Carissime figlie e figli di ogni età, se avete un padre, questa lettera è per voi (e per lui). Manca ancora tempo per la festa: in caso voleste fargli un regalo, è un’idea.

Ditegli che cosa volete da lui. Non soltanto che gli volete bene o male, o quanto sia importante, la spalla su cui appoggiarsi, il pagatore delle bollette, il sostegno quando il resto manca o l’unica persona che manca sempre. Andate oltre: provate a dirgli che cosa può fare per voi, in modo diretto; soltanto così, credo, riuscirà a risolvere in parte il mistero più grande della propria (e forse vostra) vita. A che cosa serve un padre? Fare qualcosa per gli altri è smettere di rimuginare e iniziare a essere qualcuno. Fino a un paio di generazioni fa, era una domanda senza senso. Poi è cambiato il clima e i padri si sentono un po’ dinosauri scampati al meteorite. Sanno che per evolversi devono cambiare, ma non trovano istruzioni. Un momento fa erano rocce senza dubbi e sedute a capotavola o al volante, in silenzio, la sigaretta in bilico e adesso sono gracili punti interrogativi che si aggirano per casa. C’è un famoso meme con John Travolta: si guarda attorno confuso, è in cerca di risposte che non trova. Potrebbe essere un padre nel 2020.

Sono anni che ci provo anch’io, a sbagliare o a fare quasi giusto, con i figli. A essere ciò di cui penso abbiano necessità, per poi immaginare che abbiano bisogno del contrario, spesso a essere e basta; a farmi domande e rispondermi, Marzullo style. Rifletto troppo e aspetto che dicano: da te ho bisogno di questo. Sembra il desiderio di una pagella. Lo so. D’altra parte io non ho mai confessato a mio padre che cosa volevo da lui. Se riuscite a dire per esempio che cosa può fare “di bello”, forse riuscirà a togliersi di dosso la sensazione che anche i padri più distratti conservano nel profondo: che il loro momento arrivi quando le cose si fanno un po’ “brutte”, inestricabili. Prima ho scritto dinosauri ma potrebbe andare bene meteorite, perché il padre è ancora sfuggente nel proprio amore, come nella possibilità, per i figli, di darlo.

I vostri padri, anche se talvolta ne approfittano, non sono felici di restare l’unico personaggio enigmatico della vostra storia. E salvo casi rari, lo sono davvero, un rebus: perché i padri non ci sono all’inizio del legame, mancano di cordoni, di linguaggio segreto, compaiono a strada già iniziata e, se sono bravi o fortunati, sono trampolini che daranno ai figli la forza necessaria perché siano in grado di recidere, sempre con amore, i legami originari. Non è facile accettare di essere giudicati in una relazione per quanto si è stati efficaci nel mettere le basi per romperla.

Avete mai conosciuto un padre prevedibile, nel bene o nel male? Avete mai sentito affermare a proposito di un padre, sono riuscita a dirgli tutto ciò che volevo, anche l’odio? C’è un padre di cui, guardandolo, sapreste intuire che cosa stia pensando di quanto succede attorno?

È per dire che i padri sono come un giocatore con una maglia diversa in una squadra di altri dieci con invece la stessa divisa, e nessuno sembra rendersene conto. Vorrebbero essere scoperti. Non troppo. Trampolini, dinosauri, meteoriti, John Travolta o giocatori, non conta: l’importante è accorgersi di ciò di cui si avrebbe voglia quando non è tardi per chiederlo. Timidezza o rispetto della quiete diventano macigni anche tra chi si vuole tanto bene.

P.S. Questa richiesta difficile da esprimere compare spesso nelle ventidue Lettere al padre curate da Anna di Cagno e appena pubblicate da Morellini editore.