario un tema “serio”, come il true crime, svelandone gli automatismi e mettendone alla berlina i meccanismi narrativi (spesso semplificatori e sensazionalistici) attraverso una piccole e godibilissima satira sui meccanismi sociali dell’adolescenza, in due stagioni dall’impronta deliziosamente meta. Leggerezza totale anche per High Maintenance, dramedy che è un collage di ritratti newyorchesi hipster e contemporanei passata da webserie a HBO, il cui filo conduttore è piuttosto inusuale, dato che tutti i personaggi delle storie raccontate sono uniti dal fatto di avere lo stesso spacciatore di marijuana. E a proposito di New York, ecco l’altra erede (insieme a Girls) di Sex and The City nel raccontare le donne della Grande Mela, solo che le protagoniste di Broad City invece di parlare di tacchi alti e feste esclusive girano la città in marsupi colorati e parlano dei loro gabinetti intasati, ma non temete: anche se non vivono a Manhattan ma a Williamsburg, Abbi e Ilana sono le quintessential newyorkers nell’accezione più millennial, stravagante e intelligente che abbiate mai visto.

Ci spostiamo da Brooklyn al New Jersey per la storia autobiografica dello stand up comedian Ramy Youssef, che segue il suo alter ego nella sopravvivenza culturale quotidiana legato all’essere un millennial musulmano praticamente e un americano di origine egiziana, figlio di immigrati ma membro di una seconda generazione perennemente sospesa tra due culture, alle prese con la difficile costruzione di un’identità e un senso di appartenenza. Sempre comedian ma questa volta estremamente californiana è Pamela Adlon, autrice e protagonista di Better Things: siamo ancora nel territorio dell’autobiografia, ma questa volta parlando di maternità e di come sopravvivere al mondo del cinema per una donna quando si avvicina la mezza età. Realistico, divertente e struggente, Better Things è il miglior lascito della defunta casa di produzione di Louis C.K. oltre che erede morale che sfrutta le strade narrative aperte da Louie per andare ben oltre (specialmente durante la terza stagione). Infine, qualcosa di completamente diverso ovvero la serie action più amata del decennio, gioiellino che fonde combattimenti, prison drama, heist drama, sesso, religione e battute fulminanti: Banshee è finita nel 2016 ma nessuno è riuscito a replicare appieno la formula kitsch, esagerata e totalmente priva di senso del ridicolo che la rendeva così speciale.

  1. Cucumber, Banana & Tofu
  2. I Love Dick
  3. Atlanta
  4. My Mad Fat Diary
  5. American Vandal
  6. High Maintenance
  7. Broad City
  8. Ramy
  9. Better Things
  10. Banshee