Sono in un bar affollato. Non è il momento né il luogo più indicato per quello che sto facendo. Anzi, che stiamo provando a fare. Di fianco a me, un auricolare del mio smartphone nel suo orecchio sinistro, c’è un’amica quarantenne. Insegna arte in un liceo e non sa cosa ascolterà. - Pronta? - - Vai. Parte un dialogo tra due fidanzati, americani. Su dieci minuti che dura il podcast, intitolato Dirty 30, nei primi due lui la implora di raccontargli com’è andata la serata prima, in cui lei era stata convinta da lui - il regalo per i trent’anni - ad andare a una festa e farsi l’uomo che voleva. Lei si schermisce, «Sei sicuro?», poi per cinque minuti traccia un resoconto dettagliato, accompagnato dall’ansimare del fidanzato. Lei che balla con l’uomo, le dita di lui che salgono le cosce, la penetrano tra baci furiosi, lei che viene appoggiata allo sconosciuto, finché il fidanzato esclama con voce rotta «Amazing!», cui seguono due minuti di sesso tra loro con orgasmi sovrapposti e la classica sfilza di «Fuck, fuck, fuck!» e di «Oh baby...». Avevo evitato di guardare la mia amica. Le mostro lo smartphone. Osserva la gioiosa homepage, disegnini e tendine di categorie (Queer, Sesso di gruppo, Coppie, Voyeur...), dell’app Dipsea, pioniera di un fenomeno nuovo, il porno (soft) audio: scritto e ideato da donne (spesso femministe) per donne.

Prodotto di una cultura post #MeToo, senza la pesantezza dell’immaginario maschile alla YouPorn, tutto turgore, ripetizioni e orifizi in primissimo piano. Dipsea e altri rivali che incontreremo lasciano spazio alla fantasia, trattano sesso dolce e hard senza corpi con cui confrontarsi. Il porno non si guarda più, si ascolta, perché alle donne, per eccitarsi - sostiene la scienza ed è probabile che sia così -, serve far lavorare la mente, più degli occhi. Secondo il New York Times, l’audio-porno rappresenta un’alternativa «dirompente». Torno a guardare l’amica. - Che ne pensi? - La prossima volta fammelo ascoltare in un luogo protetto, a casa. - Ok, ma ti ha eccitato? - Sì, abbastanza (conoscendone la diplomazia, traduco: molto). - Sei riuscita a identificarti con lei? - Certo. - Anche quando si fa toccare in discoteca? - Sì. Sai cosa mi è piaciuto? - ... - Che ridessero: nei video sono sempre incazzati. Qui si divertono. È carino. Ah, ti sei accorto che erano due neri? - No! Ma gli orgasmi erano veri o finti? Finisce il cappuccino, è freddo. - Veri. Propongo e lei generosamente accetta di procedere nell’indagine. Io avrei fatto ricerche tra le piattaforme: le avrei inviato il fior fiore che lei avrebbe giudicato. - Ne vuoi ascoltare uno in metropolitana? - Che sei matto? Dipsea è una start-up californiana, diretta da due donne trentenni, Gina Gutierrez e Faye Keegan, stufe di sentire amiche lamentarsi di non riuscire a eccitarsi con i video. Dipsea ha raccolto 5 milioni di euro di finanziamento, offre duecento storie (dai cinque ai venti minuti: bastano senza stancare, conferma l’amica), ascoltate centinaia di migliaia di volte. Le altre piattaforme sono artigianali. Quella italiana, molto.

Procedendo nell’educato e gemente mondo della porno-fonia, mi sono imbattuto in podcast comici come How Cum, dell’attrice Remy Kassimir. A 28 anni non aveva mai avuto un orgasmo e «si è vendicata» raccontando mille modi per ottenerlo. È in linea Quinn, primo social media dedicato agli audio erotici. A fondarlo, Caroline Spiegel, sorella dell’inventore di Snapchat. Le prime storie celebrano fantasie canoniche - voyeurismo, Bdsm, rapporti a tre - ma l’assenza di video libera dall’assalto di corpi ideali e plastificati, di una perfezione anonima. Quando la voce di un uomo di mezza età, dopo aver recriminato sulla pesantezza della vita, dichiara che la sua ultima certezza è avere «un cazzo davvero arrabbiato», non è grottesco, viene da solidarizzare.

In Europa, la Francia guida il cambiamento. Voxxx ospita podcast creati dalla femminista ed ex performer porno Olympe de G. È un fastoso invito alla masturbazione: ospite d’onore, il clitoride “febbricitante”. Ogni episodio è scritto da donne e promette sessualità dolce oppure dolorosa. La letteratura erotica francese non ha eguali. Su Le Verrou (La serratura), interpreti dalle voci profonde leggono brani di Apollinaire, Aragon o di contemporanei come Nicolas Mathieu. L’hanno fondato Betty e Lou, due amiche.

In Italia c’è Nina. Il suo sito Ninalove contiene una ricca sezione di testi e cinque audio. Ne mando uno alla mia amica. La poltrona. Un uomo torna a casa dal lavoro e si mette a leggere in poltrona. La sua donna l’obbliga a ricevere le proprie scrupolose attenzioni erotiche, «non ti muovere!»: quando lui non resiste più, lei si lascia penetrare, il volto nello schienale della poltrona. Il mio parere è: non male, verosimile. Qualche oh di troppo alla fine, ma come altro si può concludere? L’amica: «Non un capolavoro ma si fa ascoltare. Un sei alla buona volontà: non mi ha fatto sentire la mancanza del video. Forse il fatto che sia in italiano toglie, anche perché il vocabolario è ripetitivo. Ti consiglio Il party». Sapevo che era l’amica giusta, curiosa. Ho immaginato che in questa storia ad attrarla sia l’idea che la protagonista si faccia scopare durante una festa, prima dal fidanzato e poi dagli altri, sotto gli occhi degli ospiti. Perdita che è assunzione del controllo, esibizionismo: i suoi gusti, per quanto mi è dato di sapere. Speravo che avrebbe apprezzato due episodi su Voxxx. La sculacciata e Tendre gang bang. Nel primo la voce decisa di una donna si rivolge a un’altra con una secca sequenza di ordini. «Pizzicati i capezzoli (...) fatti del male perché è quello che voglio (...) cagnetta, bagnati per me». Come tutti gli audio di Voxxx, si chiude con l’invito, alla coprotagonista muta e a chi ascolta, a godere della bolla creata. Sussurra:

«Fanne ciò che vuoi».

Ma la mia amica non è soddisfatta. «La storia», commenta, «è ottima. Mi è mancato il dialogo: per eccitarmi avevo bisogno che l’altra dicesse la sua, così non c’è tensione. Sembrava più una direttiva del ministero sui benefici della meditazione. Non sono riuscita a concentrarmi per bene su di me, proprio perché la voce sembrava diretta soltanto a me». La reazione a Tendre gang bang mi spiazza. «Ti sei accorto che la voce della donna è la stessa?». No e mi chiedo se un giorno ci saranno voci pagate quanto i corpi di Rocco Siffredi o Sasha Grey. Nel format descritto - «Immagina se ci occupassimo di te una alla volta... e noi ci tocchiamo per te, godiamo per te» - la mia amica si era trovata bene. Non avevo pensato a un altro aspetto: «Ci sono soltanto donne e le loro descrizioni delle tette non mi eccitano». L’omosessualità prevale. Su una cosa concordiamo. La voce della narratrice. Il francese è di un altro pianeta.

«Mi sono sentita Jamie Lee Curtis in Un pesce di nome Wanda quando le parlano in spagnolo!». A proposito di Francia. Sapevo che con uno spezzone da Le Verrou in cui la voce del protagonista di Histoire d’O accompagna “O” in taxi nel castello in cui sarà un oggetto sessuale, ordinandole di togliersi la biancheria intima, non avrei sbagliato. Me ne parla quando ci rivediamo, questa volta senza auricolari. - Allora è bello non guardare? - Molto. - Hai trovato il tuo dieci decimi? - Histoire d’O. Ma finisce presto. - E poi? - Quelli di Dipsea. Perché sono dialoghi, come ti dicevo. - Andrai avanti ad ascoltare per conto tuo? Ridacchia. - Non te lo dico. Però sai una cosa? Non sarebbe male fare degli audio così per insegnare storia dell’arte.